QUELLA VOLTA CHE GABRIELE D'ANNUNZIO VENNE A FAENZA...
Michele Orlando
Era
il 16 agosto 1890 quando il 14° Reggimento Cavalleria «Alessandria» —
formatosi a Casale Monferrato il 10 febbraio 1850 con squadroni
staccati dal «Novara», «Aosta» e «Piemonte Reale» — muoveva da Roma
diretto in terra di Romagna, precisamente a Faenza, dando il cambio al
Reggimento «Foggia», già di stanza per cinque anni. Tra i militari che
arrivavano in Romagna vi era anche Gabriele D’Annunzio, che stava
compiendo gli ultimi mesi di volontariato di un anno in qualità di
caporale. Un giornale faentino, la «Gazzetta Romagnola»
del 21 agosto, pubblicava un articolo che annunciava l’imminente arrivo
del Reggimento e del giovane vate con un caloroso saluto «Ai soldati, al poeta», che si chiudeva con un invito augurale: «Il
recente Reggimento italiano troverà qui memorie grandi di nostri
antenati. Troverà il ricordo del conte Alberigo da Barbiano, maestro di
tutti i Condottieri più illustri. Ma se le accoglienze ai soldati
saranno ispirate alla grandezza del passato, quali accoglienze potremo
noi fare al poeta che troverà qui memorie grandi di nostri antenati.
Troverà il ricordo del conte Alberigo da Barbiano, maestro di tutti i
Condottieri più illustri.
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Ma
se le accoglienze ai soldati saranno ispirate alla grandezza del
passato, quali accoglienze potremo noi fare al poeta che cavalca con
essi? Quali ricordi, quali glorie presentare alla mente di Gabriele
d’Annunzio? Vieni, poeta, in questa terra di soldati e di ribellioni,
ove la donna e il vino sono così aspri, ove l’odio e l’amore si
alternano con eguale vicenda. Al poeta gentile, al cantore amoroso,
allo scrittore dalla prosa più dolce, squisita e che con maggior arte
si insinua nell’animo dei lettori e li riempie di piacere, quali
memorie possiamo noi dunque offrire?
Noi ti accoglieremo con semplice
ma cordiale affetto. Noi ti accoglieremo con semplice, ma cordiale
affetto». E la mattina del 31 agosto, infatti, il Reggimento
«Alessandria» faceva il suo ingresso a Faenza varcando l’arco di Porta
Montanara, accolto dal sindaco di allora Aristide Bucci, gli assessori
Conte Giuseppe Pasolini-Zanelli e Domenico Matteucci, oltre che una
grande folla di popolo festante che faceva ala al passaggio degli
squadroni, accolti da una città ben ordinata, cordiale e genuina.
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Gabriele D’Annunzio starà 2 settimane a Faenza all’Albergo ‘Firenze’ (oggi Hotel Vittoria)
D’Annunzio
in realtà aveva già largamente consolidata e affermata la sua fama
quando arrivò in Romagna. La gloria aveva già illuminato il suo nome.
Fu indirizzato alla Caserma Francesco Carchidio di San Francesco,
trasformata in rifugio per i senzatetto dopo il 1918. |
La camera n° 111 dell'Hotel Vittoria nella quale soggiornava Gabriele D'Annunzio.
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Il poeta prese in
affitto la camera 111, con soffitti finemente decorati in età
neoclassica, all’Albergo «Firenze» (prima del 1887 si chiamava «Locanda
del Canon d’Oro», nella quale la sera del 1° novembre 1869 Aurelio
Saffi e Giosue Carducci furono ospiti a un banchetto offerto in loro
onore; poi nel 1887 diventò Albergo «Firenze», in seguito ampliato col
nome attuale di Hotel «Vittoria»), sulla strada Ravegnana (oggi Corso
Garibaldi), dove rimase un po’ di tempo con diversi commilitoni
dell’aristocrazia romana. Poi trovò da sistemarsi quasi di fronte: in
una camera della casa segnata col numero 37 (poi numero 12) presso la
vedova del salumiere Francesco Conti, signora Anna Berardi. Quella
camera gli fu trovata da un barbiere — tale Giuseppe Alboni — che era
anche l’avvisatore del Teatro Comunale e inserviente del teatro,
portalettere e staffetta per comunicazioni agli attori o locatario
delle camere agli artisti. |
Le lettere a Barbara Leoni
La permanenza faentina non fu certo facile, per essere rigata
soprattutto da malinconici e nostalgici momenti di desolazione, che
affliggeva l’animo del poeta stretto tra Faenza e Roma, come attestano
alcuni telegrammi spediti all’amata Barbara Leoni – conosciuta qualche
anno prima – nei momenti della più tormentata inquietudine.«Sono
giunto — riferiva in uno di questi —. Piove. Tutte le cose sono tristi.
Immagina il rimpianto del sole di ieri. Dammi notizie tue. Scriverò.
Pensa sempre! Ariel». Un altro: «Immagina
la sera che cade! Tutti i miei pensieri a te. Aiutami Immagina il
rimpianto del sole di ieri. Dammi notizie tue. Scriverò. Pensa sempre!
Ariel —». Un altro: «Immagina la sera che cade! Tutti i miei pensieri a te. Aiutami. Ariel». E ancora: «Tristezza immensa, più grave di ieri. Dimmi come stai. Ariel»
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Barbara Leoni.
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Tra piatti rustici e sangiovese, il poeta frequenta alcuni noti faentini come Gallo Marcucci e Antonio Zama
Quasi
sempre D’Annunzio consumava la colazione all’albergo «Firenze»:
talvolta preferendo, la sera, recarsi alla «Trattoria della Posta», una
trattoria popolare in via Pescherie tenuta da certa Assunta Lama vedova
Marri, ove si compiaceva della compagnia di un piccolo nucleo di amici,
tra i quali Gallo Marcucci, Domenico Galamini, Pietro Giacometti e
Antonio Zama tra piatti rustici e ottimo vino sangiovese (benché il
poeta fosse astemio). D’Annunzio si divertiva alle loro esuberanze
chiassose, tipicamente romagnole. Ma egli era il vero animatore
dell’allegra combriccola, con il suo conversare brillante, con la
arguta e raffinatissima vivacità delle sue espressioni. A Faenza fino a
una quindicina d’anni fa c’era ancora qualcuno che serbava i ricordi
del giovane biondo caporale, elegantissimo, seducente oratore. Ogni
mattina D’Annunzio, prima di mezzogiorno, si fermava alla tabaccheria
al n. 64 di Enrico Passanti poi Albonetti e Tramonti, sotto il loggiato
degli orefici, anni addietro bottega occupata dalla oreficeria e
gioielleria «Comandini e Ceroni», ad acquistare «La Tribuna», della
quale era anche un distinto collaboratore. Talvolta girovagava per la
città torricelliana: e le care bellezze di Faenza molte volte
tornarono, più tardi, nel suo non velato ricordo.
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L’omaggio di Napoleone Alberghi a Gabriele D’Annunzio nel banchetto in suo onore
La
permanenza faentina di D’Annunzio non dura che poco più di due
settimane. Nel giorno in cui si formalizzò il congedo dalla città
manfreda, alcuni cittadini suoi ammiratori non mancarono di mostrargli
tutta la stima e l’apprezzamento con un saluto augurale, offrendogli un
banchetto in suo onore nell’aristocratico circolo della «Riunione
cittadina», nella Piazza della Molinella. Sarà il poeta Napoleone
Alberghi (1847-1916) a porgere al D’Annunzio un vivace atto di omaggio
poetico, accompagnando il sorso di buon sangiovese delle colline
faentine con questi versi improvvisati ma che sono rimasti scolpiti
nella memoria annalistica cittadina:
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A te, poeta e cavalier gentile bevo
e al tuo nome che la Patria onora,
bevo al verso che plasma e che colora
all’arte nova ed al leggiadro stile. Io bevo a te, che nella fresca aurora
osi e combatti con ardor virile,
che sdegnoso di vecchia orma servile
calchi un sentiero non tentato ancora.
Io bevo a te, gentil poeta, ai canti
che fra l’armi d’Italia e le bandiere
suoneran gloria e non bugiardi vanti.
Noi scorderemo molte fronti altere
ma sempre in petto serberem festanti
che con noi qui vuotasti il tuo bicchiere. |
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Il ricordo di Faenza nel Notturno
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Lontano
ormai da Faenza, il D’Annunzio non scorderà la Romagna e la nostra
città, specialmente quando avrà modo di ripensarla nel trascorrere
inarrestabile delle ore dei grandi ricordi e nella poetica
autobiografia di uno dei libri più intensi, il «Notturno»,
concepito nei primi mesi del 1916, quando lo scrittore, costretto
all’immobilità dopo la perdita di un occhio, riusciva a scrivere a
malapena solo brevissime frasi su lunghe e strette striscioline di
carta: «Ricordavo l’odore della scuderia di Faenza, la posta del mio
maremmano morello che cercava di mordermi quando gli passavo la brusca
sotto la pancia, la biada che rubavo accortamente alle altre mangiatoie
per riempirgli la sua, l’abbeverata all’alba quando nel barlume i
cavalli bianchi dei trombettieri mi parevano discesi da una luna di
leggenda» (Gabriele D’Annunzio, Tutte le opere. Prose di ricerca, di
lotta, ecc…, Mondadori, p. 241). |
Caserma Francesco Carchidio di San Francesco.
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