Alluvione memorabile per la città di Faenza
seguita ne' giorni 13 e 14 di settembre 1842
di Giuseppe Maccolini
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Testata del giornale L'Imparziale in cui viene riportata la notizia dell'alluvione
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Una burrascosa pioggia per ben 60 ore dirotta, incessante debbe di
lieve ajutare l’immaginativa del lettore a concepire di che allagamento
e di che guasti sia stata cagione per tutto quello spazio del faentino
territorio, che siede presso al Lamone alla dritta e alla sinistra
delle sue sponde. La rovinosa correntia ha seco tratto su pe’ monti e
pe’ colli quanto le si è offerto per via ad abbattere, e a travolgere;
abituri campestri, animali, arbori, molini, fino ad aprirsi in alcun
luogo una nuova strada fuor del consueto letto per mezzo a coltissimi
campi. Ma il tremendo pericolo della esorbitante piena mostrassi in
pauroso aspetto alla Città la mattina dei 14, allorquando furiosa da
ogni lato straboccava inondando il grosso Borgo d’Urbecco, e le
adiacenti fosse che accerchiano da quella banda la Città, di maniera
che le acque ormai rasentavano gli orli delle mura, e le chiaviche
maggiori rigurgitavano, e versatasi entro la Terra per la Porta del
Ponte l’acqua a pertiche dal fiume straripava. La quale
intanto già soverchiando i tre grandi Archi del Ponte facea contro esso
spaventevole assiduo impeto per forma che non avendo più libero il
varco lo arietava, per dir così, dal lato volto al monte, l’incalzava
impetuosa, il sospingea all’insù di sotto alle arcate, finché potè
scommetterne una, fenderla per lo mezzo, e seco travolgerla A quel
primo sprofondare dell’un Arco tenne in breve dietro l’altro attiguo
inverso la Città sì che la massiccia e gigantea Torre, che guardava al
Borgo d’Urbecco, trovassi d’un tratto senza contiguità del Ponte su che
sedea; ed oh! Spettacolo di terrore! Fu vista alcuni istanti vacillare,
vacillare, poi squilibrarsi sotto l’enorme sua mole, e alla per fine
fiaccare, e nabissarsi nei sottoposti immensi gorghi. Così una
brev’ora del settembre 1842 valse a sperdere un edificio di tanta
provata solidità, quanta l’attestano storiche e credibili vicissitudini
di oltre a sei secoli, secondo i patrii Storiografi, i quali per altro
non fermano l’epoca certa, ne la poteano fermare di cotale fondazione,
stante i varjincendj intervenuti in diversi tempi, e specialmente per
l’esterminio recato alla Città dal Barbarossa, onde perirono le memorie
pubbliche e private riguardanti a cose municipali d’ogni maniera. E
comecchè l’altra Torre sovrastante alla Porta della Città tengasi
tuttavia in piedi sorretta per avventura dall’arco del Ponte che è
rimaso, ancorché gravemente mal concio, pur nondimeno si crede forte
offesa nelle fondamenta si pel credibile insinuarsi delle acque, come
per gli sconci tocchi a’ barbacani e all’insieme del detto Arco isolato
e scassinato, a tale che sia forse buon consiglio l’atterrarla a riparo
di possibile futura rovina.
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Il Ponte delle due Torri prima e dopo l'alluvione del 14 settembre 1842
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Tegniamo superfluo l’enumerare le parecchie case rovinate e rovinanti
per entro il ricordato Borgo e in sulla riva del Lamone; le jatture
gravissime per molti sofferte in suppellettili, in merci, in bestiami;
gli enormi danni toccati al comune per abbattuti casamenti, molini, e
per la Chiusa a tre miglia circa dalla Città, donde si derivano le
acque in servigio de’ Molini, ed è celebre per le Acque minerali. Ma
non vogliamo, né dobbiamo tacere, a degno onore di alcuni generosi,
come nel picciol Borgo che sorge fuor della porta Ravegnana assai vicin
del Lamone, trovandosi assai di quegli abitanti intorno intorno
circondati dall’acque, che altissime occupavano le case, e gridanti in
tanto frangente al soccorso, il coraggioso giovane, il Sig. Birbeaum
Luogo-tenente alla Guarnigione Svizzera imitato dal Signor
Gaetano Cherubini nipote al Tenente Vignoli comandante i Pontificj
Carabinieri in Faenza, e dal Vice Brigadiere Pavoni gittandosi a nuoto
senza curare l’incessante dirotta pioggia che facea, né l’immenso
profondo lago, a cui si avventurava, si fe’ guida ed esempio a parecchi
suoi commilitoni di condursi con conche e zattere posticcie al
salvamento di que’ miseri, a cui il solo tetto delle case rimaneasi
ormai a breve scampo da sovrastante morte. E lo zelo e gli sforzi di
que’ generosi assecondati e inanimati dalle indefesse sollecitudini
dell’ottimo Signor Governatore Cav. Luigi Tosi; bello esempio di
vigilante provvido Magistrato in ogni passato emergente, riuscirono
all’intento propostosi di guisa che né pur uno mancò de’ pericolanti, e
tranne la perdita di molte robe ite in preda dell’acque, la magnanimità
del bravo Tenente Birbeaum e de’ suoi compagni si è renduta benemerita
di assai vite salvate, e della universale riconoscenza. E qui basti
l’andarci fra tante dolorose memorie ravvolgendo, le quali, stando alle
tristi novelle che corrono, vorrebbero andar compagne al racconto di
altre lacrimevoli sventure incontrate Terre e Castella finitime,
siccome a Massalombarda, a Conselice, e segnatamente alla Città di Lugo
tutta quanta allagata, e però in moltissimi abitanti, ed in ispezie nel
luogo della Fiera indicibilmente dannificata!
Ab. Giuseppe Maccolini
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