O. R. I. Organizzazione per la Resistenza Italiana

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
Home
 Storia Moderna


O. R. I. Organizzazione per la Resistenza Italiana

di Enzo Casadio e Massimo Valli

  L' 8 settembre del 1943, a seguito della comunicazione dell'armistizio che l 'Italia aveva firmato con gli Alleati, vi fu lo sbandamento delle forze armate, che erano state lasciate senza disposizioni precise. Molti reparti si sciolsero e i militari tentarono di raggiungere i loro luoghi di origine; altri rimasero sufficientemente compatti ed iniziarono ad operare a fianco degli Alleati, contro le forze tedesche. L'esercito tedesco disarmò e deportò nei campi di lavoro in Germania alcune centinaia di migliaia di militari italiani. Vi furono anche numerosi tentativi di resistenza alle truppe germaniche, seppure isolati e non coordinati, come la cosiddetta "difesa di Roma" e gli avvenimenti nelle isole dell'Egeo che portarono a gravi rappresaglie.


Apparecchiatura radio  3 MK II,
simile a quella utilizzata dai gruppi dell'ORI.

     In quei giorni, nell'Italia meridionale liberata dagli anglo americani, si viveva un notevole fermento.  II Governo, che si era stabilito a Brindisi, e le alte sfere militari, cercavano di costituire reparti combattenti italiani per guadagnare credibilità di fronte agli Alleati. Ma le cose andavano a rilento a causa delle reciproche diffidenze tra gli italiani e gli Alleati. Gli anglo americani preferivano utilizzare i militari italiani come forza lavoro per i servizi e non sembravano intenzionati ad utilizzarli come combattenti. Al Sud affluirono anche numerosi volontari che intendevano partecipare alla guerra per la liberazione nazionale. Mentre fervevano i contatti per la costituzione di reparti militari italiani, i servizi di informazione anglo americani intensificarono la loro attività, sia per raccogliere informazioni di tipo militare, sia per contribuire a formare un gruppo dirigente di personalità italiane di provata fede antifascista che potessero dare una guida politica al Paese e contribuire cosi alla ripresa della vita democratica. Furono presi contatti con numerose personalità della politica e della cultura e furono fatti rientrare in Italia alcuni esponenti antifascisti. Gli inglesi impiegavano in Italia il SOE (Special Operation Executive). Gli americani utilizzavano una struttura denominata OSS (Office of Strategic Services). Mentre gli inglesi operavano già da tempo nel nostro Paese, l'OSS americano era di più recente costituzione ed aveva pochi contatti con i vertici politici e militari italiani e con i fuoriusciti antifascisti.

   Gli inglesi, sostanzialmente, lavoravano per mantenere sul trono il re e per utilizzare la classe dirigente del momento, opportunamente trasformata. Gli americani operavano per un cambiamento più radicale e cercavano di individuare tra i gruppi di antifascisti persone che potessero influenzare l'opinione pubblica dell'Italia liberata e che rappresentassero dei punti di riferimento per chi nel Centro Nord era ancora sotto l'occupazione tedesca. II SOE inglese aveva quindi dei buoni contatti il governo italiano, che si trovava a Brindisi, e con il SIM, il servizio di informazione militare italiano, che disponeva di molti uomini che operavano al Nord.  Dopo l'attacco a Pearl Harbor, gli Stati Uniti avevano compreso la necessità di avere un adeguato servizio di informazione specializzato nello spionaggio e nel sabotaggio.


Raimondo Craveri (Mondo)
L'ideatore dell'ORI a Napoli nel 1943.

     Questo portò, nel giugno del 1942, alla nascita dell’OSS. A capo della sezione italiana era un giovane ufficiale di origine italiana, Massimo (Max) Corvo, che provvide a reclutare altri oriundi italiani, tra i quali Vincent Scamporinoi, un giovane avvocato di origine siciliana, che divenne il vice responsabile per le operazioni nell’area del mediterraneo. Vi furono sempre delle difficoltà nei rapporti tra i due servizi alleati. Nei primi giorni di settembre del 1943, sulla costiera amalfitana, avvenne l’incontro tra l’avvocato piemontese Raimondo Craveri e gli uomini dell’OSS. Craveri, che aveva sposato la figlia di Benedetto Croce, era stato uno dei fondatori del Partito d’Azione e stava cercando di prendere contatto con gli Alleati per illustrare la situazione politica nella capitale e per contribuire alla guerra di liberazione.  Tra Craveri e l'agente americano Peter Tompkins, un giovane giornalista americano del New York Herald Tribune, che conosceva bene le vicende politiche italiane, nacque subito una notevole simpatia, che facilitò il lavoro che dovevano compiere. L'idea che circolava in quei giorni era di costituire il Corpo Volontari Italiani, affidandone il comando al generale Pavone, ma il progetto non decollò per le incomprensioni con gli alti vertici militari italiani. Questo progetto fu successivamente modificato e portò alla costituzione del Primo Raggruppamento Motorizzato, il primo reparto militare italiano che iniziò a combattere a fianco degli Alleati contro i tedeschi. L'intraprendenza di Craveri, che cercava di creare una struttura che potesse operare subito per la liberazione del Paese, portò all'idea di costituire gruppi di volontari italiani, che, opportunamente addestrati, potessero essere inviati nell'Italia occupata per raccogliere informazioni militari e politiche, ricevendo in cambio rifornimenti di armi e materiali per i reparti partigiani. Attorno alla figura carismatica di Craveri si stava raccogliendo un gruppo di giovani antifascisti disposti a partecipare a questo tipo di operazioni. Tra di loro c'erano alcuni antifascisti romagnoli, prevalentemente di ispirazione repubblicana e azionista, che, dopo l'8 settembre, avevano deciso di raggiungere l'Italia meridionale per contribuire fattivamente alla liberazione del Paese.

   Partiti in bicicletta diretti verso il Sud e attraversate le linee tedesche nei pressi di Termoli, avevano raggiunto la Puglia e, successivamente, Napoli. Delusi dal fallimento dei tentativi di ricostituzione di reparti combattenti italiani sotto il controllo della vecchia gerarchia militare, incontrarono il gruppo di Craveri e decisero di collaborare al progetto di costituzione dell'ORI. L'ORI (Organizzazione per la Resistenza Italiana) nacque ufficialmente il 15 novembre 1943, quando i 37 volontari che la fondarono ne sottoscrissero lo statuto. L'addestramento iniziò subito nella villa di Pozzuoli, dove aveva sede l’ORI, e in Algeria. Gli uomini furono addestrati alle tecniche di sabotaggio, all'uso di apparecchiature radiotelegrafiche, alla raccolta e gestione delle informazioni e al lancio con il paracadute. Le operazioni dovevano avvenire con gruppi di tre o quattro uomini che dovevano essere infiltrati oltre le linee tedesche o tramite lancio col paracadute o sbarco da sommergibili. Ogni gruppo disponeva di una radio ricetrasmittente per mantenere i contatti con la base dell' OSS.


Gli operatori dell'Ori con alcuni membri
dell'equipaggio sul sommergibile Platino.

     Alla fine di gennaio del 1944, alcuni gruppi erano pronti ad operare. La prima partenza avvenne il 17 febbraio, quando tre team furono portati a Brindisi e imbarcati sul sommergibile Platino. Due gruppi dovevano essere sbarcati in Romagna per operare nella zona Ferrara — Ravenna - Rimini e nell'Appennino romagnolo, un terzo gruppo doveva essere sbarcato alla foce del Brenta per operare in Veneto. I nomi in codice dei gruppi erano "Elvira", "Zella", "Bianchi". II gruppo "Elvira" era formato dai ravennati Matteo Savelli (Arcangeli), Giorgio Roncucci e dal radiotelegrafista Luigi Cima. "Zella" era costituito da Antonio Farneti (Roberti) e Celso Minardi, ambedue ravennati, e dal radiotelegrafista sardo Andrea Grimaldi (Zanco).II team "Bianchi" era composto da Bianchi, dal faentino Domenico Montevecchi (Musmeci) e dal radiotelegrafista Mario. Questa squadra doveva essere sbarcata per prima, alla foce del Brenta, ma, a causa del cattivo tempo, si preferì effettuare lo sbarco in una zona più riparata nei pressi di Parenzo in Istria. Mentre il gruppo cercava di raggiungere la zona di operazioni che gli era stata assegnata, fu catturato dai tedeschi.

   Gli uomini furono imprigionati a Verona e torturati perché rivelassero gli scopi della loro missione. Bianchi si suicido e Montevecchi fu fucilato a Bolzano il 12 settembre 1944. I due gruppi diretti in Romagna dovevano essere sbarcati nella zona di Porto Garibaldi, ma, per un errore del comandante del sommergibile, furono sbarcati circa 15 chilometri più a nord. Credendo di essere arrivati a terra, Farneti e i suoi uomini avevano tagliato il canotto per nasconderlo meglio. Solo dopo si resero conto di non essere sbarcati sulla terraferma ma su un banco di sabbia. Per loro fortuna sbarcò li anche il gruppo di Arcangeli, cosi poterono utilizzare il loro canotto per raggiungere la riva. La cosa fu molto difficile in quanto il piccolo canotto non era adatto a portare sei uomini, due valige con le radio e i bagagli. Bagnati e intirizziti dal freddo raggiunsero un casa di contadini, dove ottennero accoglienza spacciandosi per militari italiani fuggiti dalla Jugoslavia. Parlando con gli abitanti della casa, si accorsero di non essere stati sbarcati nella zona di Porto Garibaldi, ma alle foci del Po di Goro. Ritenendo che fosse molto pericoloso raggiungere Ravenna via terra, dopo alcuni giorni si fecero accompagnare da un pescatore con una barca e, dopo avere risalito il fiume Reno, raggiunsero una fattoria nella pineta ravennate. I due gruppi si divisero. Il team guidato da Arcangeli ebbe problemi con la radio, che non entrò mai in funzione e fu trovata dopo una decina di giorni dai tedeschi durante un rastrellamento. II team "Zella", guidato in maniera determinata da Farneti, ebbe miglior sorte. Farneti, arrivato a Ravenna, prese contato con gli antifascisti locali, in particolare i repubblicani che conosceva meglio e che lo aiutarono a nascondere la radio.

Il notaio Virgilio Neri (1906-1982), che ospitò nella sua
villa la radio e il radiotelegrafista, colloborando
attivamente con Farneti nella raccolta delle
informazioni e nel tenere i contatti con la resistenza locale.











                                       Bruno Neri (1910-1944), famoso calciatore della Fiorentina, della Lucchese, del Torino e della Nazionale, collaborò
attivamente con il cugino Virgilio a sopportare la missione "Zella".
Nominato vice comandante del Battaglione Ravenna, cadde in
uno scontro con i tedeschi nei pressi di Gamogna il 10 luglio 1944.

Virgilio Bellenghi (1916-1944),
ufficiale dell'Esercito,
aderì all'ORI e nel Luglio del 1944 divenne
comandante del Battaglione Ravenna.
Cadde a Gamogna unitamente a Bruno Neri.

  
  L'8 marzo 1944 Farneti, aiutato da un dirigente repubblicano, Laudon Gaudenzi, trasferì la radio a Lugo presso la casa di Enrico Blosi. Poi, presso la casa di Luigi Poggiali sotto l'argine del Senio, il giorno 19 fu trasmesso il primo messaggio. In quei giorni Farneti incontrò il notaio faentino
Virgilio Neri e suo cugino, Bruno Neri. Con loro studiò un piano per riorganizzare le bande partigiane che operavano nella zona e per creare una rete di raccolta di informazioni sulle fortificazioni e sui movimenti delle truppe tedesche da trasmettere al comando dell'OSS.
Da Lugo, il 16 aprile, la radio fu trasportata nella villa del notaio Neri a Rivalta, sulla via che da Faenza porta a Modigliana. Sistemata nella chiesetta della villa, la radio operò quasi quotidianamente. Tramite le conoscenze del dott. Neri, che aveva costituito una rete di informatori in tutto il nord Italia, furono raccolte importanti notizie che venivano subito trasmesse al Sud. A Faenza Farneti incontrò Vittorio Bellenghi, Vincenzo Lega e Tonino Spazzoli. Tramite quest'ultimo venne in contatto con un gruppo di ufficiali inglesi, tra cui cinque generali, che, prigionieri di guerra in Italia, erano fuggiti dopo l’8 settembre e, dopo una serie di spostamenti, erano giunti sull'Appennino forlivese, dove, assistiti dai partigiani locali, cercavano il modo per raggiungere il Sud. Grazie ai contatti tenuti con la radio, fu possibile organizzare l'evacuazione via mare del gruppo di ufficiali inglesi. La struttura che ruotava attorno a radio Zella era composta da Antonio Farneti, Virgilio Neri, Bruno Neri, Vittorio Bellenghi, Tonino Spazzoli,Vincenzo Lega e Claudio Silimbani. Spazzoli, Silimbani e Lega si occupavano della raccolta delle informazioni e dei collegamenti; Virgilio e Bruno Neri e Vittorio Bellenghi si occupavano dell'organizzazione delle bande e della gestione degli aviolanci. Per potere dare una maggiore consistenza alle bande di partigiane che agivano sull'Appenino faentino era indispensabile fare arrivare rifornimenti di armi e materiali. Fu cosi organizzato un aviolancio che doveva avere luogo alla fine di maggio del 1944, nella zona del monte Faggiola, dove operava una formazione partigiana della Brigata Garibaldi. Tramite la radio fu richiesto l’aviolancio. Poiché nei giorni indicati la zona del Faggiola era sottoposta ad un rastrellamento da parte dei tedeschi, si decise di effettuarlo in un'altra zona. 

   Fu scelta quindi la zona del monte Castellaccio nei pressi della Pietramora a sud di Faenza. Le armi sarebbero state distribuite tra tutti i Comitati di Liberazione che prendevano parte alla raccolta. Dopo alcuni giorni di attesa e alcuni tentativi andati a vuoto, il 10 giugno Radio Londra trasmise il messaggio in codice che i partigiani attendevano: "La bambola dorme", che significava che nella notte sarebbe avvenuto l’aviolancio. I partigiani si portarono nella zona stabilita e si prepararono ad accendere le segnalazioni luminose per indicare all'equipaggio dell'aereo la zona precisa di lancio. Poco prima della mezzanotte un aereo passò molto basso sul punto previsto, ripassando poi successivamente. A questo punto furono accesi i segnali e l'aereo effettuò 8 passaggi lanciando una quarantina di paracadute. Furono lanciati circa 25 quintali di materiali: mitra, mitragliatrici, bombe a mano, munizioni, esplosivo, indumenti e anche 500.000 lire.


Antonio Farneti, capo team
della missione "Zella".

     Il materiale raccolto fu nascosto e distribuito nei giorni successivi. Il successo dell’operazione dimostrò la credibilità dell'organizzazione messa in piedi dagli uomini dell'ORI e favorì il progetto di costituzione di un reparto armato alle dirette dipendenze dell'ORI e dell’OSS. Farneti contattò il Comitato Militare di Ravenna comunicando l'intenzione di costituire una brigata, nella quale far confluire i gruppi armati di Faenza, Brisighella e Castelbolognese, a capo della quale sarebbero stati i faentini Vittorio Bellenghi (Nico), Bruno Neri (Berni) e Vincenzo Lega (Nello), in qualità, rispettivamente, di comandante, vice comandante e capo di Stato Maggiore, e Gino Monti come commissario politico.
I reparti partigiani, che operavano sulle colline, avevano continuamente necessità di rifornimenti di armi e di esplosivi; cosi tramite la radio vennero organizzati altri aviolanci. La zona scelta era quella del Monte Faggiola per approvvigionare la 36^ Brigata Garibaldi. Quando il 15 giugno Radio Londra trasmise la frase in codice "Un caffè sport", i partigiani si recarono nella zona prevista dove un aereo alleato lanciò il suo carico. Per le settimane successive furono pianificati nuovi lanci. II 5 luglio si concretizzo il progetto di formazione di un reparto autonomo dell'ORI, che venne denominate "Battaglione Ravenna", composto da una sessantina di uomini. Nei giorni successivi fu organizzato, per una data fra il 16 e il 20 luglio, un aviolancio sul monte Lavane per equipaggiare convenientemente il battaglione.
II battaglione era concentrato nei pressi del monte Cavallara, a nord di Lutirano, e doveva spostarsi nella zona dell'aviolancio. Durante il trasferimento, nei pressi del cimitero dell'eremo di Gamogna, Bellenghi e Neri, che precedevano il gruppo dei partigiani, ebbero un conflitto a fuoco con un battaglione di tedeschi e rimasero uccisi dopo un breve scontro. A seguito della contemporanea perdita del comandante e del vice comandante sfumò il progetto di avere un reparto autonomo dell'ORI e gli uomini che lo componevano confluirono in parte nella 36^ Garibaldi e in parte nei Gruppo di Corbari.

   Il lancio di rifornimenti previsto per la meta di luglio avvenne lo stesso regolarmente nella zona del Monte Lavane il 17 di luglio e il materiale fu raccolto dalla banda di Corbari, con il quale Virgilio Neri era da tempo in contatto.A seguito dell'uccisione di Bruno Neri, fu anche deciso la spostamento della radio poiché la villa di Rivalta non era più ritenuta un posto sicuro, in quanto vi era sfollata la sua famiglia, ed era probabile che potesse esserci una perquisizione da parte dei tedeschi. La valigia con la radio fu spostata a Pieve Cesato nella casa di Pietro Fabbri, che collaborava già con il gruppo dell'ORI, dalla staffetta partigiana Rina Zaccaria, fidanzata di Farneti, con un lungo giro in bicicletta. Qui risiedeva anche il radiotelegrafista Zanco, che quotidianamente inviava e riceveva dei messaggi. II 28 luglio, arrivarono alla casa alcuni militari tedeschi che cercavano un luogo per sistemare delle cucine da campo. Il radiotelegrafista, seduto all'aperto sotto un pergolato, era intento a preparare messaggi da inviare. Inspiegabilmente continuò il suo lavoro, e, quando i tedeschi gli si avvicinarono, tentò di nascondere i cifrari e di fuggire attirando la loro attenzione. Scoperto, fu portato al comando tedesco e picchiato per farlo parlare. Fu individuate anche il nascondiglio della radio. Nei giorni immediatamente successivi, Pietro Fabbri, che non era in casa al momento dell'arresto di Zanco, si presentò spontaneamente alla Gestapo per salvare i suoi familiari, che erano in mano ai tedeschi. Tradotto nelle carceri di Forlì, vi fu fucilato l'8 agosto. Il 31 luglio, nella parrocchia di Villafranca, Farneti si incontrò con gli altri del gruppo e fu deciso di disperdersi per non essere arrestati, nei timore che il radiotelegrafista sotto tortura avesse rivelato i nomi dei compagni. Nei giorni seguenti vennero presi, per una serie di sfortunate coincidenze, Vincenzo Lega e Tonino Spazzoli, poi fucilati.




Piero Fabbri (1912-1944),
per evitare rappresaglie alla famiglia, si consegnò
ai tedeschi, fu imprigionato a Forlì
e venne successivamente fucilato.

                Vincenzo Lega (1915-1944),
                ufficiale dell'Esercito, collaboratore dell'Ori,
                capo di stato maggiore del Battaglione    Ravenna.
                Catturato dopo la scoperta della radio fu
                imprigionato e fucilato a Forlì.
Domenico Montevecchi (1909-1944),
catturato poco tempo dopo lo sbarco in Istria,
fu imprigionato a Verona e poi
fucilato a Bolzano il 12 settembre 1944.

   Virgilio Neri andò a Milano per prendere contatto con il Comitato di Liberazione Nazionale. Catturato casualmente dai tedeschi durante un rastrellamento, riuscì a fuggire dal vagone che lo portava in Germania. Anche Corbari e i principali esponenti del suo gruppo vennero catturati ed uccisi, il 19 agosto, a seguito della cattura di radio Zella. Farneti prese allora contatto con un'altra missione ORI, che operava nella zona di Alfonsine ; riprese i contatti con i gruppi partigiani e riuscì ad organizzare un aviolancio nella zona di Savarna. Ricevette anche un nuovo apparecchio radio e un radiotelegrafista, ma non riuscì più a mantenere contatti continuativi con la base dell'OSS. A metà di ottobre del 1944, quando il fronte era già in Romagna, Farneti, unitamente ai faentini Carlo Maltoni e Alfredo Nediani, all’avvocato Tarroni di Cotignola, dopo alcuni giorni di avventuroso cammino, raggiunse le truppe alleate nei pressi di S. Benedetto in Alpe. Terminava cosi la missione "Zella" dopo otto mesi di duro e pericolosissimo lavoro. Gli uomini dell'organizzazione tramite la radio avevano trasmesso oltre 100 messaggi agli Alleati, fornendo preziose informazioni. Altri gruppi dell'ORI continuarono ad operare nell'Italia del nord fino alla Liberazione. La storia dell'ORI non è molto conosciuta, ma l'organizzazione ha avuto un ruolo importante nella Resistenza, dimostrando che un piccolo reparto composto da persone ben motivate poteva operare, con pari dignità, a fianco delle truppe alleate. II prezzo pagato in termini di vite umane è stato alto, sia tra i membri fondatori dell'organizzazione, sia tra quelli che vi avevano aderito successivamente nelle zone occupate. La nostra città ebbe cinque caduti: Vittorio Bellenghi, Pietro Fabbri, Vincenzo Lega, Bruno Neri e Domenico Montevecchi. In loro onore, riportiamo la lettera fatta recapitare a radio Zella dal capitano Corvo dell'OSS il 20 giugno 1944: "Voglio esprimere la mia gratitudine e quella di tutto il Comando per l'attività svolta da voi. Le vostre attività sono di molta importanza non solo per gli Alleati, ma anche per la futura Italia.... Da parte nostra vi promettiamo tutto l'aiuto possibile in armamenti e altri materiali che vi bisogneranno...." .



I Gurkha entrano a Faenza.
ARTICOLI CORRELATI

Due soldati tedeschi davanti
alla Torre dell'Orologio distrutta.


I Maori nella battaglia di Faenza
I bombardamenti del 1944
La battaglia di Faenza
Slovacchi a Faenza
Il generale Utili e la rinascita dell'esercito italiano (1943-45)
La sirena d'allarme
I Gurkha a Faenza
Gli sminatorI
Il «Ponte Nuovo» ricostruito in tre mesi
I Sikh a Faenza
Monte Fortino, novembre 1944

Home
 Storia Moderna