La Biblioteca Comunale e la scaffalatura lignea del 1784

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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LA BIBLIOTECA COMUNALE LA SCAFFALATURA LIGNEA DEL 1784
di Giorgio Cicognani


La Biblioteca Comunale di Faenza ha sede nell’ex Convento dei Servi di Maria (via Manfredi), adiacente l'omonima chiesa. L'edificio sacro fu consacrato il 15 marzo 1423 e di quel primo complesso non si hanno notizie dirette, in quanto la chiesa attuale venne ricostruita nel 1735 su progetto dell'architetto Giuseppe Soratini. Il primo nucleo librario dell'attuale Biblioteca risale al tempo delle soppressioni napoleoniche delle Corporazioni religiose, cioè al 1797. Occorre però risalire al 1804, data in cui l'Abate Zannoni presenta alla Municipalità un'istanza perché venga accettata in dono la sua libreria, ponendo la condizione di essere nominato bibliotecario a vita. La proposta è accettata ed entrano cosi nella Biblioteca, ad arricchire i precedenti fondi, edizioni di classici greci e latini, opere d'antiquariato e di pregio.

La Biblioteca viene aperta al pubblico in forma solenne il 25 novembre 1818. Dall'atrio ottocentesco si accede a destra e a sinistra a due chiostri dell’antico convento. A destra si va all'Emeroteca e alla Sezione Archivio di Stato. Particolarmente interessante una bella lastra tombale della seconda meta del secolo XIV raffigurante un guerriero della famiglia Pasi. A sinistra si va al più caratteristico e antico dei due chiostri. Sulle colonne alcuni capitelli di arenaria della seconda meta del secolo XV con scolpite le iniziali K.Z. (sigla dei ceramisti Karolus e Zanone Zanelli). Da quest'ultimo chiostro si sale attraverso un ampio scalone, ornato di antiche lapidi, al piano della Biblioteca, che, essendo stata molto danneggiata nella recente guerra, ha i locali rifatti e ristrutturati. Oltre all'Aula Magna, si può ammirare la splendida "Sala Settecentesca" con scansie laccate, eseguita nel 1784 dal maestro falegname Giuseppe Sangiorgi su disegno del pittore Luigi Gallignani, per l'antico Archivio Notarile.



Romolo Liverani, Veduta del primo chiostro dei Servi (penna e acquerello)
Romolo Liverani, Veduta del secondo chiostro dei Servi (penna e acquerello)


Oggi, tra le collezioni di maggior pregio artistico, sono da annoverare: la raccolta dei disegni di Romolo Liverani, la raccolta dei disegni di Domenico Rambelli, il fondo dei disegni di Giuseppe Pistocchi, la più ricca collezione di scatole di fiammiferi di epoca Liberty presenti in Italia (ca. 35.000 esemplari), il Codice 117 (Bonadies), manoscritto musicale del XV secolo, oltre a numerosi manoscritti musicali dei più noti maestri faentini: Giuseppe Sarti, Antonio e Giuseppe Cicognani e Lamberto Caffarelli. Nel settore strettamente bibliografico i fondi di maggior interesse bibliologico e storico sono: la Biblioteca nobiliare dellafamiglia Zauli-Naldi (a carattere giuridico dal 1500 al 1800), la Biblioteca di Ludovico Caldesi (a carattere scientifico-botanico), il fondo Lamberto Caffarelli (a carattere filosofico-esoterico), la raccolta romagnola Antonio e Clara Corbara (a carattere artistico), la raccolta faentina che documenta tutta la storia della città e dei suoi dintorni con importantissimi manoscritti.


La Sala "del Settecento" della Biblioteca Manfrediana di Faenza, venne realizzata nel 1784 da  Luigi Gallignani per le parti pittoriche e Francesco Sangiorgi per quelle ebanistiche.
(Foto Marco Cavina)

SALA DEL SETTECENTO

Gli scaffali della Sala del Settecento furono commissionati dal Comune di Faenza per l'Archivio Notarile nel 1784. In essi dovevano essere custoditi la grande raccolta di atti di ben 256 Notari, alcuni dei quali avevano rogato in Faenza fin dal 1367, atti che erano raccolti in oltre quattromila volumi. Nel 1784 il pittore Luigi Gallignani abbandonò i vecchi schemi del barrocchetto usati a Faenza fino a pochi anni prima, ne approntò il disegno seguendo i nuovi moduli dello stile neoclassico che si andava sempre più diffondendo in città, soprattutto ad opera dell'Architetto Giuseppe Pistocchi. Non si può nascondere un senso di disagio nel notare l'incongruenza tra la raffinatezza di tale disegno e l’inserimento, in alto, di grossolane e un po' rozze cimase di forma leonina, che risponde più ad un gusto scenografico che alla sobrietà dell'intera realizzazione. L'abile artigiano che eseguì il lavoro fu Francesco Sangiorgi (i Sangiorgi furono noti in quell'epoca per la costruzione di carrozze). La Biblioteca conserva anche una ghironda, raro strumento musicale firmata e datata da Francesco Sangiorgi.

Sulla grande cimasa di destra, sul retro si trova la scritta: "Questo novo archivio fu fatto con disegno e direzione di Luigi Gallignani pitore ed eseguito da FRACESCO SANGIORGI maestro falegname, essendone deputati alla fabrica gli ill.mi Signori IGNAZIO CAP.O BENDETTI, Signor GIUSEPPE BERTONI l'anno 1784". Alla riga sottostante, con altra grafia, furono aggiunte altre notizie: "Fu trasportato in questa biblioteca alquanto ridotta dai falegnami DAPPORTO PIETRO e SANTANDREA RIZIERO, l'anno 1923, essendo commissario del Comune il Cav. AMILCARE GIBERTINI e bibliotecario prof. PIERO ZAMA".

Questo interessante dato ci riporta al momento in cui i nostri scaffali, usati per l'Archivio Notarile, furono trasferiti nel 1923 dalla loro precedente sede della Molinella, a quella attuale ad opera del Prof. Piero Zama (bibliotecario), che li salvò da certa distruzione dopo essere stati abbandonati sotto il "Voltone della Molinella".
Le scansie sono ora utilizzate per raccogliere i fondi librari antichi della Biblioteca provenienti in gran parte dai conventi faentini.
Nel centro della Sala un lampadario originale in vetro di Murano ivi sistemato nel 1991.

Bibliografia

Relazione del bibliotecario dott. Piero Zama al Signor Sindaco del Comune, "Bollettino della Biblioteca Comunale di Faenza", 8 (1923), p. 5.

L. SAVELLI, Restauro di scaffali settecenteschi, "Biblioteca Comunale di Faenza. Notiziario", 9 (gennaio 1978), s.n.p.

A. CORBARA,  Una nota: restauro scaffalature settecentesche, "Biblioteca Comunale di Faenza. Notiziario", 10 (settembre 1978), p. 17.


RESTAURO DI SCAFFALI SETTECENTESCHI
 di Lorenzo Savelli

"Biblioteca Comunale di Faenza.  Notiziario", n.° 9 (gennaio 1978)

Nel decorso anno 1977 è stato condotto a termine un accurato restauro di scaffali e banchi settecenteschi in una sala della Bibliotesa Comunale. Il restauro, per interessamento e sollecitazione della Direttrice dr. Maria Gioia Tavoni, è stato finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, ed è stato eseguito, con l'opera di coordinamento del prof. Caprara, dai restauratori fiorentini della "Ditta Orazio Fossati".
Si è trattato di un completo rafforzamento dei telai lignei e del rifacimento della pedana, dei piani e della base dei banchi, oltre a tutta la ripresa della laccatura a tempera, mantenendo la sua patina antica, onde evitare un aspetto troppo nuovo.
Il lavoro ha seguito rigorosi criteri di restauro conservativo, anche se, in qualche parte, sono stati effettuati alcuni rifacimenti, peraltro indispensabili, onde restituire integrità ai mobili per poterli recuperare a una loro completa funzionalità, per la conservazione dei fondi librari della Biblioteca. Durante lo smontaggio è stato scoperto, nel retro di una cimasa decorativa, una scritta che ha consentito di conoscere la data e il nome degli artefici:

"QUESTO NOVO ARCHIVIO FU FATTO CON DISEGNO E DIREZIONE DI LUIGI GALLIGNANI PITORE ED ESEGUITO DA FRANCESCO SANGIORGI MAESTRO FALEGNAME, ESSENDONE DEPUTATI ALLA FABRICA GLI ILL.MI SIGNORI IGNAZIO CAP.O BENEDETTI, SIGNOR GIUSEPPE BERTONI L'ANNO 1784".


Alla riga sottostante, con altra grafia, furono aggiunte altre notizie:

"FU TRASPORTATO IN QUESTA BIBLIOTECA, ALQUANTO RIDOTTO DAI FALEGNAMI DAPPORTO PIETRO E SANTANDREA RIZIERO, L'ANNO 1923, ESSENDO COMMISSARIO DEL COMUNE IL CAV. AMILCARE GIBERTINI E BIBLIOTECARIO PROF. PIERO ZAMA".

Gli scaffali furono commissionati dal Comune di Faenza per l'Archivio Notarile, nel quale custodire l'ingente raccolta di atti di ben 256 Notari, che fin dal 1367 avevano rogato in Faenza; atti che erano stati raccolti in oltre quattromila volumi rilegati in pergamena. (Come si legge nel volume di Piero Zama: Indice e Cronologia dei Notai del vecchio archivio notarile faentino (1367-1880), Faenza 1925.

Quando nel 1784 il "pitore" Gallignani approntò il disegno, seguì i nuovi moduli dello stile neoclassico, abbandonando i vecchi schemi del barocchetto usuali in Faenza fino a pochi anni prima: immaginò una serie di lesene scanellate con capitelli ionici e cornici appena aggettanti, secondo uno schema che in quegli anni l'Architetto G. Pistocchi andava diffondendo nelle sue architetture in città, in quelpuro stile neoclassico, che, nei decenni seguenti, ebbe un sì largo seguito, inserendosi nelle grandi correnti di rinnovamento architettonico europeo. Non si può nascondere un senso di disagio nel notare l'incongruenza di fronte a tale raffinatezza di disegno, per l'inserimento, in alto, di grossolane e rozze cimase di forma leonina, che risponde più a un gusto scenografico che non alla sobrietà dell'intera realizzazione.
A parte questo particolare, questa opera di ebanisteria, allineata con i più avanzati gusti del momento, dimostra, ancora una volta, come il mondo degli artigiani faentini fosse all'avanguardia anche nell'esecuzione di opere minori. L'abile artigiano fu Francesco Sangiorgi, detto Maretto, noto alle cronache e ai documenti dei tempi, come c'informa l'arch. E. Golfieri nel suo recente volume L'arte a Faenza dal neoclassicismo ai nostri giorni. Altro Sangiorgi, che qui può essere interessante ricordare, è Giuseppe (probabilmente figlio di Francesco), falegname anch'esso e architetto; risulta, infatti, che adottò, dopo avere vinto regolare concorso nel 1823, il vecchio locale del Convento dei Servi di Maria, a uso di Scuola Pubblica, Pinacoteca, e Scuola di disegno: locali che sono che sono attualmente adibiti a BViblioteca Comunale (si direbbe oggi un Centro Culturale Polivalente). Ritornando ai nostri scaffali usati per l'Archivio Notarile, furono trasferiti dall'allora sede nella Molinella, alla sede attuale nel 1923 a opera dell'allora bibliotecario prof. Piero Zama, che li salvò da quasi certa distruzione. Tale trasferimento richiese un adattamento restringendone il lato corto; per cui si rese necessario dare un' angolatura alle scalette di accesso ai ballatori superiori, che precedentemente erano rettilinee.
La sala in cui sono inseriti gli scafali era stata usata nell'antico Convento dei Servi di Maria come libreria, ed era stata costruita pochi anni dopo il 1688: si ha infatti notizia che in quell'anno venne eseguita una perizia per accertare la solidità dei muri sottostanti onde permettere la sopraelevazione. Con la trasformazione operata da Giuseppe Sangiorgi nel 1823, la sala divenne Pinacoteca, e nella metà dell' 800, quando la Pinacoteca fu trasferita altrove, in aula per la Scuola Pubblica; è storia recente l'uso completo dell'edificio per la Biblioteca Comunale.
Nell'occasione ci si augura che possa essere realizzato il giusto intendimento della Direzione; di utilizzare cioè le scansie restaurate per disporvi in chiave museografica i fondi antichi della Biblioteca, al fine di creare un complesso omogeneo e qualificato di contenuti e contenitori.


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