Monumenti Storici di Faenza

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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La Torre di Oriolo dei Fichi
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I dipinti dell'ex Chiesa della Annunziata
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Ceparano: mito, storia e realtà
Alle origini di un castello manfrediano: Solarolo
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Note storiche sulle chiese dei monasteri femminili della città di Faenza...


Le Fontane

Il Fonte Monumentale
La Ruota dell'Acqua e la Fontana di Porta Montanara
Lo Stradone e il Fontanone
La Fontana mai realizzata
Una multa e la prigione a chi nuoce alla Fontana

    Le Porte di Faenza



Porta delle Chiavi
La Sala interna di Porta delle Chiavi
Porta Candiana
Porta Torretta
Porta Ponte                                       
Porta Montanara
Porta Imolese                                         
Porta Pia
Porta Ravegnana




 
Porta Montanara
in un dipinto di
 Tomaso Dal Pozzo. 
           

    Un monumento descritto da uno storico


La Chiesa della Commenda
La memorabile alluvione del 1842
La statua dimenticata
La Chiesa e il Chiostro de la Commenda in Borgo Durbecco


Il Chiostro della Commenda

    Una passeggiata per le vie della città

Pianta di Faenza disegnata da Bleu
Storia di Corso Garibaldi
Visitiamo il MISA
Il mistero di Palazzo Bartolazzi.....
La scaffalatura lignea del 1784
Palazzo Biancoli ora Archi
Palazzo Giangrandi
Casa Valenti
Il monumento funebre di G. Battista Bosi
Vicolo delle Vergini e vicolo Montini
Casa Piani - Pasi
Il palazzo della Beneficenza
La facciata di Casa Guidi
La statua di Evangelista Torricelli
L'oratorio di San Giorgio
Il Palazzo Mazzolani
I loggiati di Piazza del Popolo
L' Ospedale Civile e la Madonna...
Le due Olimpie
Sobborgo Marini, la prima espansione della città fuori dalle mura
Villa Rotonda, fragile utopia
Gli ambienti storici del Palazzo Comunale di Faenza
Il Fonte Monumentale
Vecchi Selciati
Il Palazzo del Podestà
Nuova attribuzione a un quadro di
Girolamo da Treviso

Ospedale di Faenza: non solo cura...
Faenza e le Vie di Dante


La Cattedrale di Faenza


Il Palazzo Comunale.


Il Fonte Pubblico.

Gite fuori porte

Da San Giorgio alla chiesa di San Barnaba
Fra viti, olivi e soprattutto... fichi! Alla Torre di Oriolo

Immagini di una Faenza scomparsa

Faenza in età romana: tracce di vita pubblica
Il monumento funerario in San Barnaba


    Il Ponte delle Due Torri in un disegno di Romolo Liverani




  Capolavori della Pinacoteca Comunale di Faenza



I capolavori della Pinacoteca presenti
 all'Expo di
Milano e ora visibili a Faenza





Biagio (?) Manzoni (notizie dal 1629 al 1648 c.)
Martirio di S. Eutropio
tela cm. 271x178


     L'opera raffigura la cruente scena del martirio di Sant'Eutropio: il santo decapitato è tenuto fermo da alcuni uomini mentre la testa è a terra. Dall'alto. l'Arcangelo Gabriele con la palma vola sulla scena.
Opera acquistata dalla Pinacoteca in seguito alle  soppressioni napoleoniche. Attribuita tradizionalmente ad uno dei due Manzoni di Faenza, la cui biografia è stata assai poco conosciuta, fu citata da Lanzi /ed. 1816), da Argnani (1881) e dalla letteratura locale. Fu scoperta da Roberto Longhi come singolare esempio di caravaggismo "di periferia" (1957) e si deve a Francesco Arcangeli una fondamentale sistemazione critica (Maestri Pittura 1959).

Donatello (1386 - 1466)
San Girolamo
legno policromo, cm 141x35x26





   La pregevole scultura lignea, capolavoro tra i più importanti della Pinacoteca Comunale di Faenza, proviene dalla cappella della famiglia Manfredi nella Chiesa dell'Osservanza. Nel 1444 Papa Eugenio IV autorizzò i Francescani Osservanti ad insediarsi nel Convento Cluniacense di Santa Perpetua, mutando la dedicazione in S. Girolamo. La committenza dell'opera è ascrivibile ad Astorgio II Manfredi (1412 - 1468), signore della città di Faenza dal 1443, assoldato dalla repubblica fiorentina fin dal 1446. Astorgio è in stretta relazione con la famiglia De' Medici. Durante gli anni del suo governo non poche sono le opere d'arte eseguite da artisti toscani. La data d'esecuzione del san Girolamo è circoscrivibile attorno al 1454-1455. Proprio all'anno 1454 è data una lettera scritta da Faenza da Piero di Cosimo de' Medici in cui si menzionano alcune opere di Donatello, probabilmente sotto la sua custodia dopo la partenza dello scultore da Padova nel 1453. La scultura faentina era posta, come si è detto, in una nicchia della cappella dedicata a San Girolamo, dove lo stesso Astorgio venne sepolto nel 1468. Il primo autore ad attestare la presenza dell'opera donatelliana a Faenza è Giorgio Vasari che nelle sue celebri vite assegnò due opere faentine a Donatello (che «nella città di Faenza lavorò di legname un S. Giovanni et un S. Girolamo, non punto meno stimati che l'altre cose sue»). Il santo è raffigurato in piedi, completamente nudo. La testa, inclinata verso sinistra, è caratterizzata dalla folta chioma incanutita, che ricade sul petto insieme alla lunga barba. Nella mano destra regge un sasso, col quale si batte il petto. Nella mano sinistra reggeva invece una lunga croce. Mirabile è la perizia con cui lo scultore fa affiorare le vene dalla pelle. La disposizione delle membra induce lo spettatore ad assumere un punto di vista non frontale, grazie al quale si evidenzia l'effetto serpentino della scultura. Forse la nudità del santo era velata al tempo da un perizoma in stoffa. L'opera ha molti tratti dello scultore fiorentino, «inventore del penitente San Girolamo presentato nudo». Tra questi Italo Furlan ha segnalato «la struttura poderosa del volto incorniciato dalle ciocche ricadenti e dall'avvolgente sensibile barba, le orbite oculari profonde, la bocca socchiusa e gli alti zigomi, il piatto trapezoidale torso stretto ai fianchi come nel David, le vene segnate». L'opera si caratterizza anche per la ricerca di un effetto insieme naturalistico ed espressionistico volto ad esaltare l'ideale mistico della vita ascetica.


Porta  Ravenna, le Gabbie dei Canarini.

"Era intanto calato il tramonto ed avvolgeva del suo oro il luogo commosso dai ricordi e parea consacrarlo". Dino Campana, Canti Orfici.
"Era intanto calato il tramonto ed avvolgeva del suo oro il luogo commosso dai ricordi e parea consacrarlo". Dino Campana, Canti Orfici.





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