IL MISTERO
DI PALAZZO BARTOLAZZI A FAENZA:
UN PROGETTO DI GIUSEPPE PISTOCCHI COMMISSIONATO
DA GIULIO BARTOLAZZI E MAI REALIZZATO
di Marco Cavina
L'architetto
faentino Giuseppe Pistocchi (1744 - 1814) fu uno dei più validi e
talentuosi professionisti della sua epoca e firmò alcuni dei più
significativi edifici dell'età Neoclassica costruiti sull'asse di corso
Mazzini, fra i quali è bene citare il Teatro Masini, la Galleria dei
Cento Pacifici, palazzo Pistocchi (la sua dimora), palazzo
Conti-Sinibaldi, palazzo Gessi, palazzo Rossi e palazzo Bandini-Spada,
senza dimenticare il restauro di palazzo Pasolini - dall'Onda, sulla
parallela via Severoli, e lo straordinario palazzo Milzetti, ora sede
del Museo del Neoclassicismo Romagnolo.Si può indubbiamente affermare
che la sezione del centro cittadino inscritta fra corso Mazzini e via
Severoli, dalla Piazza del Popolo fino alla chiesa del Pio Suffragio, a
fine '700 sia stata ampiamente rivista grazie alle opere da lui
progettate; sfortunatamente Pistocchi non ebbe la fulgida carriera che
avrebbe genuinamente meritato per i suoi indubbi talenti e, a
posteriori, possiamo senz'altro ricordarlo come una sorta di "eroe
sconfitto" dalle congiunture avverse... Ricevette il Cavalierato dello
Speron d'Oro, poi invalidato dall'avvento di Napoleone (una situazione
che procurò molto sconforto al Pistocchi, che continuava indefesso a
firmare i disegni come "ex Cav." - SIC!), subì dolorosamente la
concorrenza dell'architetto Antolini, forse meno dotato ma sicuramente
più scaltro ed ammanigliato, e progettò opere e monumenti colossali
appaltati da bandi napoleonici che, per l'evolversi della situazione
politica ed altre ragioni, non andarono mai in porto...Alla fine della
storia è forse più facile ricordare Giuseppe Pistocchi architetto per i
progetti eccellenti rimasti sulla carta piuttosto che per quelli andati
a buon fine; dal momento che, per mia inclinazione personale, quando
volgo lo sguardo al passato preferisco analizzare quello che avrebbe
potuto essere ma non fu, ipotizzando scenari e contesti alternativi
che, per vari motivi, non ebbero seguito, in questo caso voglio fare
luce sul suo progetto di un palazzo residenziale che avrebbe dovuto
sorgere in corso Mazzini, in pieno centro a Faenza e che, se
realizzato, avrebbe lasciato in eredità uno scorcio sostanzialmente
differente da quello che i successivi eventi hanno plasmato; parleremo
dunque di palazzo (o casa) Bartolazzi. La famiglia Bartolazzi (oggi
nota come Bertolazzi) era storicamente insediata nel settore che, da
corso Mazzini, si spinge verso via Severoli sull'asse degli attuali
vicolo Bertolazzi e via Pistocchi, una zona strategica e centrale e,
già in epoca medievale, caratterizzata, dietro le facciate principali
sul corso, da un affastellarsi di edifici secondo il tipico
spontaneismo pre-rinascimentale; a riprova della vetustà di questo
nucleo è tuttora visibile in vicolo Bertolazzi, a notevole altezza, il
lacerto di questo arco gotico con sorpaccigliatura in cotto a foglioni,
secondo il tipico stile "gotico fiorito" del '400 locale.

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Questa immagine satellitare mostra meglio il settore urbano del quale
stiamo parlando; in basso si nota la mole ottagonale di S. Stefano
Vetere, edificata a partire dalla seconda metà del '400 come nuova
chiesa parrocchiale dei Manfredi, all'epoca signori della città.
Con l'ausilio di elementi grafici, visualizziamo la stessa area a fine '700:

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Per fare capire l'influenza di Pistocchi nella zona, questo architetto
ha progettato e seguito i lavori di costruzione di tutti gli edifici
nominati in giallo, con esclusione di palazzo Pasolini - dall'Onda,
solo restaurato; a fine '700 la famiglia Bartolazzi era proprietaria
degli immobili evidanziati in colore ciano; come si può vedere le
proprietà erano frammentate da due vicoli, uno dei quali oggi è stato
inglobato dalla sostituzione edilizia: vicolo pubblico delli Bartolazzi
(oggi vicolo Bertolazzi), aperto su strada del corso (oggi corso
Mazzini) e vicolo pubblico de Bartolazzi, che sfociava sulla via
pubblica del teatro (oggi via Pistocchi). Il capofamiglia Giulio
Bartolazzi, certamente benestante, voleva sottolineare il prestigio
raggiunto unificando i due edifici con facciata su corso Mazzini e
separati da vicolo Bertolazzi, creando un palazzo di famiglia con
struttura univoca che raggruppasse i due immobili citati, sovrastando
il vicolo grazie ad un'arcata di accesso. Giuseppe Pistocchi, fresco
della realizzazione di grandi opere a pochi metri dal sito (palazzo
Gessi, palazzo Conti-Sinibaldi, galleria dei 100 Pacifici, teatro
Masini, senza citare la sua stessa dimora, quasi antistante) fu
interpellato dai Bartolazzi e gli venne commissionato il relativo
progetto.
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Anche in questo caso la grafica ci aiuta a capire dove avrebbe dovuto
ergersi il palazzo voluto da Giulio Bartolazzi: in pratica la sua
facciata sul corso avrebbe incluso l'edificio del Credito Romagnolo
(oggi sede di Unicredit Banca) e la casa adiacente, in direzione di
porta Imolese, oggi caratterizzata dal negozio Galletti di musica e
strumenti, consentendo l'accesso a vicolo Bertolazzi tramite un arco,
esattamente come avviene anche oggi.

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L'edificio progettato da Pistocchi, infarcito di rigore e stilemi
neoclassici, presenta una marcata simmetria bilaterale con due grandi
portoni di accesso uno dei quali, quello destro, coincide con il vicolo
pubblico delli Bartolazzi, oggi vicolo Bertolazzi, permettendo così il
transito lungo questa via; proprio la posizione del vicolo rispetto
alla sezione dei due edifici da unificare ha posto un vincolo attorno
al quale tutto il progetto ha ruotato. L'unica quota indicata da
Pistocchi nel disegno originale è relativa all'altezza dell'arco di
accesso al vicolo, pari a 9 piedi (Pistocchi si è premurato di
specificare che questa misura sarebbe stata sufficiente al transito di
qualsiasi carro di fieno senza interferire con la volta); da ricerche
precedenti, calcolando relative proporzioni in scala, avevo dedotto che
un piede di Faenza del '600 - '700 era pari a circa 47,5cm e, grazie
alla misura dell'arco, ho potuto quotare approssimativamente
l'edificio, come segue.

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Ecco la firma autografa dell'architetto sul disegno originale. |
La storia ci insegna che palazzo Bartolazzi, nonostante il progetto
compiuto, non venne mai realizzato; le ragioni di questa rinuncia sono
tuttora oscure: forse il calcolo delle spese effettive ha spaventato il
committente oppure egli cambiò idea per qualche altra ragione che ora
ci sfugge... Fatto sta che questo edificio andò a rinfoltire la schiera
dei progetti di Giuseppe Pistocchi che non videro mai la luce ed il
foglio originale è tutt'ora dimenticato in archivio, sbrigativamente
ripiegato più volte su se stesso, come una curiosità statistica e poco
più. Visto che l'edificio doveva ergersi in pieno centro, non mi sono
limitato a quanto sopra ma ho realizzato, con le difficoltà che
potete immaginare, una vista supergrandangolare di quella sezione di
corso Mazzini, creando una fotografia che parte dall'angolo del palazzo
dell'Illustrissima Comunità (oggi Residenza Municipale), passando per
lo scorcio di via Pistocchi, la mole del "Credito Romagnolo", la casa
col negozio di musica Galletti e l'arco su vicolo Bertolazzi,
terminando al civico successivo; mi è stato così possibile riportare in
scala il disegno di palazzo Bartolazzi direttamente sull'immagine
fotografica attuale, fornendo per la prima volta, dopo oltre 2 secoli,
la visualizzazione approssimativa di come ci sarebbe apparso,
camminando per strada, se fosse stato effettivamente costruito.
Osservando questa ricostruzione approssimativa, è interessante notare
che all'architetto Pistocchi è stato reso una sorta di "onore delle
armi" postumo, in quanto entrambi gli edifici che, in tempi successivi
e non simultaneamente, hanno occupato l'area destinata a palazzo
Bartolazzi, hanno attinto in varia misura a dettagli ed elementi di
tale progetto: ad esempio, l'edificio di destra ha assimilato l'arco
coperto per il vicolo, gli elementi di contorno delle finestre, il
rivestimento della facciata al piano terreno, la vetrina quadrata del
negozio e le lesene a colonna con relativi capitelli di analogo
disegno; d'altro canto, il grande edificio del "Credito Romagnolo"
edificato a fine anni '20 del XX secolo, quindi in epoca molto più
tarda, pur risentendo di influssi Liberty presenta il portone
principale di accesso con relativo arco nell'identica posizione di
quello previsto da Pistocchi, risultando spaziato allo stesso modo
rispetto all'arco del vicolo, e la sua sagoma, assieme a quella delle
quattro vetrine sul corso, riecheggiano evidentemente il disegno di
palazzo perduto.

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Quest'altra vista supergrandangolare mostra lo scorcio dei due edifici
all'intersezione fra corso Mazzini e via Pistocchi; anche in questo
caso ho applicato in scala il disegno di palazzo Bartolazzi sulla
fotografia, fornendo così un secondo scorcio ipotetico dell'edificio
che non vide la luce.
Premetto che tutto questo non coincide con la mia professione e quindi
mi scuso per il lessico tecnico improprio o non conforme; spero
comunque che questo tassello inedito che ho aggiunto alla storia di
Faenza, la mia città natale, venga apprezzato dai concittadini e,
soprattutto, sono lieto di contribuire a presentare l'architetto
Giuseppe Pistocchi nella prospettiva che gli compete, cioè quella di un
grandissimo, vinto tuttavia da situazioni avverse.
(Marco Cavina)
Nota:
Il disegno di Giuseppe Pistocchi è conservato presso l'Archivio di
Stato di Ravenna - Sezione di Faenza e riprodotto dal volume: L'età neoclassica a Faenza,
a cura di Franco Bertoni e Marcella Vitali, con autorizzazione n°
8/2013 del Ministero per i Beni e le attività Culturali - Archivio di
Stato di Ravenna.
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