Casa Valenti
Di Roberto
Marocci - Foto di Franco Poletti
Prima di accennare dettagliatamente a Casa Valenti, mi è parso
necessario spendere qualche riga per far conoscere meglio il “padrone
di casa”. Il faentino Don Domenico Valenti (1809 – 1895), in gioventù
aveva frequentato il Seminario Vescovile, volendo seguire la forte
vocazione sacerdotale, ma non solo. Infatti, avvertendo nel contempo
una forte inclinazione verso le arti plastiche, egli prese a
frequentare la bottega statuaria dei Ballanti Collina Graziani, onde
accedere ai primi rudimenti ed affinare le proprie doti naturali.
In seguito egli proseguì l’apprendimento ed il perfezionamento da
autodidatta, impegnandosi con grande determinazione e fervore, tanto
che in poco tempo riuscì a costruirsi una certa fama, sia in Città che
fuori. Don Valenti si fece apprezzare soprattutto come plasticatore e
decoratore di terrecotte.
Don Domenico Valenti, sacerdote plasticatore. Autoritratto in scagliola.
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Alcuni suoi lavori ornarono gli interni di San Sigismondo, la
piccola chiesa fuori Porta Montanara, allora di proprietà del dottor
Francesco Borelli, ma la sua più grande rappresentazione artistica si
realizzò nel 1835, dopo che Faenza fu liberata da un’epidemia di
colera, allorquando, memori dei tanti precedenti prodigi, i Faentini
rivolsero penitenti ed espiatrici preghiere alla Beata Vergine delle
Grazie, affinché, mediante la sua intercessione presso il Divin
Figliolo, il morbo si placasse…..cosa che in qualche modo accadde. Fu
allora che i Faentini, come dovuto ringraziamento e segno di devozione
verso la B.V. Maria, vollero che le Porte della Città fossero vigilate
dalla sua Santa Immagine protettrice. L’incarico di plasticare cinque
targhe in terracotta, da collocarsi su di ognuna delle Porte, fu
affidato a Don Valenti. Egli rappresentò la Vergine << ritta, con
le braccia alte ed aperte in atto di misericordia, come se volesse
accogliere chiunque entrasse nella nostra Città >> (Cfr. Antonio
Zecchini in “Il Cenacolo Marabini”, pag.95. F.lli Lega, Faenza 1952 ).
Purtroppo, a causa delle ultime distruzioni belliche, di quelle targhe
ne resta solo una, quella posta su Porta delle Chiavi. Circa una trentina di anni più tardi Don Valenti acquistò da
Giuseppe Biancoli un immobile ubicato in Via Severoli ai numeri 208,
209, 210, 211 (oggi 8 e 10), e comprendente, oltre alla casa, 4
botteghe, una stalla, un fienile, una rimessa; nel 1866 affidò all’Ing.
Arch. Luigi Biffi (1840-1912) l’incarico di ristrutturare l’intero
edificio, sia per quanto riguardava gli interni, sia per quel che
concerneva il rifacimento della facciata.
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Il Biffi progettò l’intervento sulla facciata intonando
architetture ed ornati alle modalità stilistiche di quel Neogotico che
mirava alla rivalutazione dell’arte medioevale e che fu fra le
principali componenti dell’Eclettismo Storicistico di ultimo Ottocento,
allora molto in voga ed importante fonte ispiratrice della successiva
Art Nouveau. Se in quegli stessi anni in Europa si percorsero
frequentemente strade architettoniche e decorative tardo-medioevali,
facenti appunto riferimento in particolare allo stile Gotico, in Italia
quella tendenza fu seguita assai più sporadicamente; quanto a Faenza,
Casa Valenti ne è l’unico esempio. I lavori di ristrutturazione
interessarono l’intera proprietà, ma soltanto la facciata fu
rimaneggiata assecondando i caratteri stilistici Neogotici e con
l’esclusivo impiego di terrecotte e mattoni a vista. Le decorazioni
delle terrecotte furono disegnate dal Biffi e mirabilmente realizzate
da Don Valenti. Osservando criticamente la facciata, si evince che
Biffi e Valenti vollero progettarla ispirandosi al pensiero
architettonico del Gotico antico, che voleva rappresentare lo slancio
dinamico delle strutture verso l’alto, verso il cielo, nell’ideale
intenzione di avvicinarsi e rendere onore all’Onnipotente. Ecco infatti che, al di sopra del rompitratto, che prosegue la
linea dei parapetti delle finestre al primo piano, si sviluppano fino
alla sommità dell’edificio quattro alti e stretti campi, verticalmente
scanditi fra di loro da lesene appena riquadrate ma, orizzontalmente,
senza alcuna soluzione di continuità fra primo piano e piano
sottotetto; l’effetto voluto è proprio quello di materializzare
concretamente un forte, ininterrotto e prolungato movimento proteso
verso il cielo, che trova ulteriore forza nei quattro archi sommitali
ad angolo ottuso e nei cinque pinnacoli terminali che svettano oltre la
copertura.
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La targa in terracotta di Porta delle Chiavi, opera di Don Domenico Valenti, 1835.
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Casa Valenti. Gioco
prospettico
ai piani superiori.
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Casa Valenti. L'affaccio su via Severoli. Foto Marco Cavina.
Casa Valenti. Arco a sesto ribassato, archetti a sesto acuto e
fascia marcapiano sopra uno dei quattro portoni.
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Casa Valenti. Prospetto visto
dall'angolo con via Pistocchi.
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Il pianoterra è caratterizzato da quattro portoni lignei, ognuno di
essi è composto da quattro ante, articolate a soffietto e sono ornati
da applicazioni ad arabesco originate da sottili colonnine tortili;
cinque lesene semplicemente riquadrate, le stesse che prolungandosi
segnano verticalmente la facciata fino ai tetti, ne scandiscono la
sequenza. Le luci dei portoni sono scontornate da una cornice in
terracotta stampata, riccamente decorata da una catena di fregi e
motivi vegetali che, nei sovrapporta, assume la forma di arco a sesto
ribassato.
Casa Valenti. Piano nobile. Decorazione sommitale e peduccio.
Casa Valenti. Decorazione di un parapetto del piano nobile.
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Casa Valenti. Una delle quattro finestre del piano nobile.
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Casa Valenti. Uno dei quattro portoni su via Severoli.
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Una guarnitura di dieci piccoli archetti a sesto acuto orna gli spazi
fino alla fascia marcapiano. Questa fascia consiste in una linea di
rosette, intervallate da mensole aggettanti, situate in corrispondenza
delle paraste che delimitano i parapetti delle finestre sovrastanti. Le
finestre del piano nobile sono ornate ognuna da un parapetto in
terracotta plasticata a traforo, con decoro di geometrici fregi
curvilinei intrecciati tra loro, secondo le modalità del cosiddetto
Gotico “Fiorito”. Ogni vano finestra è scontornato da due finissime
colonnine tortili che, raccordandosi in alto, formano un arco a sesto
acuto, mentre un peduccio a doppia nervatura, con fregio arabescato
centrale, scandisce la luce della finestra stessa; un puntale a pigna
rifinisce e slancia ulteriormente la sommità dell’arco. Ricurve
nervature orientaleggianti si ritrovano negli ornati degli archi che
sovrastano le finestre del piano sottotetto, queste ultime incorniciate
da fregi a motivi vegetali disposti a spirale. Due mensole,
riproducenti altrettante teste di leone, sostengono la soglia, sottesa
da una guarnitura a dentelli, su cui basa ogni finestra; una ringhiera
in ferro battuto, modellata per linee circolari, costituisce il
decorativo parapetto che protegge la parte inferiore del vano.
Stemma della famiglia Valenti su di un dado di raccordo di una lesena.
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Come già accennato in precedenza, il campo quadripartito
della facciata, comprendente i piani superiori, si sviluppa fino a
raggiungere una trabeazione a linee rette spezzate che si conforma in
quattro archi ottusangoli, ornati da lunghi peducci sfaccettati; cinque
pinnacoli, con relativi puntali, concludono e rifiniscono le lesene che
scandiscono l’intero prospetto su Via Severoli. Casa Valenti,
comprese le sue parti retrostanti e la corte interna, è stata sede
della Caserma dei Carabinieri fino al febbraio del 2002; nel 2009 il
Comune l’ha posta in vendita mediante asta e dal 2012 al 2013 è stata
sottoposta a lavori di ristrutturazione, oggi terminati. In seguito ai
suddetti lavori, l’attuale situazione consta di 1061 mq di superficie
abitabile e di 88 mq di area interrata, per una disponibilità di
quattro negozi, tre appartamenti al primo piano, quattro appartamenti
al secondo piano e due villette indipendenti con affaccio sulla corte
interna ed esclusiva. La facciata è stata oggetto di restauro e
risanamento conservativo di tipo “A”, cioè che l’intervento non avrebbe
potuto comportare sostanziali modifiche all’assetto originario, perché
tutelato dalla Sovrintendenza ai Beni Artistici.
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