La chiesa di San Lorenzo

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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 LA CHIESA DI SAN LORENZO

don Ruggero Benericetti

   Dal 1926 prese il nome di Santa Margherita, cui venne unita (462). I primi ricordi risalgono all'anno 1128, e si trovano in due atti di donazione forse contemporanei alla fondazione. Era allora posta in sito rurale (463). II fondo su cui insisteva, di nome Cicutino, apparteneva forse ai Canonici. All'inizio del Duecento cominciò a sorgere nelle sue vicinanze il nuovo borgo della Porta Montanara, che resto più tardi incluso, con la chiesa, entro la cinta manfrediana. La facciata guarda l'antico "vicolo della Volta", oggi via Minardi, mentre il fianco è sulla via Maestra, dalla quale un tempo la separava un portico a tre archi, detto dei Pellegrini. Venne riedificata nell'anno 1256 (464). Sotto il portico laterale, forse risalente al secolo XV, si apriva un ingresso secondario. II campaniletto, documentato dall'anno 1696, poggia su di una muraglia del presbiterio, e contiene due campanelle (465). L'interno era illuminato da due finestre e il soffitto a travi (466).
  

La chiesa di San Lorenzo in un disegno di don Ruggero Benericetti.
     Di piccole dimensioni (quattordici metri e quaranta di lunghezza per cinque e settantasei di larghezza) (467), venne un po' ampliata e rinnovata dal rettore Giovanni Maria Mari (1736-1772) nell'anno 1752 (468). II portico venne chiuso ed il tetto elevato (469). A quell' epoca risale la sobria facciata, con doppie lesene laterali, porta architravata e finestrone ad arco ribassato, timpano a cornici spezzate. Non conosciamo il nome del direttore della fabbrica, forse qualcuno dei noti costruttori del tempo, Pietro Tomba († - 1763), Giovanni Battista Boschi (1702-1781), o Raffaele Campidori (1691-1754). L'altare maggiore poggiava sul muro di fondo (470). Nell'anno 1606 era ornato di un quadro con immagini satis vetustas. Era in cattive condizioni perché il visitatore pregò di farlo risistemare (471).
      Più tardi il rettore Bernardino Dellia Rovere (1615-1656) lo fece rifare. Ne abbiamo qualche descrizione. II martire vi era raffigurato nel momento del supplizio, cioè sopra la tradizionale graticola, con lo sguardo rivolto verso il cielo, dal quale un angelo scendeva a porgergli un ramo di palma (472). Possediamo il testo della epigrafe, da cui si apprende che era opera del faentino Giovanni Evangelista Molesi (1628-1634), muto dalla nascita, e scolaro del celebre Ferrau Fenzoni (1562-1645), che lo dipinse nell'anno 1634 (473). Tra gli anni 1566 e 1573 è documentato un altare secondario, dedicato a Sant'Ivone, fornito di mensa marmorea, begli ornamenti e quadro antico (474). Poi scompare.

   Prima dell'anno 1757, forse nel 1737, venne eretto un terzo altare dedicate alla Beata Vergine. Forse si deve a quel rettore Giovanni Maria Mari (1736-1772) che fece rinnovare la chiesa (475). Vi vennero trasferiti il titolo, i beni e gli oneri annessi ad una celletta, che si trovava nei pressi della chiesa, detta del Pozzo, allora demolita (476). Sembra che in un primo tempo l'altare fosse privo di immagine. Poi, nell'anno 1763, dietro istanza del visitatore, fu ornato (477). Dalla sommaria descrizione che ne abbiamo si ricava che nel quadro erano raffigurati la Beata Vergine, il Santo Bambino Gesù e san Giovanni Battista (478). La sacrestia, posta nei pressi dell'altare maggiore, è ricordata per la prima volta nell'anno 1573 (479). II rettore Giovanni Maria Mari (1736-1772) la rifece più ampia in quegli ambienti ricavati con la chiusura dei tre archi dell'antico portico esterno (480). Sopra la porta della nuova sacrestia venne lasciato un antico affresco, un tempo nel portico, rappresentante la Beata Vergine venerata sotto il titolo di "Madonna dei Fiori". Accanto vi era un Crocifisso, fatto fare dagli ortolani della parrocchia, per loro devozione (481). La canonica, piccola ed umida, nell'anno 1573 era separata dalla chiesa, e disabitata (482). II rettore Matteo Tesselli (1591-1615) lasciò alla parrocchia due domunculae attigue per costruirla in migliore forma. Circondava la chiesa per due lati, con ingresso sulla strada Maggiore e altro nel vicolo della Volta (483). II cimitero, che nell'anno 1573 sorgeva davanti alla chiesa, venne trasferito prima dell'anno 1752 presso il convento delle suore Terziarie Cappuccine. Era recintato, e vi si accedeva per una porta indipendente dalla clausura (484).



La chiesa di San Lorenzo.
Interno della chiesa di San Lorenzo.

     La giurisdizione parrocchiale di San Lorenzo, abbastanza ampia, si estendeva in parte al di fuori delle mura. Contava circa settecento anime nella prima meta del secolo XVII. Al tempo del vescovo Vitale Giuseppe de' Buoi (1767-1787) erano più di mille (485). Poiché all'inizio dell'età moderna le porte della città venivano chiuse durante la notte, la cura spirituale degli infermi e dei moribondi che si trovavano all'esterno era demandata ai padri francescani dei conventi dell'Osservanza e dei Cappuccini (486). Nel distretto della parrocchia erano compresi alcuni pubblici oratori (487): la chiesa di San Sigismondo, spettante alla Commenda dei Cavalieri di San Giovanni di Malta (488), e le già ricordate chiese di Santa Cristina del convento dei Padri Cappuccini (489), e di San Girolamo del convento dei Padri dell'Osservanza (490). II disegnatore e pittore Tommaso Minardi nacque in questa parrocchia nell'anno 1787 (491).
I libri parrocchiali cominciano col secolo XVII inoltrato, tranne quelli degli Status Animarum, che non antecedono il secolo XVIII. II beneficio, piuttosto scarso, dava un'entrata di una quarantina di scudi annui. Due rettori, Matteo Tesselli (1591-1615) e Lorenzo Righi (1708-1736), fecero legati a favore della chiesa. (492)


RETTORI

-  Vincenzo Carroli 1564-1574 (APUF, 9, Liber administrations 1553-1568, f. 59v.; APUF, 26, Liber administrations 1574-1589, f. 1)
-  Silvestro de Erano 1581-1591 (APUF, 12, Conti 1581 -1596, f. 18; AVF, CB, 1,1, ad annum)
-  Matteo Tesselli 1591-1615 (AVF, CB, 1, 1, ad annum; AVF, CB, 2, 1 f. 176)
-  Bernardino Della Rovere 1615-1656 (AVF, CB, 2, 1, f. 175v.; AVF, CB, 3a, 1, f. 77)
- Pasquino Guiducci, economo 1656 (Si in evidentem, VIII, f. 228)
- Giovanni Battista Marchetti 1656-1682 (AVF, CB, 3A, 1, f. 77; AVF, CB, 3B, 1, f. 152v.)
- Antonio Marchetti, economo 1682 (Liber mortuorum), I, f. 150)
- Paolo Zudoli 1682-1691 (AVF,CB, 3B, 1, f. 152v.; AVF, CB 3B, 2, f.22v); passa a San Salvatore.
- Giovanni Battista Missiroli 1691-1695 (AVF,CB 3B, 2, f. 26; AVF, CB 3B, 2, f. 142v.); passa a San Michele.
- Giuseppe Randi di Russi 1696-1708 (AVF, CB 3B, 2, f. 147; AVF, CB 4A, 1, f. 107v.)
- Lorenzo Righi 1708-1736 (AVF, CB 4A, 1, f. 107; Liber mortuorum, I, ad annum)
- Giovanni Maria Mari 1736-1772 (Si in evidentem, XCIII, f. 207; Liber mortuorum, II, f. 24)
- Giuseppe Brunetti 1772-1819 (Liber mortuorum, II, f. 24; Si in evidentem, XCVIII, n. 19)


NOTE

462) Su questa chiesa cf. A. MARCHETTI, La chiesa di San Lorenzo martire in Faenza, Faenza 1915; A. ARCHI - M.T. PICCININI, Faenza come era, p. 134; V. MAGCI, Le chiese di Santa Margherita e San Sigismondo, Faenza 1997.
463) ACF, B 263/2, nn. 88, 89, donazioni del 24 gennaio 1128. Reg. del n. 88, in G.B. MITTARELLI, Accessiones Historicae Faventinae, p. 421. Cf. R. BENERICETTI, Note sulle chiese, pp. 143-144.
464) G.B. MITTARELLI, Accessiones Historicae Faventinae, p. 657.
465) V 1696. Di poco anteriore e una terza campana, con la data 1688, la quale pero forse proviene dalla chiesa del Bondiolo. Cf. V. MAGGI, Le chiese di S. Margherita e S. Sigismondo, p. 75.
466) Inv 1752. II tetto venne rifatto nel 1646 (V) ed a meta del secolo XVIII.
467)  Inv 1752.
468) Cf. S. SAVIOTTI, Faenza nel Settecento, p. 85. Cf. la V 1757: "[...] ecclesiam [...] in spectabilem formam redactam [...]".
469)  Inv 1752. Sulla porta, nel 1573 (V), era dipinta I'immagine del titolare, la quale forse ando perduta nei rifacimenti settecenteschi.
470) Sopra, infisso al muro, vi era un tabernacolo entro il quale, fin dall'anno 1566 (V), si era iniziato a custodire continuamente il Santissimo Sacramento. Le V 1573, 1606 rilevano che davanti alla nicchia dell'Olio Santo vi era il tabernacolo entro il quale si conservava precedentemente. Infatti il visitatore fece cancellare un simbolo eucaristico che si trovava sulla porticina. La confraternita del Santissimo Sacramento é ricordata per la prima volta nella V 1573.
471) V 1606: "[...] imagines satis vetustas in icona existentes restaurari [...]".
472) V 1696; Inv 1752.
473) "lo(hannes) Evang(elis)ta Molesius I natura mutus civis I Faven(tinus) pingebat MDCXXXIV". Cf. BCAB, ms. B 165bis, Pitture nella città di Faenza descritte da Marcello Oretti nell'anno 1777, f. 4. Su questo autore cf. G. BALLARDINI, Molesi Giovanni Evangelista, in Allgemeines Lexikon der bildenden Kuenstler, hrgb. H. VOLLMER, XXV, Leipzig 1931, p. 33.
474) V 1568,1573. Nella V 1566 non si menziona il titolare.
475) V 1757. Sembra che in questo testo si alluda a decreti fatti dal vescovo nell'anno 1737, in occasione dell'erezione.
476) V 1757: "[...] cellula Beatae Mariae Virginis que olim a parochiali ecclesia non longe distabat [...]".
477) V1763.
478) V 1790: "[...] pictas imagines Santissimi Pueri Infantis et sancti lohannis Baptistae decentius velari precepit".
479) V1573.
480) Inv 1752 I. Sopra le volte del portico si teneva il granaio.
481) Inv 1752 II; V 1763. A. MARCHETTI, Cronotassi dei parroci, p. 184 nota 7, osserva che il primo ricordo dell'antico affresco del portico dei Pellegrini è contenuto nell'Inventario dell'anno 1752.
482) V1573.
483) Inv 1752.
484) Inv 1752.
485) Le famiglie erano oltre duecento in più di cento case.
486) V1573.
487) Inv 1752.
488) Cf. A. ARCHI - M.T. PICCININI, Faenza come era, pp. 69-70; V. MAGGI, Le chiese di Santa Margherita e San Sigismondo, Faenza 1997.
489) Cf. DONATO DA SAN GIOVANNI IN PERSICETO, I conventi dei Frati Minori Cappuccini della Provinda di Bologna. I I conventi fondati negli anni 1537-1554, Forli 1956, pp. 116-191. A. ARCHI - M.T. PICCININI, Faenza come era, pp. 76-78; M. TAGLIAFERRI, I Cappuccini a Faenza, Bologna 2000.
490) A. ARCHI - M.T. PICCININI, Faenza come era, pp. 70-76.
491) M.G. SARTI, Minardi Tomaso, in Dizionario Biografico degli Italiani, 74, Roma 2010, pp. 560-566.
492) A. MARCHETTI, Cronotassi dei parroci, p. 182.


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