I tesori dell'Istituto d'Arte Ballardini

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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IL MUSEO INTERNO DEL BALLARDINI: UNA SALVEZZA PER IL PATRIMONIO E UNO SPACCATO DI UN SECOLO DI RICERCA ARTISTICA E TECNOLOGICA.

di Marco Tadolini

Molti faentini, o turisti che arrivano da noi, per ammirare i nostri tesori, passano frettolosamente davanti a Palazzo Strozzi, di solito per recarsi al M.I.C. o alla stazione ferroviaria. Senz'altro notano le bandiere che sventolano dalla  antica balconata, per la verità ora un po' scalcinata, e in molti sanno che all'interno del palazzo “brulicano” duecento  studenti del Ballardini, oggi Liceo Artistico insieme a quelli del Liceo Umanistico. Pochi però sanno che proprio dietro a quelle bandiere, è conservata una raccolta di ceramiche e di tanto altro  materiale, forse unica al mondo. La scuola aveva mosso i primi passi già nel 1916, poi istituzionalizzata nel 1919 come Regia Scuola di Ceramica; la direzione era stata affidata a Gaetano Ballardini che, solo dieci anni prima aveva fondato, a pochi metri, il Museo Internazionale delle Ceramiche.

Già da subito Ballardini ebbe un’ intuizione, che poi si dimostrò geniale; propose: “dalla produzione didattica, scegliamo  e teniamo da parte, ogni anno, alcuni pezzi,  pochi ma importanti: quelli significativi dei percorsi didattici della scuola, stilisticamente e tecnologicamente”.Ogni anno, con competenza  e meticolosità, una commissione accantonò vasi, piatti, sculture, prove tecnologiche, oggetti, piastrelle; qualche anno ne venivano selezionati soli 7-8, altri anni una ventina. Fatto sta che oggi, dopo un secolo, la raccolta consta di quasi 2000 manufatti ceramici: badate bene, non necessariamente i più belli, ma quelli più importanti, testimoni delle innovazioni tecnologiche, delle contaminazioni stilistiche, dell'impronta di un docente autorevole. Alle ceramiche si aggiungono centinaia di disegni progettuali, raccolti già dal 1924 grazie anche alla costituzione della “Raccolta Giovanni Piancastelli”.



Goffredo Gaeta

 Alfonso Leoni

Albert Dyato

Nei laboratori tecnici vengono conservate e schedate oltre 6000 prove di laboratorio, piccoli test, oggettini di pochi centimetri, testimoni di un secolo di ricerca scientifica inerente composizioni mineralogiche di vetri (smalti e vetrine), ingobbi, impasti, colori ecc. Non dimentichiamo che la scuola attraversa non incolume il nefasto periodo bellico, e subisce anche pesanti bombardamenti che ne deteriorano le strutture murarie: avvenimenti tragicamente narrati da alcune foto presenti nell'archivio fotografico storico. Passano 90 anni e la scuola subisce trasformazioni epocali, amministrative, direzionali, logistiche. Molti docenti si rendono conto che se non si dettano delle regole sul patrimonio conservato, questo nel giro di qualche anno potrebbe iniziare un lento e inesorabile “processo di dissolvimento”. Pian piano era scemata anche in buona parte la coscienza e la competenza sui criteri di conservazione, (l'importanza e la precisione nell' inventariazione, la schedatura, la costanza nella collocazione nei depositi, l'annotazione su registri degli spostamenti ecc). Gli anno '70 furono un po' deleteri e costituirono un grosso rischio per la perdita del patrimonio. La conservazione dei pezzi fortunatamente fu in gran parte continuata ma venne meno la precisione nella catalogazione.

Nei seguenti anni '80, l'allora nuovo Preside Rolando Giovannini, assieme a un  gruppo di docenti, tra cui lo “storico” decente di Restauro Rino Casadio e il sottoscritto, cominciano a rimettere mano a tutto il corpo, cercando di schedare le ceramiche secondo criteri evoluti, riprendere conoscenza di cosa c'é e dove è conservato. Alcuni anni dopo, il vicepreside Giampaolo Emiliani, organizza la prima schedatura informatica di tutta la collezione, la vera boa di salvataggio del patrimonio conservato. Grazie a questa (poi proseguita anno per anno fino ad oggi) fu possibile organizzare, nel 1995, al Palazzo delle Esposizioni,  la grande mostra “La Scuola dei Maestri” dove finalmente, una bella selezione di opere, testimoni della vita ballardiniana, poteva essere visitata dal popolo, e non più solo dagli addetti ai lavori interni alla scuola. Fu un passo importantissimo nell'acquisizione della convinzione che era necessario e urgente dare organicità al lavoro, e raggruppare in esso, tutti i beni conservati a fatica negli anni.







Carlo Zauli

Gianna Boschi

Anselmo Bucci
 

Così continua la schedatura informatica annuale, ad opera di studenti e, in questi ultimi anni di volontari messi a disposizione della benemerita “Associazione Ex Allievi del Ballardini” senza il cui contributo, tante iniziative non sarebbero possibili. Dal 2008 viene organizzato  il M.I.S.A. (Museo dell'Istituto Statale d'Arte): è un museo interno, istituito dagli organi collegiali (Collegio Docenti e Consiglio di Istituto).2000, opere in  ceramiche, migliaia di disegni (oggi in fase di schedatura anagrafica e fotografica), 6000 testi di laboratorio tecnologico, pregiati modelli in gesso, migliaia di fotografie d'epoca, restauri.Certo piccolo come museo, se pensiamo al nostro “Padre” M.I.C. situato a pochi passi. Dov'è allora l'importanza mondiale di cui parlavo prima? Opere di studenti, quasi solo di studenti. Tra loro anche ragazzi divenuti poi grandi artisti , rappresentati però da lavori realizzati quando erano tra i banchi di scuola.

Uno spaccato di un secolo di internazionalità dell'Istituto, della ricerca stilistica e tecnica, dei percorsi didattici. Oggi, grazie anche al massiccio intervento di ristrutturazione dei locali operato dalla Provincia, il Museo del Ballardini esiste, è in parte visitabile e fruibile, è fonte di studio per decine e decine di studenti. Il percorso, principalmente cronologico, vi conduce al contatto con pregiatissime opere in stile Decò, realizzate nel periodo anteguerra sotto l'egida dei Proff. Domenico Rambelli,  Anselmo Bucci , Maurizio Korach. Prosegue negli anni '50 dopo la  liberazione (e si vede bene dall'esplosione stilistica) con le forti presenze di Angelo Biancini, Carlo Zauli.  Negli anni, allievi allora sconosciuti come Andrea Cascella,  Albert Diatò, Hans Edberg, Nanni Valentini, Pino Spagnulo, Alfonso Leoni, Bertozzi e Casoni, e tantissimi altri  fino ai nostri giorni, ci trascinano in un viaggio affascinante, istruttivo e tutt'altro che scontato.

La presenza e la contaminazione dei corsi ad indirizzo Artistico e  Tecnologico (le migliaia di prove fatte eseguire da Fulvio Ravaioli, oggi schedate e fotografate da Massimo Piani e consultabili da tutti nel sito “ http://www.campionariotecnologicoballardini.com/ “) è sempre ben visibile, accompagnata da cinquant'anni di lavori dell'indirizzo Restauro che lascia centinaia di pregiate tavole grafiche di progetti conservativi. Il lavoro è in piena e continua evoluzione, tutt'altro che semplice; necessita di continui spostamenti, adattamento dei locali e degli arredi. Ma se visitate il M.I.S.A., non con un atteggiamento saccente e  accademico, ma cogliendo l'elemento su cui si basa un secolo di lavoro scolastico, “la Passione”, capirete perché ho definito unica al mondo questa collezione, al di là del fatto che il tale o tal altro studente sia poi divenuto più o meno famoso nel mondo.

Alcune immagini relative a opere conservate nel MISA  sono fruibili nel sito www.ceramicschool.it alla voce Galleria Misa. L'accesso, alla parte fruibile,  non è libero ma va richiesto al sottoscritto, con alcuni  giorni di anticipo, che vi accompagnerà, tramite un appuntamento concordato con la portineria (0546 21091) oppure contattandomi  direttamente marco.tadolini@libero.it

Il MISA è generalmente visitabile negli orari di apertura della scuola. Per motivi organizzativi e di sorveglianza si consiglia di prenotare visite solo per piccoli gruppi.

 

                                                                                    Prof. Marco Tadolini

                           Coordinatore del Liceo Artistico per le attività specifiche, mostre, concorsi e museo interno.

                                                   

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