Lamberto Caffarelli vanto di Faenza

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Lamberto Caffarelli vanto di Faenza

di P. Albino Varrotti


     Nuovo dell'ambiente, ignaro di tutto, venendo a Faenza nel settembre del 1943, chi scrive ora ebbe modo più volte di sentire ricordare il Maestro Lamberto Caffarelli. Chi ne faceva un tipo estroverso e bizzarro, anche portando in causa la sua Teosofia, chi lo descriveva misantropo e tutt'altro che trattabile, chi, credendo di apparire spiritoso e divertente, gli attribuiva fatterelli comici e di gusto piuttosto discutibile. Nacque così, com'era inevitabile, un'enorme curiosità di conoscerlo meglio e personalmente. L'occasione si presentò, dovendo, chi scrive, riordinare e catalogare l'Archivio Musicale di San Francesco in Bologna. Cercando di procurare opere del Maestro Lamberto Caffarelli per collocarle in quell'Archivio Musicale, fu possibile ottenere dall'autore stesso alcune sue pubblicazioni più importanti. Altre di queste, insieme a preziosi suoi autografi, vennero in seguito. Tra gli autografi vanno particolarmente ricordate le sue trascrizioni pianistiche di opere del Sarti. Dopo i primi occasionali colloqui mi avvidi ben presto di quanta fossero infondate le molte dicerie che avevo udito circolare sul suo conto. Infatti lo trovai molto cortese, affabile, persino a volte faceto, venato talora di sottile ironia. Più volte mi invitò nel suo studio e mi volle frequentemente ad esaminare insieme con lui spartiti di musiche proprie o d'altri. Più volte, visto l'interesse che mostravo per alcune, me ne fece dono. Ci recammo insieme a studiare spesso le raccolte musicali della Biblioteca Comunale
e particolarmente gli autografi del Sarti. Mi incitò a trascriverne diversi: a ciò si devono le fortunate pubblicazioni, i dischi, le registrazioni di opere del Sarti, che in seguito ai suoi consigli e suggerimenti si è riusciti a realizzare sinora.


Lamberto Caffarelli



     Mi prospettò più volte l'intenzione di lasciare le proprie cose a San Francesco di Faenza per istituirvi un "Cento Studi" cui aveva pensato lungamente e che tanto gli stava a cuore di realizzare. Se ciò fosse avvenuto, avremmo visto incastonare la gloriosa tradizione musicale cittadina di una nuova gemma di enorme valore scientifico e artistico e per l'Ordine dei Frati Minori Conventuali, ritenuto un tempo l'aristocrazia del Francescanesimo per gli indiscussi valori di cui s'era fatto portatore attraverso i secoli, ciò avrebbe costituito un onore immenso. Nei frequenti colloqui col Maestro Lamberto Caffarelli ebbi la fortuna di ricevere spontanee confidenze, che squarciavano inaspettatamente il velo con cui,geloso e riservato, era solito celare il proprio mondo più intimo, le sue convinzioni più radicate, gl'ideali che lo avevano guidato e sorretto durante l'esistenza. Era fondamentale nell'animo suo la convinzione, lungamente e in vario modo approfondita, che il bello nella sua essenza spirituale, emanazione di Dio, non è soggetto ai limiti del tempo e come Iddio è eterno. Infatti è inconcepibile, assurda, l'ipotesi di un bello che possa essere definito giovane, oppure vecchio.


Ex libris di Lamberto Caffarelli,
disegnato da Francesco Nonni.

     Tutti sanno che chi oggi è giovane fra non molto diverrà vecchio comunque. Tale assurdità, coltivata dai patiti per l'instabilità e la continua mutevolezza giovanile, non può riguardare il bello che, per propria natura, come Iddio e immutabile. Moderna o antiquata può essere invece l'espressione materiale scelta per esprimerlo in modo più o meno elevato, in forme semplici o complesse, con ispirazione più o meno sincera o spontanea.
Questa era la prospettiva su cui s'era basata tutta la sua opera, questa era l'ottica con cui guardava le opere d'altri. Per questo è possibile intravvedere una continua coerenza nella ricerca, nonostante la diversa maturazione tecnica e stilistica, dalle prime musiche liturgiche composte per il Seminario ed eseguite con lui all'organo sotto la direzione del giovane Gaetano Cicognani, il futuro cardinale, alle ultime opere tormentosamente rivedute o martoriate, sarebbe più opportune dire, sino agli ultimi giorni della propria esistenza. Questa coerenza spiega la sua problematica incontentabilità nelle prove e nelle esecuzioni, giungendo a volte sino ad annullarle inesorabilmente. Con tali premesse non è troppo difficile individuare l'opinione ch'egli aveva dei direttori, spesso improvvisati, vanesi, i quali anziché crucciarsi per fare meglio risaltare il bello nella Musica, di essa soltanto si servivano per conseguire spudoratamente stupide lodi con cui appagare, invece, la loro inadeguatezza e insulsaggine. Nella sua musica prediligeva l'espressione più intima, quella cameristica in modo particolare, a lui più congeniale. Anche nel genere sinfonico seppe comunque raggiungere momenti felici di rara bellezza. Era un conoscitore di tecniche formidabile.
La ricerca continua fu sempre il suo assillo. II "Galeotus" è il suo capolavoro, forse, proteso alla conquista di una propria via tra l'impressionismo di Debussy, cui Gino Marinuzzi lo paragono, tra le contrastanti correnti ermetiche e simboliste del primo Novecento, tra le incalzanti affermazioni della Dodecafonia di Schönbherg.
     Bacone soleva dire: "col tempo, al tempo, il tempo". Anche per il Maestro Lamberto Caffarelli ciò si verificherà pienamente: la vera essenza dell'arte sua e la giusta collocazione tra gli uomini più eminenti del Novecento non mancheranno di farsi strada. Anche in lui s'è dimostrato vero il detto di Leonardo da Vinci "non si volta chi a sella è fiso". Proteso unicamente ad una superiore visione del bello, trasfuse nelle sue musiche la bellezza, che permeava la sua nobile anima di pensatore, di poeta, di musicista. Per questo invidiabile dono del Cielo anche a lui possiamo attribuire quanto egli ha scritto nel proprio "Ikunaton" "... sei suo figlio se formi la bellezza".

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