A Bogotà? C'è il teatro "Faenza"

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Più di tredici anni fa, mio fratello, Franco Bettoli, il 10 giugno del 1997, mi mandò da Arezzo, dove guidava una comunità "Emmaus", quella che lui aveva fondato, una lettera, accompagnata da una fotografia. Franco, che era nato nel 1943 e che era il più giovane di noi Bettoli, purtroppo è morto il 4 aprile del 2008. Credo che molti a Faenza sappiano che è stato per anni e anni I'aiutante più stretto dell'Abbe Pierre, il fondatore delle comunità "Emmaus" sparse in tutto il mondo. Franco, infatti, per un ventennio fu il presidente di "Emmaus International". E ha viaggiato dappertutto per visitare le tante comunità e per organizzare ogni genere di iniziative in favore degli ultimi. Quindi ha conosciuto tanta gente, dalle più alte autorità alla gente più povera e abbandonata. Franco - o "Francó", come lo chiamavano i francesi - è stato un ragazzo eccezionale per generosità, capacità, concretezza, saggezza e assoluta modestia. Me I'hanno detto in tanti. Ma torno alla foto. Essa inquadra la facciata di un edificio di stile non definibile per me che non sono un architetto: vi si vede, in alto, al centro, la scritta "Faenza". In basso, a un lato dell'entrata, c'e scritto, più in piccolo "Teatro Faenza". Al centro, invece, "Cine Continue". Come vedrete poi, si tratta invece di un edificio importantissimo per Bogotà, capitate delta Colombia, e che lo stil architettonico cui si ispira è I'Art Nouveau.

L'Abbè Pierre con Franco Bettoli.
Franco mi diceva in quella lettera che I'aveva scattata a Bogotà e che poteva servirmi per fare una "investigazione" sul perché del nome "Faenza" nell'insegna di un locale, in un posto cosi lontano. Ho lasciato dormire questa lettera. Franco mi parlò ancora, in un'altra lettera del luglio del 2006, del teatro "Faenza" che aveva incontrato casualmente nelle sue "peregrinazioni". Quella volta mi disse di far ricerche su internet dove avrei trovato molte notizie. Devo anche dire che, frattanto, una gentile signora di Faenza, che conosco, ma di cui non so dirvi nome e cognome, mi aveva fornito qualche altra notizia. Basta. Adesso di corto mi sono rivolto al mio "detective informatico" Miro Gamberini, che - tracchete! - sul Teatro "Faenza" di Bogotà mi ha tirato fuori un fiume di notizie dal solito internet, ma in spagnolo. Per fortuna un altro mio amico, Angelo Emiliani, giornalista, storico e che sa lo spagnolo come il paternoster, mi ha tradotto il tutto, molto generosamente. Li ringrazio tutti e due e provo a riassumere qui il "fiume di notizie". Cominciamo con la ceramica, o meglio, con la maiolica: per forza se c'e Faenza di mezzo…
A Bogotà, nella zona sud, nel 1833 viene inaugurata la prima fabbrica di ceramica. Ebbene, alla fine del 1899, don Jose Maria Saiz dalla parte opposta di Bogotà costruisce una fabbrica di maiolica per produrre vasellame, oggetti ornamentali, apparecchi sanitari, eccetera. Viene inaugurate nel 1901. Per distinguerla dalla prima fabbrica, gli da il nome "Faenza" - lo scrivono gli storici di Bogotà - "in omaggio al paese italiano che si trova vicino a Ravenna, importante centro di maiolica, e dove e aperto un famoso Museo di Ceramica". Un po' curiosa, poi, la frase che segue: "Questo luogo [Faenza] è molto famoso anche per le sue fonti termali curative". Alludendo evidentemente alle svanite terme di S. Cristoforo. Torniamo a Bogotà, alla ceramica e al teatro Faenza. Anni dopo, il proprietario, il "nostro" Don Jose, parlando col suo grande amico, un medico, Jose Maria Montoya, decide di trasformare I'edificio in una sala di Teatro, "in stile americano", per la proiezione di film e per spettacoli di varietà. Non è detto quello che era successo della fabbrica di ceramica "Faenza". Chissà.
Ingaggiano gli architetti Taplas e Munoz. L'ingegner Gonzales Concha dirige i lavori che cominciano il 6 agosto 1922. Le pitture e le decorazioni interne le fa il pittore Maurice Ramelli. II "Faenza" può contenere 2.066 spettatori: proprio un bel teatrone! Ha anche la buca per I'orchestra. E il foyer col ristorante. E' inaugurato giovedì 3 aprile 1924, dicono i nostri giornalisti, con la proiezione del film francese "II destino". Grande I'entusiasmo. Viene sottolineata la bellezza della facciata a forma di ferro di cavallo "con le sue curve sinuose e sensuali (!)" caratteristiche del linguaggio della Art Nouveau.

Facciata del Cine-Teatro "Faenza".


Bogotà, il teatro "Faenza"  ingresso.


Bogotà, il teatro "Faenza"  la platea.
(Volete sapere cos'e I'Art Nouveau? Non sono certo io lo specialista in materia. Vi dirò, così a occhio e spanna, che è una ispirazione che aveva dominato in tutti i campi dell'arte alla fine del 1800: fra i suoi sostenitori ci mettono un Proust e un Oscar Wilde in letteratura, e due pittori come Dante Gabriel Rossetti e Toulouse Lautrec. Badate bene, di questa cosiddetta Art Nouveau in tutta I'America del Sud ce ne sono solo cinque esempi. Ebbene uno di questi è il Teatro "Faenza" di Bogotà. Ma non spaventatevi. Non parlo più della Art Nouveau). E' un grande avvenimento nella capitale della Colombia, quella inaugurazione. Ben presto Bogotà comincia a prendere un'aria cosmopolita e la vita notturna si riempie di luci al neon e di nottambuli. Col "Faenza", Bogotà assume un tono più raffinato, elegante, allegro e di buon gusto che durerà fino a metà degli anni Cinquanta. Il "Faenza" diventa un luogo d'incontro per la gente bene di Bogotà e rimarrà e così a lungo: non si va solo al cinema, ma vi si fanno feste, riunioni politiche, incoronazioni di miss degli studenti.
Pensate che lo slogan pubblicitario del "nostro Faenza" proclamava "II Faenza e il rendez-vous della gente di buon gusto"! Nei grandi saloni si balla poi sino all'alba. I banchetti, poi, sono indimenticabili. Insomma: grande baracca nel "Faenza" di Bogotà! II "Faenza" poteva stare alla pari del "Colón" e del "Municipàl", i due più grossi locali di spettacolo di Bogotà. Ma poi arriva il Teatro "Colombia", che, aperto nel 1940, pian piano comincia a portargli via gli spettatori.
Comunque nel "Faenza" si erano visti i primi film colombiani, prima i "muti", poi i "sonori". Si erano fatte le prime proiezioni per i bambini la domenica mattina, i "lunedì popolari", sere in cui si poteva vedere, con pochi soldi, una pellicola proiettata la settimana prima in altre sale. Ma nel 1959, proprio dirimpetto al "Faenza" gli aprono il teatro "Mexico" che riesce ad avere per primo i nuovi film colombiani. Da allora, per sopravvivere il "Faenza" ne fa di tutte per tenere testa al "nemico".
Per quel che capisco, il "Faenza" ormai è arrivato all'ultimo scalino, quasi in abbandono, forse sotto sequestro. Ma ecco che, nel 1975, con un decreto dello stato, il "Faenza" viene dichiarato monumento nazionale perché considerato forse il più importante edificio del 1900 a Bogotà.
Meno male. Altrimenti i picconi, che si danno d'attorno anche la, I'avrebbero già fatto sparire, come hanno fatto di tanti altri importanti edifici. Sembra che siamo alla rinascita, ma il "ringiovanimento" dura poco. Tanto che il glorioso "Faenza" il popolo bogotiano lo comincia a chiamare bonariamente "zia Fanny". Tanto è vecchio, poveretto. Ma, finalmente, nel 2004, I'Università Centrale decide di comprarlo e di cominciare i lavori restauro per restituirlo alla capitale della Colombia nella sua originale bellezza. Ci siamo. Un momento chiave - dicono - perché, col "Faenza", Bogotà vuole finalmente ricuperare tutto il suo centro storico. Mi fermo quì. Perché, per sapere com'e esattamente oggi la situazione del "Faenza" di Bogotà, se voi non potete farci un salto, provate a informarvi direttamente, magari con una telefonata. Me lo fate sapere, e quest'altra volta ne torniamo a parlare.


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