La
vacanza non era perfetta se non si portava a casa un trofeo. Per
chi frequentava la colonia in montagna i cimeli più ambiti
erano costituiti dalle stelle alpine, strappate dalle rocce
durante le ardimentose escursioni per i più grandi, o le piantine
di ciclamino, ma con la relativa “patata”, trovate sotto il fogliame
degli umidi boschetti attorno a Santa Brigida o Averara. Allora se ne
trovavano ancora e non era vietato raccoglierle, lo stesso valeva per
le stelle o i cavallucci marini, che si potevano
acchiappare col retino durante i fugaci bagni di mare. Nel caso
di pesca infruttuosa si poteva optare per qualche conchiglia (più
grande era meglio era) rinvenuta sulla battigia. Della
colonia a Santa Brigida indimenticabile era il lungo viaggio attraverso
la pianura Padana, su una corriera che ansimava come
una tradotta militare, un interminabile supplizio interrotto dal
sempre affascinante passaggio a passo d’uomo sul ponte di barche sul Po
nei pressi di Cremona. I sacchi degli indumenti di tutti
noi, ballonzolavano pericolosamente sul tetto della corriera con
il loro carico standard e spartano: mutande 3 capi, calzini bianchi 2
paia, canottiere 4 capi, magliette 4 capi, pantaloncini corti 2
capi, golfino 1, cappellino da sole di tela bianca 1, sandali di
gomma e tela 1 paio, asciugamani 2. Come dimenticare i
robusti sacchetti di carta da utilizzare nel caso di vomito per
noi passeggeri, qualora la pasticca contro il mal d’auto non avesse
prodotto l’effetto dovuto.
Giunti in
colonia, i menù erano un po' di fortuna e tutti noi giovani
villeggianti temevamo l'arrivo dei bidoni di alluminio da cui premurose
suore un po' manesche e baffute facevano sgusciare confetture di
giardiniera dalle multiformi e colorate configurazioni: cipolline
dall’aspetto di stelle, scalette geometriche di cetriolo, carote
decorate e altre verdure, tutte immerse in un brodino lungo che doveva
assomigliare molto a quella “sbobba” mai assaggiata, ma evocata
dai nostri barbieri parlando dei razionamenti ai tempi della guerra e
dell'invasione.
Il regime
dietetico “coloniale” veniva integrato da periodiche razioni di olio di
ricino, somministrato per scopi lassativi ma che noi bambini trovavamo,
a ragione, disgustoso. E' stato un incubo per intere generazioni di
faentini in colonia, attendere in fila, all'ingresso del refettorio,
che una zelante suora introducesse nelle nostre bocche
recalcitranti, utilizzando lo stesso cucchiaio, una
abbondante porzione della salvifica bevanda.
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