Quei faentini al fianco di Garibaldi

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Quei faentini al fianco di Garibaldi
di Nino Drei

La spedizione dei Mille è stata decisa dopo molte incertezze, rinvii e ripensamenti. Lo stesso Garibaldi è perplesso sino all'ultimo poiché l'obiettivo da lui preferito è sempre Roma ed accetta infine la spedizione in Sicilia più per compiacere gli amici del mezzogiorno che per intima convinzione come dimostra la lettera da lui scritta all'amico modiglianese don Giovanni Verità il 3 maggio 1860 allavigilia della spedizione: «Mio caro Amico, Vero apostolo della libertà, fate udire la voce vostra potente - ai giovani borghesi dell'Italia centrale, -  e dite loro che non ci lascino combattere soli contro i papali ed i Borbonici. Vado per il mezzogiorno - non consigliai il moto della Sicilia - ma giacché combattono bisogna aiutarli -. Il grido di guerra sarà sempre Italia e Vittorio Emanuela: Vostro per la vita G. Garibaldi».
Ed è per questi motivi che a partire con la prima spedizione sono solam
ente mille volontari; molti altri patrioti che appena avuto anche solo una vaga voce della spedizione si sono precipitati a Genova, sono arrivati troppo tardi, il
«Piemontre» e il «Lombardo» hanno già levato l'ancora.



Gerolamo Induno, Imbarco dei Mille.
20 luglio 1860. Garibaldi uccide il capitano della Cavalleria Napoletana nella battaglia di Milazzo.

I due
«capipopolo» faentini, Raffaele Pasi e Vincenzo Caldesi sono in quel momento già impegnati in altre attività militari. Raffaele Pasi , che comunque l'anno precedente ha rotto clamorosamente ogni rapporto con l'entourage di Garibaldi, è tenente colonello comandante del 48° Regimento Fanteria delle Truppe dell'Italia Centrale e Vincenzo Caldesi è anch'egli impegnato con l'esercito dell'Italia Centrale come aiutante di campo e capo di stato maggiore del generale Roselli; oltretutto è comandante del genio ed in tale veste si sta occupando della costruzione del campo trincerato di Bologna considerato come perno della difesa nazionale.



Vincenzo Caldesi
Raffaele Pasi

Solo il faentino Dionigi Samorini, caffettiere quarantenne, già fra i precettati del 1854, chissà se a Genova per cercare di raggiungere Garibaldi o per altri motivi, si imbarca il 25 maggio con pochi altri volontari di tutt'Italia sul vapore Utile che, al comando di Carmelo Agnetta porta armi e munizioni a Garibaldi. Samorini pagherà il prezzo del suo coraggio nella battaglia di Milazzo, primo anche a morire fra i faentini. Il 10 giugno è pronta a partire da Genova una nuova spedizione in aiuto di Garibaldi; 1.400 volontari al comando di Giacomo Medici salpano col vapore
«Washington» e poche ore più tardi lo segue l'«Oregon» con altri 209 volontari al comando del faentino Vincenzo Caldesi, che sbarcano verso la mezzanotte del 17 a Castellamare per raggiungere poi Palermo.


Vincenzo Caldesi, nominato da Garibaldi suo aiutante di campo è fra coloro che, nel momento più duro dello scontro fra Garibaldi e Cavour, procede all'arresto ed alla espulsione di La Farina incaricato di preparare l'annessione immediata al Piemonte dell'ex Regno delle Due Sicilie. È poi al fianco di Garibaldi nei tristi momenti in cui questi lascia Napoli per ritirarsi a Caprera. Nelle varie divisioni dell'Esercito Meridionale i 351 faentini, ma probabilmente sono di più, combattono segnando anche col loro sangue la strada fino alla vittoria finale.







Giuseppe Garibaldi.




Elenco di alcuni caduti faentini:


Antonio Fontana, morto a Napoli
Francesco Gaddoni, morto il 18 gennaio 1861 per febbre tifoidea
Carlo Montanari, morto all'Ospedale di Caserta in seguito a ferite al torace riportate a Capua
Luigi Morini, morto all'Ospedale di Caserta in seguito a ferite riportate a S. Maria di Capua
Dionigi Samorini, caduto a Milazzo





Il 16 dicembre 1906 il settimanale locale faentino "Il Lamone"
riporta l'annuncio della morte del dott. Filippo Matteucci, descrivendone
sommariamente la sua vita di combattente nell'esercito garibaldino




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