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La Fontana è del Paganelli o di Castelli?
di Lucio Donati da: Il Piccolo, venerdì 21 febbraio 2014 Le vicende relative
all'esecuzione; della fontana, che diedero adito a un acceso dibattito
a fine Ottocento, hanno prodotto una nutrita letteratura e per quanto
concerne il progettista sono stati proposti due nomi, quello del
domenicano faentino Domenico Paganelli, sostenuto dalla tradizione, e
quello del ticinese Domenico Castelli detto il Fontanino, indicato da
Gian Marcello Valgimigli, in particolare in un saggio pubblicato nel
1873. L'opinione del Valgimigli fu contrastata dal canonico Ercole
Zaccaria nel 1897 e non condivisa anche da mons.Giuseppe Rossini
(vedasi schedario cronologico - anno 1621). A favore di Domenico
Paganelli abbiamo la testimonianza, poco lontana nel tempo, di Giulio
Cesare Tonducci (nato nel 1617) e il testo della succinta iscrizione
rinvenuta all'interno del monumento nel 1896, la quale cosi recita:
"Dominicus Paganellius faventinus architectus inventor". Che il
vocabolo "inventor" si riferisca alla sola idraulica, cioè “all'opera
grandiosa e ardua del rinvenimento e della condottazione dell'acqua"
(Messeri e Calzi 1909), è interpretazione poco convincente e d'altra
parte il Paganelli derivò l'acqua potabile da sorgive ben note ai
Faentini e da secoli chiamate "Le Fontane" (in Errano). Si deve poi
notare che in quei tempi il vocabolo "inventor" ha il significato di
"ideatore e autore" e non di "scopritore", come dimostrano innumerevoli
immagini realizzate con l'incisione. Avremmo poi la testimonianza
presente nella raccolta delle lettere dal cardinale Legato Domenico
Rivarola al Paganelli fra 1615 e 1619, in origine conservate nel
convento dei Domenicani e ora in Archivio di Stato: un anonimo
archivista del XVII secolo specifica che "il detto maestro Paganelli è
stato l'inventore et architetto di detta fontana", ma occorre fare
attenzione perché nella documentazione del tempo per "fontana"
s'intende a volte il condotto da Errano a Faenza e non il
monumento. La questione è comunque complessa, dovendosi accordare le
lettere suddette con i documenti prodotti dalla magistratura faentina e
in questi ultimi il Castelli è detto anche "architetto della fontana".
In particolare è significativa la lettera datata 6 ottobre 1616,
secondo cui un innominato scalpellino, al quale stava per essere
assegnato l'appalto "dell'opera dei marmi", non aveva potuto "mettere
in pianta grande la fontana" perché il Paganelli non aveva comunicato
le misure: se ne deduce che il frate domenicano doveva aver abbozzato
un progetto di massima in scala ridotta. Nella primavera del 1617
compare sulla scena l'architetto Domenico Castelli, ingaggiato dal
Rivarola, il quale aveva già eseguito i disegni, sia per i particolari
che per l'insieme, cioè quello chiamato "il disegno in grande con le
misure" che in data 8 novembre 1618 viene inviato al Paganelli affinché
potesse "farlo vedere a cotesti maestri che desiderano l'opera":
sappiamo, infatti, che gli artigiani che avrebbero partecipato alla
gara d'appalto avevano visionato i disegni a casa di Lodovico Viarani
"con la mezzanita (mediazione) del molto reverendo padre maestro
Domenico Paganelli": espressione inusuale che sottintende comunque la
paternità del progetto. E’ quindi evidente che il ticinese fu solo
esecutore tecnico e direttore dei lavori della fontana, che fu
terminata nel 1621: gli si può attribuire un intervento autonomo, in
particolare a proposito delle figure in bronzo. Diamo atto al canonico
Zaccaria di aver compreso gli esatti risvolti della faccenda,
restituendo al Paganelli il progetto della fontana monumentale.
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Il Fonte Monumentale oggi.
![]() Fonte Monumentale, leone rampante.
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