La Fontana Monumentale seicentesca ideata da Domenico Paganelli
di Lucio Donati
La tradizione locale, a
iniziare da Giulio Cesare Tonduzzi (1) vissuto dal 1617 al 1673,
aveva sempre indicato il frate domenicano faentino quale autore del
progetto del fonte pubblico, finché nel 1873 Gian Marcello Valgimigli
(2) lo attribuì al ticinese Domenico Castelli, detto il Fontanino
(1582?-1657), seguito poi da altri autori, tra i quali Franco Bertoni
secondo cui l’incarico dell’architettura fu affidato al ticinese “su
consiglio dello stesso Paganelli”, ma l’affermazione non trova
riscontro (3) . Nel frattempo l’attribuzione al Paganelli era stata
ribadita nel 1897 da Ercole Zaccaria e in seguito, fra gli altri,
da Pietro Lenzini e Stefano Saviotti; recentemente Gian Paolo Costa ha
riproposto il nome di Domenico Castelli (5). Si rende quindi necessaria una rivisitazione delle fonti storiche
conservate a Faenza le quali, ad una attenta analisi, lasciano pochi
dubbi su come effettivamente si svolse la vicenda; eviteremo inoltre
raffronti con opere faentine attribuite al Paganelli, al fine di
presentare dati veramente oggettivi. Ricordando che caratteri stilistici della fontana potrebbero rimandare
all’ambiente romano, ben conosciuto dal domenicano, non credo si
debbano individuare spunti “esoterici” nella struttura del monumento
che tra l’altro ha ben poca attinenza con una “Gerusalemme celeste”
cinquecentesca; infine una annotazione sugli animali in bronzo che,
comunque venissero interpretati, non ci aiuterebbero a individuare il
progettista: sembra in ogni caso scontato che i tre leoni simboleggino
la città di Faenza, piuttosto che rimandare allo stemma del cardinale
Domenico Rivarola. Si rammenta che il Castelli, nonostante il soprannome di “Fontanino” e
l’attività professionale in Roma relativa anche a strutture per la
conduzione di acqua potabile, non risulta abbia mai progettato fonti
monumentali; non v’è dubbio però che fosse esperto nella progettazione
tecnica di fontane (6) .

Il Duomo, il Fonte Monumentale e la Torre dell'Orologio
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Fra 1618 e 1625 lo troviamo in Romagna a regimentare corsi d’acqua
(7) e lo si direbbe, prima degli incarichi ricevuti nella
capitale, un bravo “perito idrostatico” operante nei territori dello
Stato Pontificio; relativamente al monumento faentino è opinione
diffusa che abbia avuto un ruolo non secondario nel disegno delle parti
in bronzo. La cronistoria dell’acquedotto faentino alimentato da
sorgive nei
pressi di Errano ci informa che in data 26 ottobre 1617 l’acqua sgorga
con vigore da una colonna allestita nell’angolo Nord-Ovest della piazza
principale; anche se i lavori del condotto non sono del tutto
perfezionati, il compito del Paganelli sembrerebbe terminato, ma lo
vediamo invece impegnato in prima persona fino al 1620 e
sicuramente a proposito della fontana monumentale in corso di
realizzazione: essendo però spesso assente da Faenza, si comprende
perché il cardinal Rivarola si fosse rivolto al Castelli per condurre a
termine l’opera, affidandogli anche la direzione dei lavori. Alcune
lettere scritte fra 12 ottobre 1616 e 2 agosto 1617 non è chiaro
se facciano riferimento allo scavo delle fondamenta del fonte (8) , ma
da due documenti del 6 ottobre 1616 risulta che fosse stato assegnato,
senza gara d’appalto, il lavoro dell’ornamento della fontana allo
scultore faentino Francesco Scala (9) : in effetti quest’ultimo aveva
esposto al cardinale legato Rivarola di essere impossibilitato a
mettere in pianta grande la fontana, poiché il Paganelli non aveva
indicato le misure (10). Si desume quindi che il frate domenicano aveva abbozzato il progetto
del monumento e non è da escludere che questo in un primo tempo fosse
stato previsto completamente in sasso (pietra d’Istria) anche per il
fatto che in data 8 novembre 1618 il Cardinale invia al Paganelli il
disegno della fontana di Faenza, con le misure, che potrà farla vedere
a cotesti maestri che desiderano l’opera, con dirli che và fatto di
metallo tutto quello si vede colorito (11). Nel frattempo, quindi, era stato revocato l’incarico allo Scala e si
era bandita una regolare gara d’appalto, questa volta sulla base di
disegni esecutivi realizzati da Domenico Castelli, disponibili per la
visione in parte nell’abitazione di Ludovico Viarani (uno dei
soprastanti ai lavori) e in parte nel Palazzo Pubblico, dove erano
anche le sagome di elementi particolari, senz’altro a grandezza reale.
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I disegni esecutivi erano stati approntati entro aprile del 1617,
poiché ai primi di maggio vengono presi accordi per la fornitura di
pietre overo marmori (cioè pietra del monte Lemio di Rovigno d’Istria)
secondo le misure indicate da Domenico Fontanino architetto del
Cardinal Legato: si tratta delle parti in sasso della fontana,
conformemente ai cartoni fatti e si citano i piedistalli dei draghi,
gli scalini, il vaso, la cimasa e gli alloggiamenti per fissare
l’inferriata (12). Fra 1617 e 1619 si stabilisce il luogo dove collocare la fontana ancora
da realizzarsi e a tal proposito era stato interpellato Domenico
Paganelli, tuttavia non fu scelta la soluzione indicata dal domenicano
e si optò per la Piazzetta tra la Cattedrale e la Strada maestra, cioè
il sito attuale, consigliandosi tra l’altro la demolizione di alcuni
edifici sul lato Est (13). Passiamo ora alla documentazione che interessa direttamente
l’assegnazione degli appalti per le opere in bronzo e pietra d’Istria,
nel periodo compreso tra 20 maggio e 3 luglio 1619 (14).
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Veniamo a sapere che i fonditori di Recanati avevano in precedenza
presa visione dei disegni esecutivi della fontana
(mediazione) con la mezzanitàdel molto reverendo padre maestro Domenico Paganelli, vale
a dire in presenza e con la consulenza di quest’ultimo: ciò conferma la
specifica di cui alla lettera del Rivarola in data 8 novembre
1618 e sottintende ovviamente che il Paganelli ebbe un ruolo di primo
piano nella progettazione non solo dell’acquedotto, ma anche del fonte
monumentale. In detti documenti si afferma che disegno o modello e pianta e profilo,
cioè i disegni esecutivi, erano stati eseguiti dal cavalier Domenico
Fontanino architetto del Cardinale Legato, così come era stato il
Castelli a dettare i capitolati d’appalto, fra cui è da rimarcare
quello con minuziosa descrizione, intitolato Capitoli da osservarsi
dalli capimastri piccapietre, overo scarpellini, che piglieranno
l’opera della fontana. In data 14 settembre 1620 gli elementi ornamentali in bronzo sono
praticamente realizzati e l’opera è lodata da tutti et è riuscita
benissimo (15) , mentre al 5 novembre troviamo il capitolato per la
realizzazione dell’inferriata: Capitoli da osservarsi dall’appaltatore
della ferrata, che deve farsi intorno alla nuova fontana della città di
Faenza, conforme al disegno et misure che gli seranno date dal signor
Domenico Castelli detto il Fontanino architetto di essa (16).
Da una minuta di lettera al Rivarola sappiamo che una prima
inaugurazione del monumento avvenne il 7 dicembre 1620 (17) : fu
scoperta la fontana il giorno di S. Savino, quando la processione
circondava la piazza, dal signor Fontanino: si mettono in evidenza
l’impeto dell’acqua e i relativi piacevoli giuochi (18) .

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Il Fonte Monumentale oggi
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In data 8 giugno 1621, essendo finita l’opera della fontana condotta e
fabbricata su la piazza, si eleggono due revisori dei conti per la
spesa complessiva (19) . Alcune delle testimonianze relative agli anni
dal 1617 al 1620 potrebbero indurre a considerare Domenico Castelli
ideatore del pregevole monumento faentino, ma si è visto come la figura
del Paganelli aleggi su tutta la vicenda e non bisogna dimenticare
l’iscrizione rinvenuta nel 1896 entro la fontana: Dominicus Paganellius
faventinus architectus inventor (20) . Che il vocabolo “inventor” si
riferisca alla sola idraulica, cioè “all’opera grandiosa ed ardua del
rinvenimento e della condottazione dell’acqua” (21) , è interpretazione
poco convincente e d’altra parte il Paganelli derivò l’acqua potabile
da sorgive ben note ai faentini e da secoli chiamate Le Fontane, in
Errano: anche per questo motivo mi pare che qui “inventor” abbia il
significato di “ideatore e autore” e non di “scopritore”, con
riferimento quindi più consono alla fontana che al solo acquedotto:
d’altra parte non risultano iscrizioni in tal senso che ricordino il
Castelli. Altre notizie a favore del Paganelli, a parte la letteratura prodotta
in ambito domenicano (22) , non possono essere probanti poiché nella
documentazione seicentesca, non di rado per “fontana” si intende
l’acquedotto, come anche nei due manoscritti del 1645 di Ottavio
Bandini; quest’ultimo aveva conosciuto di persona il Paganelli e non
nomina mai il Castelli (23). Estremamente significativa è una lettera del 20 gennaio 1620 inviata da
Ludovico Viarani allo scultore e fonditore Pietro Paolo Giacometti
secondo cui “un’aquila” (ovviamente il disegno) doveva essere fatta
esaminare al Paganelli: si conferma quindi il ruolo preminente di
quest’ultimo rispetto al Castelli (24) .
Mi piace concludere con la testimonianza del Tonduzzi che difficilmente
può essere smentita: Opera moderna, ma molto vaga e bella, è la
pubblica fontana copiosa di chiare e dolci acque che si partono tre
miglia sopra Faenza e vengono condotte per sotterranei cunicoli fino
alla piazza. E’ appoggiata agli angoli da tre grandi leoni di bronzo
che rappresentano l’arma della Comunità; ornata inoltre di vari draghi
e aquile alludenti all’impresa di Paolo papa quinto di casa Borghese,
nel cui pontificato fu eretta con denaro pubblico.
Insomma è una delle più riguardevoli opere che in tal genere si vedano:
disegno e invenzione del padre maestro frate Domenico Paganelli
faentino domenicano, insigne teologo e matematico illustre.
Lucio Donati, maggio 2014
Note
1) G. C. Tonduzzi, Historie di Faenza, 1675 p. 11
2) G. M. Valgimigli, La Torre dell’orologio e il Fonte pubblico, 1873
3) F. Bertoni, il fonte monumentale, <<Polis>> 1996
4) E. Zaccaria, Il Fonte monumentale di Faenza, 1897
5) <<Il Piccolo>>, Faenza, 27 luglio 2013
6) Dizionario Biografico degli Italiani, alla voce Castelli Domenico
7) L. Gambi, L’insediamento umano nella regione della bonifica romagnola, 1949 pp. 92 e 142
8) Sezione Archivio di Stato di Faenza, documenti dei Domenicani, A, 8, 2-4: n° 19 lettere del cardinale Rivarola al
Paganelli, dal 1614 al 1619
9) Sezione Archivio di Stato di Faenza, Comune di Faenza, Magistratura, Atti del Consiglio
10) Vedi nota 8
11) Vedi nota 8
12) Sezione Archivio di Stato di Faenza, Comune di Faenza, Magistratura, Istrumenti, vol. XIII, 2 e 3 maggio 1617
13) Atti del Consiglio, 21 agosto 1617 e 3 giugno 1619
14) Istrumenti, vol. XIV, in particolare alle pagine 19 e 22-28
15) Atti del Consiglio, p. 119
16) Atti del Consiglio, p. 129
17) All’epoca la festa di San Savino, con processione, si svolgeva in tale data
18) Comune di Faenza, Magistratura, Lettere in partenza, Rettori di Romagna, vol. I pag. 77
19) Atti del Consiglio,8 giugno 1621
20) E. Zaccaria, citato
21) A. Messeri – A. Calzi, Faenza nella storia e nell’arte, 1909 p. 566
22) A. D’Amato, I Domenicani a Faenza, 1997
23) Magistratura, Affari e scritture diverse, Miscellanea, Serie III, Busta 3
24) E. Zaccaria, citato
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