Il grattacielo di Eugenio Berardi: sognare il cielo

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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IL GRATTACIELO DI EUGENIO BERARDI: SOGNARE IL CIELO

Ennio Nonni

Come e stato possibile? All'inizio degli anni '50 un giovane ingegnere romagnolo, Eugenio Berardi (1921-1977), appena trentenne, irrompe nella riviera romagnola, prima a Milano Marittima poi a Cesenatico. È originario della bassa romagna; nasce l'8 luglio 1921 da una famiglia di agricoltori di via Cocorre 2 di Lugo e muore prematuramente a soli 56 anni il 15 luglio 1977. Di una famiglia semplice, dopo aver combattuto nella seconda guerra mondiale, per cui riceverà una croce al merito di guerra nel 1962, si laurea in ingegneria a Bologna nel 1949 e I'anno successive si iscrive all'albo e inizia la professione.


Eugenio Berardi.



Il libro a cura di Ennio Nonni
dal quale è tratta la biografia.



Il grattacielo di Cesenatico.
Apre il primo studio a Lugo, nel Pavaglione; all'inizio dell'attività realizza molte case unifamigliari in diversi comuni della romagna, poi, nel 1954 dopo il matrimonio con la prof. Marinella Ragazzini di Faenza (figlia di Vittorio Ragazzini, insigne latinista e Preside del liceo classico faentino dal 1939 al 1958), si trasferisce nella città Manfreda e imprime alla professione e al suo studio una dimensione imprenditoriale. L'ingegnere Berardi ha un carattere esuberante, volitivo, teso sempre a percorrere strade nuove, è affascinato dalle grandi imprese. II soprannome "teremot" non era certo casuale. È evidente che in questo lembo di Romagna le occasioni di lavoro erano moltissime per il giovane ingegnere, ma riguardavano case, condomini, edifici produttivi, magazzini: decisamente opere non all'altezza per una mente che correva verso ben altri orizzonti. L'assillo di lasciare impronte durature lo portò ad affrontare direttamente il problema: fondò in questi primi anni '50, a Faenza, la Società Immobiliare Marinella (dal nome della moglie), la S.I.M. Che doveva lanciarsi in imprese economiche alle quali nessuno aveva ancora pensato, all'insegna della innovazione e della grandiosità.
 La S.I.M. istituita con atto del 1 novembre 1956 è tuttora attiva. La Società era lo strumento che permetteva al giovane ingegnere Berardi, privo di risorse economiche, ma dotato di un coraggio senza precedenti, e totalmente indifferente alla ipotesi del fallimento, di soddisfare la sua esigenza di concretezza con progetti di dimensioni inusuali per la Romagna; solo così era appagata la sua ansia di sperimentazione e la ormai evidente necessità di travolgere ogni barriera, per imprimere segni duraturi. Ha 18 anni quando prende il via la seconda guerra mondiale e 24 anni quando la guerra finisce; a 28 anni si laurea in ingegneria, a 33 anni si sposa e a 34 anni realizza il primo grattacielo a Milano Marittima a sua firma, che sarà anche il primo in Italia. Solo soffermandosi su questi elementi biografici e sul relativo contesto storico si può intuire come la mente di un ragazzo possa essere forgiata per misurarsi con una impresa che ha dell'incredibile anche ora; anzi più che incredibile, oggi sarebbe un'opera irrealizzabile in Romagna, non tanto per ragioni di contesto ambientale quanto per la complessità dell'impresa economica e organizzativa, inglobata in una sapienza tecnica-innovativa largamente anticipatrice di problematiche future. In sostanza oggi, certamente rientrerebbe fra le tante occasioni perse. Cosa sarebbe Cesenatico nell'immaginario collettivo senza il grattacielo? A questa domanda però ha gia risposto la storia.




Targa posta all'interno dell'ingresso del grattacielo.



Due immagini della fine degli anni '50.




CESENATICO E LA TORRE CHE CAMBIÒ LA RIVIERA ROMAGNOLA
 
Chiara Bissi
In un libro di Ennio Nonni, l’avventura di uno straordinario progettista e imprenditore, Eugenio Berardi, che negli anni Cinquanta costruì il grattacielo in cemento armato più alto del mondo

     Un ragazzo, si direbbe oggi, un giovane ingegnere in cerca di una collocazione definitiva fra alta formazione, borse di studio e contratti a termine. Ma nel 1956 Eugenio Berardi da Lugo di anni ne ha 35 e con uno studio avviato a Faenza pensa che le esperienze edilizie americane sviluppate in verticale e le strutture in ferro di Chicago non siano irraggiungibili o siano gesti da ammirare solo in fotografia. Così complici due municipalità vicine solo dal punto di vista geografico, realizza a distanza di due anni le architetture verticali di Milano Marittima e di Cesenatico. Quest’ultima, il grattacielo Marinella II, terminato nel giugno del 1958 è inteso come segno identitario della località balneare, lanciata nella grande avventura del turismo di massa della Riviera romagnola. Ed è lì che sorge il grattacielo in cemento armato più alto d’Italia, quel Belpaese ancora ferito dalla devastazione della Seconda Guerra mondiale, che non disponeva delle risorse economiche per tali avventure fino alla costruzione del grattacielo Pirelli di Giò Ponti e della torre Velasca di BBPR a Milano.
Un’impresa raccontata dal volume “Cesenatico e il suo grattacielo” a cura di Ennio Nonni, Valfrido edizioni. Nonni, dirigente del comune di Faenza con Davide Gnola direttore della biblioteca e del museo della Marineria di Cesenatico, con Valentina Orioli, docente di tecnica e pianificazione dell’università di Bologna e Manuela Senese, architetto impegnata nello studio del restauro del moderno attraversa oltre cinquant’anni di storia italiana e romagnola scegliendo un unicum sorto in piazza Andrea Costa a pochi passi dal mare e dal Grand hotel di Cesenatico.
     «L’idea avvincente – scrive Nonni – è quella di concepire il grattacielo come un segno territoriale unico e non come un modello da replicare nella stessa località per assolvere ai problemi della crescita urbana». E ancora: «È evidente l’abisso culturale che intercorse fra queste “avventure” che vanno ben oltre l’aspetto edilizio e quanto si stava discutendo in altre città attorno al tema degli edifici alti; quasi sempre iniziative speculative, promosse da importanti gruppi finanziari».
Berardi allora incontrò prima il sindaco di Cervia Gino Pilandri, che gli rilasciò la licenza edilizia in un giorno. In un anno costruì con la propria la società immobiliare il grattacielo Marinella I, dedicato alla moglie, per un’altezza di 90 metri, inaugurato il 16 luglio del 1957. Un quartiere verticale con appartamenti da sei posti letto, con ristorante, negozi, servizi, terrazza belvedere. Il sindaco Primo Grassi nella vicina Cesenatico il 21 febbraio 1957 approva il progetto del Marinella II con 115 metri e 35 piani, in 17 giorni arriva la licenza edilizia per 31 piani, inaugurato nell’estate del 1958. Il grattacielo è rivestito in tessere ceramiche 2 centimetri per 2 nei colori del mare e della sabbia, rivestimento sostituito negli anni 2000 con piastrelle in gres porcellanato, a seguito di un intervento di riqualicazione. Una sfida nella sfida, una gara nella gara con il sindaco Grassi che saputo dell’altezza del grattacielo Pirelli fermo a 32 piani, chiese per campanilismo a Berardi di non fermarsi a 31 come da progetto. Così vennero realizzati due piani in più e la terrazza poi condonati nel 1958. La torre finita si presenta di 50mila metri cubi, 32 piani tipo (35 in totale) un’altezza di 113 metri e 200 milioni di lire di investimento. Le fondazioni sono imponenti con 210 pali in cemento di 15 metri con diametro di 53 cm collegati da un’unica platea nervata. Il tutto per 120 appartamenti, un night club, garage, lavanderia.
     Scrive lo stesso Berardi: «Sulle spiagge adriatiche sorgono ovunque villette ad un solo appartamento che ogni anno più infittiscono, quasi addossandosi le une alle altre, riducendo e quasi eliminando gli spazi verdi alberati tanto importanti per la riossigenazione dell’aria. Dal lato paesistico infine il grattacielo che si erge sulla riva del mare offre un notevole punto di riferimento e un richiamo efficace da notevoli distanze, sia dal mare che dalla terraferma. Si ritiene pertanto che questo progetto, abbastanza originale e ardito, incontri anche nelle autorità ministeriali quel favore che il pubblico di tutta l’Emilia gli ha dimostrato».
   


Il grattacielo in una foto della fine degli anni '50, e oggi.
   
 «Ancor oggi – afferma Manuela Senese ­– il grattacielo Marinella II mantiene il primato di essere il più alto edificio in Europa realizzato in cemento armato gettato in opera. La realizzazione delle fondazioni rappresentò di per sé uno sforzo ingegneristico enorme». Ma il grattacielo come provocazione, come icona irripetibile e come alternativa «all’inesorabile brulichio edilizio» descritto da Nonni e poi la mutazione della spiaggia che separa il mondo della pesca e del turismo, ricordata da Gnola non frenano «la corsa all’oro. Le spiagge e i terreni retrostanti, mai sfruttati diventano lotti dove costruire alberghi, stabilimenti, pensioni, case per le vacanze, bar negozi cinema, balere, colonie marine».
     Negli anni recenti non esistono imprese simili, la sensibilità verso le espansioni verticali è del tutto cambiata, prevale la personale conquista del lotto con giardino. Di certo oggi non sarebbe riproducibile l’effetto torre nella melassa di costruito dei lidi ravennati. Basti pensare la totale contrarietà espressa da un’intera comunità al progetto della società Pentagramma sulla spiaggia di Milano Marittima per un edificio di ben minori dimensioni, in breve ribattezzato il “tramezzino”. Diciotto piani, 200 appartamenti, 50 negozi a 50 metri dalla spiaggia firmato dall’architetto Mario Cuccinella. Un’operazione fuori contesto storico, presto naufragata, al quale doveva seguire la riqualificazione del quadrilatero e delle case dei salinari. Rimane aperta invece la vicenda della torre di Marina di Ravenna, 40 metri di albergo nell’area ex Xenos con un permesso di costruire da utilizzare per la società Comway con annessi esercizi commerciali e pubblici esercizi, e un ufficio informazioni turistiche del Comune. Anche lì tante le voci contrarie a uno sviluppo in altezza per la località, attaccata alle linee orizzontali del mare.

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