I vindêma (Vendemmiano)

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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I vindêma (Vendemmiano)

di Antonio Gallegati

I vindêma (Vendemmiano)

È settembre in Romagna, alle sue viti pendono grappoli d'uve nere e bionde che devono essere raccolti, ma non nei giorni delle quattro tempora (dopo il 14 settembre), perché era credenza che il vino ottenuto non rischiarava, e nemmeno quando spira il garbino (e' garben), perché il vino ottenuto inacidiva.
Durante la vendemmia usava che il contadino andasse dal padrone a chiedere il permesso di raccogliere un bigoncio ('d fé e' bgonz) di uva per fare il vino da consumare durante la vendemmia. Però succedeva spesso che il vino ricavato da quel bigoncio non bastasse. Così sempre quel bigoncio veniva sempre riempito di nuovo a discrezione del mezzadro.
Durante la vendemmia, specie se abbondante, tutta la famiglia è mobilitata. Prima si raccolgono i grappoli più maturi e quelli di scarto, avendo cura di lasciare maturare bene, in caso di bel tempo, l'uva sana, da vendersi o da vinificare dal padrone o dal contadino, che avrà provveduto a raccogliere entro l' 8 settembre i grappoli di uva bianca da legare in filza e riporre nel magazzeno per l'inverno e da conservare fino a Capodanno per propiziare alla famiglia fortuna e benessere. Il ronchetto recide e la mano sostiene e depone con gesto naturale i grappoli nel paniere che colmo viene vuotato in cassette di legno oppure nel grande cassone (e' navazz), pure di legno, posto sul barroccio tirato da una giovenca che segue i vendemmiatori lungo i filari. Ogni tanto un piluccare di acini per sentirne il sapore, per controllarne la maturazione, per stimarne la gradazione ed auspicare la qualità del vino. La "bëla burdëla" ha colmato il paniere. Non ne sente il peso.
Sembra assorta nel desiderio di partecipare con altre ragazze alla pigiatura, mentre vicino le donne della famiglia sono intente a raccogliere ogni grappolo, pregustando già il momento in cui potranno di nuovo accudire alle facende di casa specie al bucato da evitare durante la vendemmia, perché i panni resterebbero macchiati.
 Così tra il ronzio di api e vespe brulicanti attorno alle cassette ed i polli pronti a beccare l'acino caduto, la vendemmia continua festosa e faticosa, quasi a premiare, come l'ultimo dei grandi raccolti, il bravo coltivatore che da maggio, a settembre ha sempre temuto e trepidato per le avverse condizioni atmosferiche e che ora in cuor suo ringrazia la Providenza. Come un'offerta per grazia ricevuta donerà la sportina di uva alla vecchietta che con la carriola si reca di casa in casa a chiedere una bricciola del frutto migliore della sua terra.

La casa del contadino di Cesena, disegno di Pier Claudio Pantieri.


La vendemmia, disegno di Pier Claudio Pantieri.



I vindêma
ancora (Vendemmiano ancora)

"D' int a lazzer, ch'u s'inrusess la pampna,
e pend i grëp, che, a monzi, i bota e' ven:
tarbian, sansvzes, cagnina e bionda albana
che i met adoss passion d'amor e 'd ben".


(Dalle lacciaie, cui la pampina si arrossa,
pendono i grappoli che, a spremerli, buttano il vino:
trebbiano, sangiovese, cagnina e bionda albana
che inculcano sensi di amore e bene).


Così Libero Ercolani descrive "L'aria di vendemmia" e Pantieri ne raffigura il clima georgico in questa tavola in cui le figure dimostrano volti intenti a non sciupare i grappoli succosi e ben maturi. È la raccolta finale. Nemmeno un racimolo deve restare, perché anche questo ha ricevuto le stesse cure dei fratelli maggiori. Il cielo è ora terso e promette sereno, così come terso e sereno è il cuore del contadino che già sente il buon odore del vino e ne pregusta il gradito sapore.
Man mano che la vendemmia termina in un filare o in una vigna, le viti sembrano felici di liberarsi del peso. I tralci penduli nella loro povertà dimessa si preparano  donare alle foglie i meravigliosi colori dell'autunno: dal giallo canarino, al rosso scarlatto, con iridescenze ancora di verde sempre più tenue. I saettoni che sostenevano i tralci del filare tra l'olmo ed il filo allentato vengono abbassati per facilitare durante l'inverno la potatura.
La buona terra rossa della collina, la terra scura della pianura hanno ancora una volta, come sempre, premiato la fatica dell'uomo. Il sole dell'estate, la pioggia benefica degli acquazzoni ha alimentato la terra da cui la vite ha tratto l'alimento per nutrire quel frutto che dona, secondo Pasteur, "una bevanda sana e igienica" che rende più saporito il cibo e fa più buono il sangue.
È autunno, è stagione di semina, è stagione in cui a giornate di sereno si alternano giornate di nebbia e di pioggia.
È stagione di intimità ritrovata nel tepore della casa, ove il fuoco comincia ad ardere più di frequente.
La pergola dello zibibbo davanti alla porta di casa, anch'essa ormai spoglia, lascia vedere il verderame e la campagna, sino all'ultimo orizzonte, si prepara sotto nuova luce a mostrare gli ultimi vivi colori.
Il sole autunnale illumina dolcemente l'immagine di ogni cosa, rendendola più tenue nel chiarore ovattato delle prime nebbie serali.


Vendemmiano ancora, disegno di Pier Claudio Pantieri.


La casa in collina, disegno di Pier Claudio Pantieri.

Il presente articolo è stato pubblicato nel mese di novembre 1982 nel libro "Rumâgna tëra de' bê" (Romagna terra del vino) di Pier Claudio Pantieri e Antonio Gallegati, editore Walberti, Lugo.


ANTONIO GALLEGATI, nasce a Faenza il 6 luglio 1918. Consegue I'abilitazione magistrate nel 1937 da privatista, dopo aver frequentato il Ginnasio ed i primi due anni di liceo in collegio. Nel 1969  pubblica un volume di poesie in lingua: "Fiorita di sole" e nel 1971 un saggio critico sulla poesia di Giovanni Chiapparini: "Un classico della poesia italiana". Dal 1968 sino alla morte collabora attivamente alla Rivista "La Piȇ", fondata da Aldo Spallicci con articoli di saggistica, poesie in dialetto e recensioni di libri. Suoi scritti sono stati pubblicati in quotidiani e riviste di carattere regionale. Dal 1971 e per molti anni organizza i Trebbi Spallicciani: raduni popolari che rendono diretto e familiare il contatto della gente di Romagna coi suoi artisti, poeti, uomini di studio e cultura per meglio valutarne intendimenti ed opere. Questi raduni si svolgono nelle località di Romagna di maggior interesse storico, culturale, paesaggistico e turistico, con particolare riguardo a quelle meno note, perché i romagnoli sempre più apprezzino la loro terra in fraternità di sentimenti e nel ricordo delle tradizioni dei padri. Ha tenuto varie conferenze su Aldo Spallicci e su Giovanni Chiapparini e su altri poeti dialettali scomparsi. Suoi saggi sono risultati vincitori del Premio letterario "II Pavaglione" indetto da quella Accademia di Bologna. Antonio Gallegati muore a Forlì il 4 marzo 1990.

PIER CLAUDIO PANTIERI
, dopo gli studi di pittura, ceramica e mosaico all'Istituto dell'Arte di Faenza e all'Accademia di Ravenna, dal 1950 al 1958, ha vinto numerosi premi internazionali per la ceramica a Faenza, Vicenza, Ancona e Pesaro, divenendo in breve tempo uno dei più quotati maestri, creatore di nuove tecniche; il suo stile influenzò lo sviluppo di quell'arte. Anche per il mosaico, nel 1952 a Ravenna, ottenne un Premio Nazionale. È invitato alla triennale di Milano e alla Quadriennale di Roma. Nel 1959 abbandona la sua attività di ceramista e mosaicista per dedicarsi alla pittura e soggiorna a Parigi e a Colonia. Vince il premio "Michetti" a Francavilla a Mare e il 1° Premio Nazionale "Silvestro Lega" a Modigliana. Nel 1960 la Galleria " Paul Ambroise" di Parigi gli organizza una mostra personale che riscuote un vivo successo di critica e di pubblico, iniziando così un ciclo di mostre personali nelle più importanti Gallerie europee e negli Stati Uniti d'America.



  Antonio Gallegati

Pier Claudio Pantieri


Copertina del volume dal quale è tratto l'articolo qui riprodotto.


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