«La nostra città? Regina in diplomazia e politica»

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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«La nostra città? Regina in diplomazia e politica»

Gabriele Albonetti e 7 giovani studiosi pubblicano col Ponte Vecchio la  "Storia di Faenza"

di Filippo Donati

articolo pubblicato da "Il Resto del Carlino" il 4 ottobre 2018


   Arriverà in libreria ad inizio dicembre la "Storia di Faenza" pubblicata dalla casa editrice Il Ponte Vecchio, che con questo volume completa la propria serie dedicata alle principali città romagnole, cominciata nel 2013. Suoi autori sono l'ex deputato Gabriele Albonetti e sette giovani studiosi di storia locale - i giovani faentini Chiara Cenni, Nicola Oriani, Angelo Alberti, Mattia Randi, e Alberto Fuschini, insieme a Pier Angelo Lazzari e Serena Bonato. Un'indagine "dalla preistoria all'anno Duemila", come recita il sottotitolo del volume, arricchito da circa 200 foto e composto da otto parti, ciascuna curata da uno degli autori. «Il nostro si propone come un libro divulgativo - precisa Gabriele Albonetti, che ha curato la sezione dedicata a preistoria e protostoria - ma è comunque il primo a tentare di affrontare la storia della città dalle origini fino al presente».  Il volume restiruisce la statura di una realtà urbana che è stata spesso protagonista, come durante l'età Manfrediana - che più di ogni altra ha lasciato la propria impronta sulla città - il Cinquecento (quando fu teatro della attività diplomatiche di Machiavelli e Guicciardini), o i periodi napoleonico e rinascimentale, in cui Faenza diede un contributo importante alla causa prima giacobina e poi unitaria. «Di quel periodo dobbiamo evidenziare il patto tra mazziniani e cavouriani, indice di una maturità di pensiero che aveva riconosciuto la fragilità delle vie battute da Pisacane o da attentatori quali Pianori e Orsini» Non sono mancati i casi in cui Faenza ha recitato una propria parte in eventi che hanno segnato la storia del mondo: ne sono un esempio l'intervento di Francesco Carchidio nel conflitto coloniale per eccellenza, quello del Sudan, o le geste del generale Filippo Severoli, il cui nome fu scolpito, per volere di Napoleone, sull'Arco di Trionfo. Preziosa l'attenzione dedicata ai periodi «dimenticati» della storia cittadina, come il Seicento: «un secolo poco indagato dalla storiografia», prosegue Albonetti. «Eppure è allora che prende forma l'organizzazione profonda della città. L'economia agricola del territorio si è sempre fondata sulla mezzadria: l'egemonia che il pensiero cattolico esercitava su quel mondo ha effetti ancora visibili nelle dinamiche della città».

Presentazione

   In principio furono probabilmente acquitrini e paludi, foreste e selve, zanzare e malaria, e i primi abitanti di queste lande scelsero di stare un po’ più in alto, sui terrazzamenti pedemontani, come il colle di Persolino. Chi erano? Villanoviani, Umbri, Sabini, Etruschi? Forse tutti questi, sovrapponendosi lungo i millenni e i secoli alla confluenza del Marzeno con il Lamone. E i Faventini precedettero la fondazione della città romana e vi diedero il nome? O viceversa? La Faventia romana nacque contestualmente alla via Emilia o molto dopo? Dopo la crisi della Ravenna bizantina dalla cui vicinanza aveva tratto fortuna e ricchezza, quale fu il suo destino durante la guerra gotica e quante volte la conquistarono i Longobardi? Domande alle quali questo libro cerca di dare una risposta. Poi venne il medioevo, con la nascita del Comune e di seguito la Signoria dei Manfredi, le lotte, gli odi e gli amori, i santi e gli avventurieri, ma anche la miseria del popolo e la peste che più volte si è abbattuta sulla città e sul contado, mietendo migliaia di vittime. Guicciardini e Machiavelli sono qui, per un breve periodo, nel ‘500, poi arriva il potere papale, ma anche la Riforma protestante, della quale Faenza sarà uno dei centri italiani più importanti, pagandone il prezzo in vite umane e umiliazioni durante l’Inquisizione. Nei secoli successivi si forma la struttura urbana della città moderna, con le eccellenze del neoclassicismo, ma anche le arretratezze croniche dell’economia e della società. E infine dalla venuta di Napoleone fino al Risorgimento, dall’unità italiana fino alle due guerre mondiali e al fascismo, dalla ricostruzione ai giorni nostri, si dipana questa nostra storia alla ricerca di un senso nelle vite dei nostri avi e quindi anche nella nostra, in questo tempo così incerto nei riferimenti con il passato e con il futuro.


Copertina del libro.

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