LO ZUCCHERIFICIO DI GRANAROLO
di Stefano Saviotti
L’area
dello zuccherificio si trova a nord-est rispetto al perimetro
dell’antico Castello di Granarolo, centro abitato fortificato dai
Manfredi nel XV secolo. Fino alla costruzione dello zuccherificio,
l’area in questione era in parte destinata ad uso agricolo, ed in parte
occupata dalle cave di argilla della fornace Archi.
Fino a
dopo la prima Guerra Mondiale, Granarolo era un luogo privo
d’insediamenti industriali, e l’economia viveva un periodo di crisi
come il resto della nazione, fiaccata dal conflitto e dall’incertezza
politica. La decisione di costruire un grande zuccherificio piombò
improvvisa sulla piccola comunità nel 1924, su pressione della Società
Agricola Industriale “Lamone”, con sede a Ferrara, che già possedeva un
altro impianto a Mezzano. Per paura che la concorrenza costruisse per
prima un impianto nelle fertili campagne faentine, assorbendo l’intera
produzione bieticola, la Società offrì al Comune un’occasione d’oro per
dimostrare l’impegno delle autorità del nuovo regime fascista contro la
disoccupazione, ed ebbe subito carta bianca per realizzare lo
stabilimento.
La posa
della prima pietra avvenne il 17 febbraio 1924, alla presenza di
Arnaldo Mussolini e di tutte le autorità locali e provinciali, ed i
lavori procedettero con una velocità impressionante. Mediante Licenza
d’Ornato Prot. 627 del 28 febbraio, la Società Lamone ebbe il permesso
di costruire i quattro edifici prospettanti la strada comunale di
Granarolo (oggi della Repubblica), destinati a portineria ed abitazioni
per impiegati ed operai. Per il corpo produttivo vero e proprio non si
è invece potuto rintracciare alcuna licenza, forse perché non era
direttamente prospiciente la strada e quindi non soggetto a permessi,
secondo il Regolamento Edilizio dell’epoca. Come si vede dalle foto
d’epoca, esso era composto da un grande ed alto edificio a pianta
centrale, con un singolare tetto a più falde (fabbricato macchine);
dietro, staccato, ve n’era un altro molto più basso (fabbricato
caldaie), dotato di una curiosa ciminiera svasata.
In data 22
aprile, il Consiglio Comunale concesse il permesso di attraversare la
via di Granarolo con un binario ferroviario per collegare lo
stabilimento alla strada ferrata. Nello stesso giorno fu accordata una
licenza per la costruzione di altri quattro fabbricati, posti fra i
precedenti ed il reparto di lavorazione. Essi comprendevano un grande
magazzino per lo stoccaggio dello zucchero, un’officina, il magazzino
delle materie prime e gli uffici. Tutti gli edifici erano costruiti con
muratura di mattoni a vista e grandi finestre, secondo l’architettura
industriale dell’epoca.
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Due immagini dello Zuccherificio di Granarolo
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Ad est del
fabbricato macchine vi era il piazzale di scarico, dove arrivavano
anche due binari; da qui i vagoni ed i camion potevano scaricare le
bietole entro delle lunghe banchine rialzate, in muratura, dotate di
tramogge.
Nel mese
di ottobre lo stabilimento era già terminato, ed avviò una fase di
produzione a titolo sperimentale; purtroppo, pur di terminare al più
presto l’opera, nessuno aveva pensato all’inquinamento che sarebbe
derivato dagli scarichi dello stabilimento. Le acque di lavorazione,
attinte dal Naviglio, furono così scaricate nel Fosso Vecchio,
producendo miasmi pestilenziali e causando proteste da parte degli
abitanti e del Consorzio che gestiva lo scolo suddetto.
Lo
stabilimento fu allora chiuso, e si avviò una fase di studi febbrili
per risolvere il problema. Ben due commissioni tecnico-mediche si
alternarono, giungendo alle stesse conclusioni. Le acque di condensa,
non inquinate, potevano essere restituite al Naviglio, mentre quelle di
lavaggio, filtrate due volte, sarebbero state scaricate nel Rio
Fantino. Il vero problema era dato dalle acque putrescibili, per le
quali si studiò un sistema di decantazione mediante due vasche
successive ove si sarebbero sviluppate tutte le fermentazioni prima
dello scarico nel Fosso Vecchio. Il Consorzio provò ad opporsi, ma con
decreto del 24 giugno 1926 il Prefetto gli impose di accogliere nel
canale le acque trattate.
Lo
zuccherificio poté quindi riprendere a pieno ritmo l’attività, che si
concentrava nei mesi fra agosto ed ottobre e richiedeva un consumo di
circa 100 litri d’acqua al secondo. Nel 1931 fu costruita una cabina
per i contatori elettrici e la motopompa centrifuga.
In base ai vecchi dati catastali, questa è la seguente, purtroppo sintetica descrizione del grande stabilimento:
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Fabbricato macchine |
piani 7 vani 9 |
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Fabbricato caldaie
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piani 2 vani 2 |
Magazzino zuccheri
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piani 1 vani 5 |
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Fabbricato officina |
piani 1 vani 5 |
Magazzino scorte |
piani 1 vani 7 |
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Fabbricato uffici |
piani 2 vani 19 |
Portineria ed uffici Finanza |
piani 3 vani 9 |
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Abitazione operai
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piani 2 vani 17 |
Abitazione operai
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piani 2 vani 12 |
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Abitazione impiegati
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piani 2 vani 8 |
Refettorio operai e pesa
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piani 1 vani 5 |
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Laboratorio analisi bietole e pesa |
piani 1 vani 5 |
Tettoia facchini bietole
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piani 1 vani 2 |
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Deposito infiammabili
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piani 1 vani 1 |
Fabbricato bilico vuoti
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piani 1 vani 1 |
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Cabina pompe
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piani 1
vani 1 |
Serbatoio melasso |
piani 1 vani 1 |
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Silos per bietole
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piani 1 vani 4 |
Silos per bietole
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piani 1 vani 2 |
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Cabina contatori elettrici
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piani 1
vani 1 |
Fabbricato per water
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piani 1 vani 2 |
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Fabbricato per water |
piani 1
vani 1 |
Fabbricato per water
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piani 1 vani 2 |
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Un altro edificio di abitazione, comprendente anche il
circolo degli impiegati, si trova tuttora sul lato opposto di via della
Repubblica (allora parte di via Zanzi). Mediante atto di fusione di
Società Anonime rogitato dal Notaio Paolo Cassanello di Genova in data
23 dicembre 1929, lo stabilimento fu intestato alla Società Anonima
“Zuccherifici Nazionali” con sede nel capoluogo ligure. Tramite un
successivo atto di fusione rogitato dallo stesso Notaio il 23 novembre
1930, l’intestazione divenne “Eridania Società Industriale con sede in
Genova”.
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Granarolo Faentino, lo Zuccherificio.
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Nel 1932, la partita catastale diventò a nome “Eridania Zuccherifici
Nazionali Società Anonima con sede in Genova”. Nel 1936, la fornace
Archi fu aggiudicata all’Eridania mediante asta pubblica (sentenza 17
novembre emessa dal Tribunale di Ravenna) ed annessa all’area dello
stabilimento. La vecchia fornace Hoffmann fu demolita, e parte del
terreno annesso fu occupata da nuove vasche di decantazione, che forse
occuparono lo spazio delle buche di cava.
Una relazione sui danni di guerra compilata dal Comune nel 1945 (AS
Faenza, Carteggio del Comune, 1945, Tit. VIII-3, inserto 15) riporta
che lo zuccherificio era stato gravemente danneggiato dai
bombardamenti, ma che era già in riparazione. Presso la Biblioteca
decentrata di Granarolo è conservata copia di una foto aerea, datata 4
gennaio 1945, scattata da ricognitori inglesi, e proveniente dall’Air
Photo Library del Dipartimento di Geografia della Keele University.
Essa mostra tutto il complesso dello zuccherificio, integro, con le
banchine di scarico ed i binari, le vasche di decantazione (in totale
cinque) ed una viabilità interna che segue il confine tra gli attuali
mappali 23 e 173, e si unisce ad un altro stradello curvo proveniente
dall’ex fornace (demolita) dirigendosi infine verso la ferrovia. Da
tale foto è stata ricavata la planimetria allegata, che riporta anche
le destinazioni d’uso dei diversi fabbricati.
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PIANTA DELLO ZUCCHERIFICIO DI GRANAROLO NEL 1945
RICAVATA DA UNA FOTO AEREA DELL’EPOCA
LEGENDA
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1 – Sito della fornace Archi, demolita forse nel 1937.
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2 – Vasca di decantazione realizzata tra il 1937 e il 1945, divisa in tre bacini.
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3 – Vasca di decantazione realizzata nel 1926, divisa in due bacini.
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4 – Sito della casa colonica demolita prima del 1945.
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5 – Fabbricato caldaie.
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6 – Fabbricato macchine.
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7 – Banchine di scarico con tramogge.
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8 – Magazzino zuccheri.
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9 – Officina.
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10 – Magazzino scorte.
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11 – Uffici.
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12 – Palazzina d’abitazione già esistente prima della costruzione dello stabilimento.
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13 – Portineria ed abitazioni per impiegati e operai.
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14 – Vialetto d’accesso al fabbricato macchine.
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15 – Viale d’accesso per i camion.
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16 – Viabilità interna.
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Negli anni Cinquanta furono svolti alcuni lavori di ammodernamento:
tettoie, silos e piccoli volumi tecnici, ed inoltre l’estensione dei
binari ferroviari all’interno dell’area, lo scavo di una nuova piccola
vasca a nord ed alcune modifiche alla configurazione delle altre vasche.
Da testimonianze orali raccolte in loco, pare che lo stabilimento sia
rimasto in attività fino alla fine degli anni Sessanta del Novecento.
Dopo la dismissione, nel giro di qualche tempo i fabbricati macchine e
caldaie furono demoliti.
Una parte della vasca sud fu interrata negli anni Settanta per
realizzare una piccola lottizzazione residenziale (vie Ceroni ed
Ancarani), mentre la piccola vasca a nord subì contemporaneamente la
stessa sorte per consentire lo sviluppo di un’area produttiva sul luogo
della demolita fornace Archi. Al giorno d’oggi rimangono solo due
bacini su tre della vasca centrale, trasformati in laghetti per la
pesca sportiva. I fabbricati superstiti dello stabilimento, dopo un
lungo periodo di abbandono sono stati restaurati verso il 1995 su
progetto dello studio Clerici - De Molinari di Milano e riconvertiti
alla produzione di abbigliamento. L’ampia fascia di terreno
retrostante, fra la ferrovia ed i laghetti, è invece ancora in
abbandono ed occupata solo da un paio di piccoli capanni senza valore,
un tempo a servizio dello zuccherificio.
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