Le presunte "Case Manfredi" nel Trivio di San Michele

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Le presunte "Case Manfredi" nel trivio di San Michele

di Lucio Donati

da: 2001 Romagna, n° 134, giugno 2010



II corpo di fabbrica in angolo vie Manfredi e Comandini, in parte acquisito recentemente dal Comune di Faenza in previsione di ampliamento della Biblioteca, viene indicato normalmente come antica proprietà dei Signori di Faenza: ad avvalorare questa tesi non esiste alcun documento diretto, ma solo una testimonianza del Tolosano che non offre indicazioni precise. Narra infatti il Cronista che nel 1165 (ma probabilmente nel 1164) l’imperatore Federico I, di passaggio da Faenza, venne ospitato nella casa dei fratelli Guido ed Enrico Manfredi ed in suo onore fu organizzato un torneo nel Broilo; si aggiunga a questo che nel 1168 i Faentini e Guido Guerra si riappacificarono "ante domos" dei sopraddetti Manfredi.
Bartolomeo Righi (1767 - 1846) aggiunge che detta casa «era situata in via Broilo, e che è quella stessa che a’ dì nostri appartiene ai fratelli Vincenzo e Leonida Caldesi».
Sviluppa il concetto G.M. Valgimigli (1813 - 1877), informando che la casa era situata nel Broilo « che importa un luogo suburbano di Faenza e così appellate da uno o più orti ivi esistenti, e sorgeva essa secondo costante ed antichissima tradizione» nell'angolo nord-est del trivio di San Michele.
Rammentando che anche la chiesa di S.Michele nel 1301 è detta "in Broilo" (ma che forse è refuso), nel 1164 e 1168 il riferimento è ovviamente ad un'area non edificata che ha trasmesso il nome alla scomparsa S.Maria in Broilo, chiesa ricordata dal 1043 e ubicata in angolo vie Baroncina e Foschini: era compreso anche l’orto un tempo del convento dei Servi di Maria, che troviamo ancora nel catasto napoleonico-pontificio al mappale 882 e che in origine poteva costituire corpo unico con l'area ove furono in seguito allestiti i due chiostri dei Serviti, ma verso la meta del XII secolo tali due aree erano certamente divise dalla cinta difensiva in corrispondenza del vicolo chiuso che lambiva il convento verso ovest. Quindi l'orto o Broilo era quello a est del vicolo suddetto e doveva estendersi fino al fiume Lamone: questa zona, seppure suburbana, era comunque ben difesa da elementi naturali o canalizzazioni.
Continuando la recensione di quanti hanno scritto a tal proposito, mi pare che Antonio Medri e Giuseppe Rossini accettino passivamente il commento del Valgimigli, senza indagare oltre; più categorico Piero Zama che cosi si esprime: «Quelle case si trovano là dove sorgono ora altri edifici cinquecenteschi che tuttavia conservano sempre da parte del volgo il nome di Case Manfredi, e che sono attigui all'attuale palazzo della Biblioteca comunale, nel crocicchio di via Comandini con via Manfredi... In onore dell’Imperatore fu fatto un grande torneo in un luogo detto Broglio, quasi attiguo alle case Manfredi: il qual luogo era la dove trovasi adesso la via Baroncina ed aveva tal nome perché si trattava quasi certamente di uno spiazzo di terreno ad orto dietro le case dei Manfredi recinto da mura» (1). Potremmo anche tradurre 1'avverbio "ante" del Tolosano con "presso", ma ben difficilmente un torneo con armati a cavallo poteva essere svolto nell'area che occuperanno i due chiostri dei Serviti.
In una sola pubblicazione si esprimono dubbi sulla proprietà della casa in oggetto, affermandosi che era stata «forse in passato dei Manfredi»(2).
A questo punto entra in ballo l'architetto Ennio Golfieri che ci offre oltretutto dettagliate planimetrie della zona in questione, ma è evidente come si barcameni fra soluzioni ipotetiche ed anche non in sintonia con le fonti storiche, ritenendo ad esempio che l'antica S.Maria in Curte fosse cappella dei Manfredi e attigua alle case di questi mentre la chiesa fu concessa ad inizio secolo XIV dal Vescovo ai Serviti e i documenti ci indicano solo che confinava con beni del casato Azzoni, come indicato anche nel volume di C.Mazzotti e A.Corbara (3): la forzatura e forse dovuta al fatto che Francesco I Manfredi diede il proprio contributo all'erezione del convento, ma non viene specificato che si trattasse della donazione di terreni o stabili.
Golfieri afferma inoltre che «la Cappellina (S.Maria in Curte) sorgesse nel Broilo privato dei Manfredi, mentre la chiesa di S.Maria in Broilo, detta poi "la Baroncina", era sorta nel più vasto Brolio pubblico sotto le mura di Faenza».
D'altra parte la topografia dell'isolato tra le vie Saffi, Manfredi e Comandini non è affatto chiara per i secoli XII-XIV, inducendo lo stesso Golfieri a presentare due soluzioni diverse a distanza di pochi anni; in occasione di un convegno tenutosi nel 1974 egli redige una planimetria che nella pubblicazione degli atti (4) lascia invariata, mentre il testo viene cosi modificato: «Quanto all'estensione della proprietà dei Manfredi confinante con S.Maria in Curte e la primitiva chiesa dei Servi, riconosco di aver largheggiato... Sono disposto a credere che fosse più ridotta e che sopra tutto vada esclusa una striscia di case sul fronte della strada (oggi via Manfredi) almeno fino all'altezza del secondo chiostro dell'attuale Biblioteca, mentre all'interno, sulle mura, forse la proprietà dei Manfredi si inoltrava di più verso la chiesa di S.Maria in Curte detta la Cappellina la quale poteva essere un poco più arretrata rispetto al corso di Porta Ponte, di quello che risulta indicato nella Planimetria». La planimetria definitiva viene proposta in altra pubblicazione (5), sempre coi soliti presupposti ipotetici, ma ciò che più meraviglia è la ricostruzione della proprietà immobiliare di Francesco Manfredi in Faenza, che è in contrasto con tutta la documentazione conosciuta. Francesco I avrebbe lasciato ai parenti interno al 1320 «le antiche case avite a fianco del Duomo e nel trivio di S.Michele» e nel 1361 il cardinal Albornoz avrebbe decretato la demolizione delle case Manfredi in corso Garibaldi, nel luogo detto poi "il guasto", ma pare non infierisse contro le case manfrediane di S.Michele «che forse erano abitate da altri discendenti di Francesco I».
Si sommano in tal mode affermazioni incontrollabili, mentre nessuna fonte ci indica un Manfredi abitante in parrocchia di S.Michele ed il detto Francesco nel 1336 ha casa in S.Stefano (6) e nel 1343 in S.Salvatore (7).
II portale con arco a sesto acuto su via Manfredi è datato dallo stesso Golfieri fra XIII e XIV secolo e trova riscontro con quello del palazzo Gucci in via Costa e con le torri dell'antico Ponte del Borgo: questa constatazione ci offre lo spunto per ricordare che altre dimore dotate di qualche pregio architettonico sono state talvolta erroneamente attribuite ai Manfredi, almeno in origine, come lo stesso palazzo Gucci o le "case Ragnoli".
E’ merito di Lorenzo Savelli un'indagine architettonica e strutturale più approfondita delle "case Manfredi", avendo oltretutto individuato un’originaria casa-torre, però lo scomparso studioso rimane ancorato alla solita attribuzione: «Casa Manfredi, via Comandini 2. E' sempre stata considerata 1'antica residenza dei Manfredi: infatti nell'andito d'ingresso vi sono peducci sui quali è scolpita 1'impresa manfrediana della palma fiorita. Invece, in un capitello del portico che prospetta il cortile, compare lo stemma dei Viarani. Ad un'attenta osservazione il portico, con sovrastante loggia, sembra essere un'aggiunta successiva all'originario corpo di fabbricato lungo la strada, in quanto vi è un disassamento tra la volta dell'andito d'ingresso e l'arco del portico. In molti documenti il nome dei Viarani compare tra le famiglie abitanti in parrocchia di S.Michele, chiesa nel cui ambito era compresa la casa. Ulteriore prova che i Viarani ne fossero ab antique i proprietari è che, in una pianta della metà dell'Ottocento, la strada è detta chiaramente via Viarani»(8).
Detto per inciso che a Faenza vi è un "vicolo Viarani" che è errore per "Varani" (casato che nulla ha a che fare con l'altro), vedremo in seguito che le presunte "case Manfredi" furono ancor prima dei Bazolini; la constatazione di Savelli a proposito dell'impresa manfrediana è facile da smentire, in quanto tratterebbesi più precisamente dell'impresa personale di Galeotto Manfredi, le cui proprietà immobiliari in Faenza sono ben documentate ed in ultima analisi non si possono neppure collegare alle note vicende dei Viarani relative agli anni 1469-70, in conseguenza delle quali il vescovo Federico riuscì ad acquistare alcune case dei Viarani in cappella di S.Severo: all'epoca questi ultimi non erano ancora in S.Michele.
Comunque sia, è aleatorio voler riconoscere nei suddetti peducci della volta dell'ingresso l'impresa di Galeotto, cosi come nei peducci relativi al palazzo Zauli-Naldi di corso Matteotti (ex locanda del Leone), uno dei quali presenta una palma "non fiorita" (9); in questo caso tuttavia trattasi di fabbricato veramente in proprietà di Galeotto e che, come è noto, fu ceduto nel 1486 a Damiano d'Alia detto il Cremonino: non è escluso che lo stabile fosse dei Manfredi sin dal 1430.












Planimetria ricostruttiva dell'area in oggetto











Angolo delle "case Manfredi", all'incrocio delle vie Manfredi e Comandini










Portico e loggiato nel cortile dello stabile di proprietà del Comune di Faenza. Le due foto sono tyratte dal volume "Faventia-Faenza" di E. Golfieri
Credo sia più logico vedere in dette "palme" uno dei tanti motivi ornamentali tipici
del Rinascimento, più che emblemi o imprese, contrariamente allo stemma Viarani individuato da Savelli.
Segue ora una rapida carrellata circa le altre dimore dei Manfredi, facendo notare che, quando non specificata, la fonte e rintracciabile nei manoscritti di monsignor Giuseppe Rosssini (10). II Tolosano segnala che nel 1103 furono distrutte le case di Alberico di Guido di Manfredo, ma non sappiamo dove fossero; dal 1413 ne sono censite in S.Maria Guidonis, probabilmente quelle ricostruite nel sito detto "il guasto" nel 1462, dove furono le case degli antenati di Astorgio II (11): in seguito tale area fu occupata dal Monte di Pietà. Dal 1447 si citano le case in S.Salvatore, dal 1430 in S.Ippolito e dal 1496 in S.Nicolò ; sappiamo poi fra 1466 e 1512 di orto e casette in S.Maria del Bondiolo, nel luogo dove fu eretta la chiesa di S.Maria Maddalena dei Gesuati.
Afferma Gaetano Ballardini che Galeotto Manfredi cedette ai suoi creditori anche una casa in corso Saffi, che indica al civico 32, sul versante nord, da dove proviene un soffitto ligneo ora conservato in Pinacoteca.
Facciamo presente che relativamente al "percorso dei banditori" di cui agli Statuti cittadini del 1414 è indicata la "casa di Tino Manfredi in strada maggiore", che L. Savelli posiziona, credo correttamente, all'altezza della chiesa del Suffragio; è censito anche il "trivio di S.Michele", ma non si fa cenno a proprietà dei Manfredi nei paraggi: già questo può costituire indizio.
Poiché non risultano stabili in parrocchia di S.Michele, restano da analizzare quelli di S.Maria in Broilo, che personalmente ritengo fondamentali per la tesi che vado esponendo.
Fra gli atti del notaio Giacomo Casali, nella seconda metà del XIV secolo (12), alcuni esponenti del casato Manfredi, precisamente Bernardo e Guglielmo del fu Giovanni e Alberico del fu Cichino, affittano ben sei case contigue, situate in detta cappella, presso la strada di Porta del Ponte (corso Saffi); poiché si nomina altra strada tra i confini, è logico ritenere che dette case fossero dislocate ai lati di via Baroncina: rimane, a ben vedere, la remota possibilità che le case fossero sul lato nord del corso, poiché sappiamo che S. Maria in Broilo aveva cura d'anime anche su un'esigua area a ridosso dell'Ospitale del SS. Crocifisso, ma se così fosse troveremmo maggior corrispondenza con la locuzione "ante domos" del Tolosano. Dai detti rogiti si apprende che Bernardo di cui sopra ed anche Riccio del fu Beltrame Manfredi abitano nella medesima cappella; per Riccio vi è anche conferma nell'anno 1417 (l3), mentre nel 1429 è qui anche Giacomo del fu Riccio (14). Ecco allora che questi Manfredi hanno case d'abitazione e da pigione nei pressi del grande orto o Broilo che nel secolo XIII era stato inglobato entro la cinta difensiva, come è risaputo: è probabile fossero qui le case di Guido ed Enrico di cui si fa menzione nel 1164 e 1168.
Dobbiamo a questo punto rintracciare gli antichi proprietari dei due corpi di fabbrica
ora con ingresso principale in via Comandini e contrassegnati dai civici 2 e 4 quest' ultimo, recentemente restaurato, costituì ben presto corpo unico con 1'altro, ma sull'ampio cortile pare insistessero altre abitazioni fino allo scadere del XV secolo, sui lati est e nord: infatti solamente nel 1517 si indica come confinante il convento dei Servi (15), col quale i Viarani avranno qualche attrito per via di un' apertura praticata intorno al 1551 » data che sembra essere molto vicina alla ristrutturazione del secondo chiostro, già ricordato dalla meta del XV secolo (16).
L'intero corpo di fabbrica sembra essere appartenuto all'illustre e facoltoso casato Bazolini (anche Bazzolini o Bagiolini) che risulta a Faenza almeno dal XIII secolo; nel 1313 un Nicola ha già dimora in parrocchia di S.Michele (l7), come Astorgio
del fu Giovanni nel 1405 e come don Giovanni Rofillo e Tomaso fratelli e figli del fu
Nicola nel 1416, presso le strade da due lati (18); nel 1451 la casa di Gregorio Bazolini confina da tre lati con la strada pubblica (19). Di estremo interesse è il verbale del 17 maggio 1434 relativo all'assemblea dei parrocchiani di S.Michele per 1'elezione del proprio parroco: forse non erano presenti tutti gli aventi diritto, ma notiamo che non vi è alcun Manfredi ne’ Viarani, mentre troviamo Silvestro di ser Tomaso de Bazolinis ed inoltre 1'atto è rogato nella casa degli eredi di Astorgio Bazolini (20).
La comparsa sulla scena dei Viarani, il cui ramo principale abitava in via Severoli presso un antico macello, inizia col matrimonio di tal Lorenzo con Masina di Tomaso
Bazolini (21); dal 1470 abbiamo notizie di Benedetto di Gozolo Viarani che aveva sposato Giovanna Bazolini: per motivo di dote o per acquisto Benedetto diviene proprietario di parte del palazzo, per la precisione quella in angolo vie Manfredi e Comandini, che sarà poi del figlio Cesare.
Dal testamento di Filippo Bazolini in data 1529 veniamo a sapere che il casato si era
praticamente estinto e che la volontà del testatore era di lasciare la sua porzione di palazzo ai Servi di Maria (22), ma 1'intento non ebbe seguito per motivi a noi sconosciuti.
Tralasciando altri documenti, passiamo al 1540-60, allorché Beltrame Viarani possiede 1'intero palazzo (23); fra 1567 e 1577 il palazzo è di nuovo diviso in due parti (24), mentre nel 1568 ci viene fatto sapere che vi è un ingresso in comune su via Manfredi (25).
Come è noto, il palazzo perviene ai conti Pasi, probabilmente a seguito del matrimonio di Andrea con Maria Viarani (26) e ceduto dal conte Antonio a Francesco Caldesi nel 1778, ma a questa data lo stabile risulta in comproprietà con la confraternita di S.Gregorio dei Poveri Vergognosi (27); passerà poi a pieno titolo ai Caldesi.
Per concludere, ricordando che l'intitolazione di via Manfredi risale ai primi anni del
XIX secolo, ritengo che la congettura di un qualsivoglia storiografo faentino del passato non possa assurgere a verità storica: serve ovviamente qualcosa in più.
Mi pare di aver dimostrato che sarebbe corretto denominare il complesso in oggetto non più "Case Manfredi", ma "Case Bazolini - Viarani".

                                                                                            Lucio Donati
                                                                                           
NOTE
1. P.Zama,  I Manfredi, 1969.
2. A.Archi - A.T. Piccinini, Faenza come era, 1973.
3. Santa Maria dei Servi di Faenza, 1975.
4. Ravennatensia - VI, 1977.
5. S. Golfieri, Faventia - Faenza, 1977.
6. Sezione archivio di Stato Faenza, corporazioni religiose, Camaldolesi di Fonte      Avellana in S.Maria foris portam, vol. 1, rogito 8 marzo 1336.
7. M. Mazzotti, Un documento manfrediano inedito; 1'atto di vendita di Francesco I Manfredi del 1343, in Manfrediana 35/36, 2002.
8. Faenza medievale e rinascimentale, 1992; vedasi anche in Faenza - il rione giallo. 1999.
9. Bollettino "Faenza" del MIC, 1922 p. 89: articolo di Gaetano Ballardini.
10. Schedario a soggetto alla voce "Manfredi", presso la Biblioteca comunale.
11. Sez. archivio di State Faenza, notarile Faenza, vol. 134 p. 124.
12. Ibidem, vol. 1, dal 1369 al 1374.
13. Ibidem, vol. 9 p. 142.
14. Sezione archivio di Stato Imola, Demaniale, convento di S.Domenico d'Imola, 1/8098, 30 agosto 1429: testamento di Bencivenne Cavina di Faenza.
15. Notarile Faenza, vol. 366 p. 168: testamento di Cesare Viarani.
16. M.Gori, in La biblioteca comunale di Faenza, 1999.
17. Sez. archivio di Statd Faenza, pergamene, B, 9, 3 — 2.
18. Notarile Faenza, vol. 9 p. 172.
19. Ibidem, vol. 58 p. 78.
20. Ibidem, vol. 29 p. 38.
21. Ibidem, vol. 94 p. 72, anno 1467.
22. Ibidem,  vol. 1194 p. 52.
23. Ibidem, vol.  1174 p. 81; vol. 1182 (anno 1546) e vol.  1442 p. 238.
24. Ibidem, vol.  1693 p. 103; vol. 975 p. 4.
25. Ibidem, vol.  1458 p.  136.
26. Ibidem, vol.  3807 p.  15.
27. Ibidem, vol. 4672.

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