Astorgio III e Giovanni Evangelista, gli ultimi Manfredi |
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"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici. |
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Astorgio III e Giovanni Evangelista, gli ultimi Manfredi
Già dal 1499 il Papa Alessandro VI Borgia, volendo creare in Italia un ducato per il figlio Cesare (duca di Valentinois, il Valentino), lo nominò capitano generale della Chiesa e lo inviò, con un esercito di 14 mila uomini, contro i signorotti romagnoli, perennemente in lotta fra loro e che non pagavano i tributi come vicari del papato. Il Valentino doveva quindi recuperare quelle terre decretando la decadenza delle varie signorie ed instaurarvi il ducato di Romagna, come avvenne. Dopo la presa di Imola, Rimini, Cesena, Forlì, il Valentino mosse alla conquista di Faenza che si rivelò tutt'altro che facile. Infatti l'assedio ai faentini si protrasse con vari assalti dal novembre 1500 all'aprile 1501. La sorprendente resistenza della città romagnola ebbe echi nelle varie corti. Isabella d'Este Gonzaga (lettera del 20 aprile 1501 da Mantova) scriveva: "Piacemi che i faentini sieno tanto fideli et costanti alla difensione del suo Signore che recuperano l'honore de 'Italiani... non per augurare male al duca Valentino ma quel povero Signore et il suo fidel popolo non meritano tanta ruina...". Ma, complice il tradimento di un difensore della munitissima rocca (sita dove è oggi l'ospedale civile), l'esercito pontificio conquistò infine Faenza. II 25 aprile 1501 la città boccheggiante e dissanguata da mille ferite firmò la resa. Scrive un cronista che lo stesso Cesare "prese tale ammirazione de faentini che dopo tanti mesi avevano fatto sì bella difesa, che di loro fece i maggiori elogi cosi che si racconta avesse detto, ove egli avesse avuto un esercito di faentini, con soldati di quella fatta avrebbe fidatamene intrapreso il conquisto di tutta l'ltalia". "In quel medesimo giorno a ore ventuno il Signore Astorre andò a trovare il duca Valentino ch'era alloggiato all'Osservanza"(il convento dell'Osservanza, attuale cimitero). I vinti chiesero di aver salva la vita e la libertà per il loro signore e famigliari. Cesare accetto tutte le loro richieste "...Astorgio fratelli e cugini siano salvi e possano andare liberamente ove gli parrà...". II vincitore si complimentò col vinto per la bellissima difesa e gli offrì di restare con lui. Alcuni storici sostengono, ed è più probabile, che glielo imponesse. Astorgio accettò ed altrettanto fece il fratellastro Giovanni Evangelista. Soddisfatto e sorridente, il Valentino avrebbe allora chiamato il suo luogotenente e bieco alter ego Michelotto Corella, il capitano spagnolo Miguel de Corellas, per accompagnare a Roma i due giovani Manfredi, con la raccomandazione che fossero trattati con ogni riguardo. Scrive un cronista che a Cesare nessuno poteva parlare "...per la difficoltà grande che lui usa in lasciarsi visitare, per quella difficile sua natura... nisciuno se non Micheletto lo boia suo!". Secondo un altro cronista invece il Borgia avrebbe accolto i due giovanetti con tali cortesie da indurli a rimanere "stregati dal suo sortilegio e abbagliati dalla prospettiva di vivere del suo splendore acconsentirono a rimanere appresso a lui. Non sapevano di mettersi in mani stritolatrici".
I due
giovani Manfredi sarebbero stati presenti mentre il Valentino occupava
alcune terre bolognesi, in Toscana, e alla presa di Piombino. Da qui
infine sarebbero stati condotti a Roma. II 20 Giugno 1501, a meno di
due mesi dalla resa di Faenza risultavano già rinchiusi nelle segrete
della mole Adriana, Castel S. Angelo. Da quel momento di loro non si
sarebbero più avute notizie. Niccolò
Machiavelli, in un rapporto a Firenze, scrive che Cesare lo aveva accolto con
un sorriso allusivo ed aveva detto che "correva tristo pianeta quell'anno
per chi si ribellava". Machiavelli commenta "questo signore è
segretissimo ...le cose da tacere non si parlano mai". Il mistero è fitto fino al giugno 1502 quando gli infelici giovanetti subirono il
supplizio, i loro cadaveri furono visti galleggiare nel Tevere e furono
ripescati con ancora la corda al collo. Conosciamo la fine di Astorgio e di
Giovanni Evangelista grazie anche alle lettere scritte da vari ambasciatori
alle loro corti. Scrive Antonio Giustinian, ambasciatore di Venezia (lettera
del giugno 1502 da Roma) "... e stato detto che zuoba de note sono stati
buttati nel Tevere ed annegati quelli due signorotti dè Faenza insieme con el
loro maestro de casa".
Forse l'avvenenza della sua persona potè, nei costumi corrotti di quella corte
papale, dar credito a quelle voci che, trattandosi dei Borgia, si possono
accettare per vere e si aggiungono alle tante infamie da loro compiute. Perché
furono assassinati i due giovani Manfredi? Per i Borgia costituivano pur
sempre una minaccia. Astorgio era un giovane principe amato dai sudditi, la
tragedia dei suoi genitori, la tribolata infanzia, la coraggiosa difesa della
sua città, lo avevano circondato di un'aureola di simpatia e pietà. Cesare
quindi temeva che i faentini si sollevassero al grido di "Astorre,
Astorre!" come anni prima avevano acclamato suo padre Galeotto al grido
di "Gallo, Gallo!". II ragazzo era un eroe, in tutte le corti
d'Italia lo ammiravano, la sua sola esistenza rappresentava una minaccia.
Non c'era che un mezzo: ucciderlo insieme al fratellastro, virtuale pretendente
alla sua suclcessione. Fu quel che fece Cesare, d'accordo col padre e papa
Alessandro VI. I
Borgia furono degli efferati, amorali e feroci: non solo i posteri li
considerarono tali ma anche i loro contemporanei che pure in fatto di crudeltà
non si fermavano ai mezzi termini. Il ricorso all'assassinio e alle torture non
era certo nuovo nelle corti rinascimentali ma divenne sistematico per il
Valentino e per suo padre, il pontefice! Lo scelsero, infatti, come la via più
spiccia per assicurarsi il potere. Furono capaci di tutto, secondo la barbara
morale del tempo. Di
Astorgio o Astorre cantarono i poeti faentini... "...
col Valentin men vo poiché fortuna vuolche cosi sia... piangete faentini c'havè
perso così gentil signor nobil e bello... piangete e con voi piange tutto l'universo". |
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