La disfida di Barletta nei disegni di Tommaso Minardi

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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La disfida di Barletta nei disegni di Tommaso Minardi

di Sauro Casadei


I quindici disegni sul tema della Disfida di Barletta sono pervenuti alle collezioni comunali nel 1916, grazie al lascito di Ernesto Ovidi che comprendeva più di trenta cimeli ed opere di Minardi. Il donatore era il figlio di Francesco e Angela, con i quali l’artista aveva vissuto negli ultimi anni di vita e che erano stati da lui nominati eredi universali. La disfida di Barletta è un episodio storicamente accertato: il 13 febbraio 1503 tredici cavalieri italiani e altrettanto francesi si scontrarono in armi a seguito di una sfida lanciata da questi ultimi.

Gli italiani prevalsero nettamente, riscattando così il valore e, soprattutto, l’onore delle armi italiche. Con il risveglio del sentimento nazionale, nel clima del romanticismo storico dei primi decenni dell’Ottocento,m la disfida ebbe enorme risonanza accanto ad altri episodi e personaggi del passato che testimoniavano, nella coscienza dei patrioti impegnati a combattere per l’unità della penisola, il mai venuto meno valore degli italiani anche nei secoli più tristi: Pietro Micca, il Balilla, Pier Capponi.
 
Protagonista di questa fu Massimo D’Azeglio che, nel 1833, pubblicò a Milano il romanzo Ettore Fieramosca ossia la disfida di Barletta che conobbe, fin da subito, un successo straordinario e imprevisto. L’arte si impadronì immediatamente della vicenda, sia sul versante della pittura che su quello del teatro e del melodramma. I quindici disegni avrebbero dovuto essere tradotti, successivamente, in dipinti ad olio che non furono realizzati. I primi risalgono al 1831, data impressa su uno dei disegni, mentre gli altri potrebbero essere stati eseguiti in un lungo arco di tempo, metodo non insolito nel procedere di Minardi, forse fin oltre il 1868. Tredici episodi si svolgono in campo aperto, dove infuria la battaglia, mentre i primi due, ambientati in interni, appartengono appieno al clima del romanticismo storico. Per le furibonde scene di duello l’ispirazione proviene non solo dalle Battaglie del Tempesta, dei fiamminghi e di Salvator Rosa, ma anche dalla Battaglia di Anghiari di Leonardo e dalla Battaglia di Ponte Milvio della sala di Costantino nei Palazzi Vaticani ideati da Raffaello.
 




Lo spagnolo Inigo Lopez propone al francese de La Motte di indire una sfida tra cavalieri francesi e italiani per provare il valore di questi ultimi da lui messo in dubbio.

Il giuramento degli italiani alla presenza di Prospero Colonna.

La preghiera dei francesi sul campo.



Il primo scontro delle lancie.
Un momento del combattimento.
Morte di Grajano d'Asti.




Giovanni Capoccio e Miale da Pagliano perduti i cavalli continuano a combattere a piedi.

Un momento del combattimento.
Un momento del combattimento.



Il francese de La Motte è sbalzato di sella.
Un momento del combattimento. Vittoria degli italiani.


TOMMASO MINARDI ( 1787 – 1871)   


Nasce a Faenza il 4 dicembre 1787; adolescente studia privatamente i rudimenti dell’arte, in particolare il disegno, presso la scuola privata condotta da Giuseppe Zauli. Nel 1803 la Compagnia di San Gregorio gli assegna un sussidio, della durata di cinque anni, per recarsi a Roma e dedicarsi interamente alla pratica dell’arte, con l’obbligo di inviare ogni anno un’opera a testimonianza dei progressi compiuti (molti di questi sono ora nella Pinacoteca di Faenza). Nel 1810 vince il concorso per il pensionato triennale, sempre con destinazione Roma, istituito dall’Accademia di Belle Arti di Bologna. A Roma, dove resterà per tutto l’arco della lunga e operosa vita, entra in amicizia con i personaggi più in vista della vita artistica e politici della città. Dal 1819 al 1822 è direttore dell’Accademia di Belle Arti di Perugina, poi approda all’Accademia di San Luca dove terrà la cattedra di disegno per alcuni decenni.


Carl Adolf Senff, Ritratto di Tommaso Minardi (1821), Perugia, Museo dell'Accademia di Belle Arti.


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