Simbolo dell'Inquisizione.
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A Faenza l'Inquisitore generale della Romagna pare essere
collocate inizialmente nel Convento di S. Francesco il 18 maggio 1420
mentre solo dal 1567 per opera di Papa Pio V, ebbe sede nei locali del
Convento di S. Andrea in Vineis dove stette fino alla soppressione
napoleonica del 1797 per ritornarvi solo piu tardi.(1) Fin dal Duecento a Faenza dilagò l'immoralità, particolarmente
aggravata dall'infiltrarsi dell'eresia luterana fra gli ecclesiastici
soprattutto francescani. In difesa della Inquisizione si formarono
delle vere squadre d'azione composte da uomini, veri violenti. Questi
erano i Confratelli di S. Croce che vestiti con una cappa nera sulla
testa e una croce rossa davanti dal petto fino ai piedi avevano portato
per le strade, con intimidazioni, un grande terrore allo scopo di
aiutare, favorire e difendere la Santa Fede. Trasferito il Tribunale da
S. Francesco a S.Andrea in Vineis si misero al servizio dei
domenicani.(2)
II primo Inquisitore domenicano fu Fr. Angelo Gazzini di Lugo
che con la collaborazione del Vicario Vescovile Alessandro Casali
instaurò un vero governo del terrore e mediante rappresaglie e
repressioni fece imprigionare centinaia di cittadini molti dei quali
condannati a morte, alcuni murati vivi, altri torturati e altri ancora
destinati alla galera a vita. Fra questi furono accusati e condannati
Fanino Fanini morto nel 1555, Ludovico Missiroli condannato al rogo,
Camilla Caccianemici moglie del nobile Camillo Ragnoli impiccata il 23
agosto 1569 (3) mentre Giacomo e G. B. Bertucci i pittori, rei di aver
tenuto libri luterani riuscirono a salvarsi solo dopo aver sconfessato
se stessi. Anche componenti del Consiglio Generale e dei Cento Pacifici
furono incarcerati e anche se alla fine molti di loro furono ritenuti innocenti il Papa ritenne di privarli comunque del loro ufficio sostituendone ben 32. (4)
II cronista Biagio Grazioli ricorda in un elenco compilato nel
1572, 115 carcerati; gli ecclesiastici erano cinque uno dei quali un
certo Paolo Zauli parroco della Pietramora detenuto nelle carceri
vescovili dal 1569 al 1573 per sospetto di eresia e porto d'armi;
Cesare Argnani parroco di S.Pietro in Bergullo di Brisighella «fo morato a vita nel convento di S. Giovanni Battista dei Camaldolesi di Faenza»
e un certo don Girolamo Dal Pozzo fece testamento nelle carceri
monastiche di S. Domenico in procinto di essere trasferito a Roma per
il giudizio.(5) Dei rimanenti carcerati 9 furono consegnati al braccio
secolare e giustiziati come la maggior parte a Roma, 42 furono
condannati alla galera a vita (6) e i rimanenti in parte destinati al
carcere a tempo, altri relegati in casa propria, altri ancora in
ospedale, in monasteri e alcuni murati in una cella con il solo
pertugio aperto per ricevere il cibo e altri ancora pagarono multe o
rilasciati dopo aver scontato pene minori. (7)
L'Inquisitore era a capo di un ufficio composto da un vicario, da uno o
due notai e di un consiglio di esperti (teologi, giuristi, avvocati). I
verbali degli interrogatori erano sempre stesi da un notaio;
lo'accusato aveva facoltà di difendersi e di disporre, all'occorrenza,
sempre di un difensore d'ufficio. Agli inquisiti veniva concesso un
periodo di tempo per riflettere e pentirsi. Ai bestemmiatori veniva
imposto una penitenza di tipo spirituale. Nei giorni predestinati alle esecuzioni capitali la gente si
radunava in piazza gremendola all'inverosimile e restava in attesa
dell'esecuzione come fosse a uno spettacolo. Nella facciata del Palazzo
del Podestà tra i due grandi finestroni si apriva una porticina con
ringhiera (ancora esistente) dalla quale si affacciava il banditore che
leggeva le sentenze mentre sotto il finestrone di mezzo si apriva
un'altra porticina, anch'essa ancora esistente, dalla quale si
lasciavano cadere i condannati con il laccio al collo. (8) Negli
Statuti di Faenza era stabilito che i ladri dovessero essere frustati e
privati dell'orecchio destro, i recidivi strozzati, gli stupratori
venivano decapitati, i falsari privati della mano destra, gli
incendiari dati al rogo e i traditori del Comune erano trascinati
legati alla coda di un asino fino alla forca. (9)
Lo storico Valgimigli racconta che nell'anno 1640 sorse una lite tra
l'Inquisitore e la vicina Confraternita di S. Maria delle Grazie per
alcune stanze di proprietà della confraternita che l'Inquisitore da un
po’ di tempo si era appropriate per usarle come carcere femminile. Il
diverbio fu risolto dal Vescovo che propose ai frati domenicani di
vendere al S.Ufficio un pezzo di terreno necessario a costruirvi dette
carceri che presumibilmente mai vennero fatte. (10) L'Inquisizione a Faenza venne soppressa dall'arrivo delle truppe di
Napoleone nel 1797 per poi rientrare in possesso del loro ufficio nel
1815 e perderlo definitivamente nel 1859 alle soglie dell’unità
d’Italia. Anche i Confratelli di S. Croce nel 1797, dopo la fuga
dell’Inquisitore, per evitare beffe dai giacobini deposero l’abito e
l’anno dopo successivo vennero soppressi e spogliati dei loro beni. (11)
NOTE
1) A.ZANNONI, Sacre notizie historiche faentine, Ms. 97, vol.IV, p.... F. Lanzoni, La controriforma a Faenza, Faenza 1925, p. 160. S.Andrea in Vineis prese il nome di S. Domenico nel 1767.
2) F. LANZONI, La Controriforma a Faenza,
Faenza 1925, p. 159. Nella Confraternita di S.Croce c'erano soprattutto
nobili. L'Inquisitore combattè il vizio del fumo, il tabacco masticato,
fiutato o fumato (da un articolo de l'Unita del 1998). 3) A.MARCHETTI, Cronotassi dei parroci della città e borghi di Faenza,
Bologna 1921, pp.214-215. F. Lanzoni, op.cit., pp.245-247. In Italia al
rogo furono mandati Girolamo Savonarola, Pietro Carnesecchi, Giordano
Bruno, fino al processo contro Galileo Galilei condannato e costretto
all'abiura nel 1633 per aver sostenuto I'eliocentrismo rispetto alla
concezione tolemaica fatta propria dalla chiesa di quel tempo. 4) R.SAVINI, La mia Faenza, Imola 1989, pp.44-45. A.MESSERI - A.CALZI, Faenza nella storia e nell'arte, Faenza 1909, op.cit., pp.254-255. 5) F. LANZONI, op.cit., pp.163-164. 6) II Papa Pio V vendette molti di questi condannati a Cosimo I di Toscana come rematori sulle navi della sua flotta. 7) F. LANZONI, op.cit., pp.165-167. Molte di queste multe furono
destinate alla costruzione del palazzo dell' Inquisitore che Pio V
costruì a Roma tra il 1566-1569. 8) A. MARCHETTI, op.cit., p.215. 9) F. LANZONI, op.cit., p. 123. 10) M.VALGIMIGLI, Memorie storiche della città di Faenza, Vol.XVI, F.72, p.2. 11) E LANZONI, op.cit., p. 159. I Confratelli di S.Croce nel 1797
venivano chiamati dal popolo le spie dell'Inquisitore. Era un gruppo di
laici votato alla diflfusione della fede e alla sua difesa.
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