La geometria nascosta della cosiddetta ”addizione manfrediana”

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Storia Medioevale


La geometria nascosta della cosiddetta ”addizione manfrediana”

di Stefano Saviotti


Introduzione


     Quando alla fine del XIV secolo i Manfredi decisero di realizzare una nuova e più ampia cinta difensiva per la città di Faenza, il percorso delle mura fu condizionato dalla necessità d’incorporare al suo interno tutti i sobborghi esterni agli steccati duecenteschi, comprese le chiese ed i conventi già esistenti, ed ovviamente anche la Rocca realizzata nel 1371-73 dal card. Albornoz. Quest’ultima però, distava oltre 400 metri dalla vecchia Porta Imolese, per cui in quella zona l’ampliamento del circuito urbano sarebbe stato molto più cospicuo rispetto ad altri settori. D’altro canto, ciò avrebbe consentito anche di ottenere ampi spazi per l’espansione edilizia, rafforzando la preminenza della città sul contado e l’immagine della Signoria manfreda. L’assetto odierno di quel settore di centro storico, posto fra corso Baccarini - via Cavour e l’Ospedale Civile, rivela ancora oggi un impianto urbanistico non improvvisato, bensì chiaramente pianificato. Il seguente studio è basato sulla mappa catastale rilevata intorno al 1920, all’atto del rinnovamento del Catasto Urbano Italiano, in quanto le trasformazioni intervenute con la guerra e nel dopoguerra hanno cancellato alcuni capisaldi indispensabili per capire la progettazione originaria del quartiere di Porta Imolese. Oltretutto, la mappa del 1920 possiede un livello di precisione adeguato, vista l’epoca relativamente recente e la qualità degli strumenti topografici di allora, il che la rende affidabile per il riscontro delle misure. La scala 1:1000 di tale mappa inoltre riduce gli errori grafici a solo 20 cm. circa, e la precisione che si è riscontrata nelle distanze fra strada e strada è stata assai confortante per poter affermare che le corrispondenze sono nient’affatto casuali. Per comprendere lo sviluppo di questa ricerca è necessario il raffronto con la mappa allegata.



Disegno della Rocca nel 1630 (Pianta Rondinini - Biblioteca   Manfrediana Faenza).
Il Cardinale Egidio Albornoz, da una miniatura del
"Registrum recognitionis et iuramenti fidelitatis civitatum ad Innocentium VI".


Descrizione dell’impianto urbanistico dell’area (sulla base della mappa del 1920)


     La zona interessata dal progetto di urbanizzazione voluto dai Manfredi è quella posta fra l’incrocio corso Baccarini - via Cavour e corso Mazzini a un estremo, e Porta Imolese dall’altro, andando da sud-est verso nord-ovest; e tra le mura dietro l’odierna Casa di Riposo “Il Fontanone” e la chiesa di S. Domenico, procedendo da sud-ovest verso nord-est. Si tratta di circa 440 metri nel primo caso, e di una distanza variabile tra i 210 e i 300 metri circa nell’altra direzione.
Il quartiere presenta come asse principale corso Mazzini (tratto interno della via Emilia), che in questa zona si allarga notevolmente rispetto al tratto più prossimo a piazza del Popolo, con un’ampiezza variabile tra i 13 e i 15 metri. Parallelamente ad esso troviamo a valle le vie Zucchini e Maioliche, e a monte le vie S. Maria dell’Angelo e Cantoni (già Palazzina nella mappa del 1920). La distanza fra corso Mazzini e l’asse Zucchini - Maioliche è di circa 75-80 metri, mentre quella fra il corso stesso e l’asse S. Maria dell’Angelo - Cantoni è di circa 131-136 metri.


Resti della torre angolare sud-ovest della Rocca, tornati alla luce
nel 1977 durante gli scavi per il blocco Ovest dell'Ospedale Civile.
(foto Vittorio Maggi).

    Questi tra assi, fra loro quasi paralleli, comunicano fra loro mediante alcune strade pressoché ad angolo retto: a monte via Pascoli (allora Monaldini), via Ca’ Pirota e vicolo Bucci (a fondo cieco, ma che vedremo dopo era previsto sfociasse in via Cantoni); e a valle via Fra’ Domenico Paganelli e vicolo S. Vitale. Non viene qui considerato il tratto ovest di via Cantoni (allora detto vicolo Ospedale) in quanto derivante da un intervento di ristrutturazione urbanistica svolto a metà Settecento in seguito alla demolizione della Rocca e costruzione del nuovo Ospedale con relativa area di pertinenza, che portò alla cancellazione della vecchia viabilità ed alla sua sostituzione con l’attuale. Sul lato a valle non viene invece considerata la via delle Mura, oggi via Liverani, in quanto il perimetro fortificato fu costruito seguendo logiche prettamente militari, e non urbanistiche; è però la posizione in cui venne eretta Porta Imolese a costituire un caposaldo di base per tutta la progettazione del quartiere. Un altro elemento che allora fece da punto di partenza, e che purtroppo non appare più nella mappa del 1920, è la Rocca trecentesca, demolita a due riprese fra il 1747 e il 1891. La sua consistenza è però ricostruibile con una notevole esattezza in base alla posizione dei resti di essa, ritrovati nel 1976 durante gli scavi per l’ampliamento dell’Ospedale, e al progetto originale del nosocomio disegnato da Raffaele Campidori, che conservò parte delle sue mura.

     La posizione esatta della Rocca e del fossato circondario è stata pertanto inserita, con la massima fedeltà possibile, sulla mappa del 1920, anche se ai fini di questo studio l’unico elemento davvero importante è il muro esterno del fossato perpendicolare al corso. Tale muro risaliva all’epoca di costruzione della Rocca, essendo indispensabile per impedire la discesa del nemico nel fossato qualora fosse mancata l’acqua, pertanto era già presente da alcuni decenni quando i Manfredi costruirono le nuove Mura, e fu da essi incorporato nella cinta.

Situazione urbana prima dell’edificazione delle nuove Mura

     Alla fine del Trecento e inizi Quattrocento, quando cioè i Manfredi realizzarono il nuovo quartiere (non ci sono purtroppo fonti sufficienti per stabilire un periodo più preciso), l’attuale corso Mazzini rappresentava il primo tratto esterno della via Emilia, e la porta Imolese si trovava ancora all’interno rispetto a corso Baccarini e via Cavour. Poco a monte di corso Mazzini, la cinta degli steccati si ampliava per un piccolo tratto parallelamente ad esso fino a raggiungere il canale dei mulini, tracciato nel 1223, e che fungeva quindi anche da fossato difensivo, per poi piegare verso monte seguendo tale canale. Poco più su, nello steccato di fronte a via S. Maria dell’Angelo si apriva una porta di servizio, detta il Portello di Maghinardo, il cui scopo a mio parere poteva essere solo quello di dare accesso al mulino omonimo posto sul canale, non essendovi all’epoca altre costruzioni in zona. Lungo il futuro corso Mazzini, a circa 300 metri fuori città sulla destra sorgeva la piccola chiesa parrocchiale di S. Vitale, che serviva le poche case allora poste fuori delle mura. Più vicino, all’incrocio con corso Baccarini, vi era invece l’ospedale della Croce, poi sede della Confraternita dello Spirito Santo. Sulla sinistra invece, di fronte all’odierno palazzo Mazzolani sorgeva secondo il Golfieri (Faventia-Faenza, 1977, tavola n. 10 degli allegati) il piccolo ospizio di S. Bernardo con un convento di monache cistercensi; il tutto rimaneva però all’interno del canale difensivo. Più lontano, come si è detto, sorgeva invece la Rocca, un poco distante dalla strada e circondata da un profondo fossato, largo circa venti metri. E’ escluso che intorno alla Rocca, per una certa distanza, sorgessero allora altre costruzioni, in quanto motivi di sicurezza militare imponevano una perfetta visibilità.




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Il progetto urbanistico manfrediano

  L’impianto dato dai Manfredi sembra svilupparsi a partire da un punto che all’epoca era facilmente tracciabile sul terreno, cioè l’incontro fra la prosecuzione di via S. Maria dell’Angelo fuori del Portello di Maghinardo, e il muro esterno del fossato della Rocca. In quel punto preciso vennero fatte convergere anche le nuove mura urbane, provenienti da dietro il mulino del Portello. La linea tracciata sulla mappa del 1920 mostra una perfetta corrispondenza dell’asse di vicolo Palazzina, specie nel tratto centrale che sembra essere stato meno soggetto ad alterazioni successive, con l’allineamento appena descritto. Il muro esterno del fossato, incorporato di fatto nella nuova cerchia, correva poi verso corso Mazzini, piegando però poi ad angolo retto per circondare la Rocca. Era comunque facile proseguire virtualmente tale allineamento fino al corso, trattandosi di soli 40 metri circa, e porre qui un ulteriore paletto che poi sarebbe servito a proseguire la costruzione geometrica del quartiere.





     
Nel frattempo fu eretta la nuova Porta Imolese, posta praticamente di fronte alla metà del tratto di cortina nord-est della Rocca, così che dalla torre di nord-est si potesse vedere bene l’arco interno della porta, e dalla torre nord-ovest si potesse vedere altrettanto bene l’arco esterno (questa è una motivazione prettamente militare, e non c’entra con l’urbanistica, però la posizione della Porta ebbe subito dopo un’influenza diretta sul tracciamento delle strade del quartiere). Porta Imolese a ben vedere non era posta in allineamento con l’asse centrale del corso, questione di un paio di metri, ma questo non influenza le geometrie che generarono il nuovo reticolato urbano. Una volta fissato il perimetro della città, si poté finalmente passare al tracciamento delle nuove strade interne. Primariamente, occorreva una strada che collegasse il mulino del Portello con il corso, così a qualche metro dal canale fu posto il tracciato di via Ca’ Pirota. Probabilmente la distanza fra il canale e la nuova strada venne lasciata per creare una rampa di discesa al corso d’acqua, ad esempio per lavare i panni o per la manutenzione periodica (riscavo del fondo). Tale distanza poi aumenta progressivamente verso monte, in quanto il canale non è perpendicolare al corso ed esisteva già da molto tempo, mentre l’asse di via Ca’ Pirota è praticamente perpendicolare (un solo grado di differenza rispetto all’angolo retto).
La strada successiva andando verso la Rocca è vicolo Bucci, che fu tracciato semplicemente dividendo in due la distanza fra l’asse di via Ca’ Pirota e la prosecuzione dell’allineamento con il muro del fossato della Rocca. Vicolo Bucci non ebbe mai una grande importanza come via di comunicazione, essendo allora estremamente periferico, per cui venne solo abbozzato, e nel corso del tempo andò incontro prima ad una sua leggera distorsione rispetto alla linea retta, poi all’eliminazione dell’ultimo tratto, che fu incorporato in uno degli orti adiacenti. Nella mappa del 1920 però si vede che il muro di confine tra i due orti ricalca ancora l’allineamento col bordo ovest del vicolo.
     Sul lato a valle del corso bisognava tracciare una strada per andare a S. Domenico, ed almeno un altro vicolo intermedio come si era fatto per vicolo Bucci. Tale vicolo però non poteva essere posto di fronte a vicolo Bucci in quanto sarebbe andato a cadere di fronte alla chiesa di S. Vitale, che non poteva essere demolita. Intorno alla chiesa vi era oltretutto il cimitero parrocchiale, per cui serviva tenere una certa distanza di sicurezza. Il nuovo vicolo fu quindi tracciato circa 16 metri più verso sud-est rispetto a vicolo Bucci, anche se purtroppo qualche vecchia tomba dovette essere sacrificata (nell’Ottocento, durante gli scavi per costruire la fognatura del vicolo, si ritrovarono parecchie ossa). Per tracciare l’asse di via Paganelli venne presa la distanza tra l’arco interno di Porta Imolese e l’asse di vicolo S. Vitale, e fu riportata da tale vicolo verso il centro città, così che in pratica vicolo S. Vitale si trova a metà strada esatta tra la Porta e via Paganelli. Inizialmente nelle misure era stata riscontrata una piccola differenza, ma esaminando bene la mappa del 1920 si può notare che il vicolo ha un anomalo restringimento nel tratto verso il corso. Quando venne costruita la casetta d’angolo verso sud-est, un poco di strada fu (probabilmente in maniera abusiva) incorporata nel fabbricato, restringendo il vicolo di circa un metro. Riportando graficamente il vicolo alla sua larghezza originaria (come nel tratto verso via Maioliche), il suo asse si sposta e la distanza con Porta Imolese si allunga così di 50 cm., mentre quella verso via Paganelli si accorcia altrettanto, così che le due tratte diventano perfettamente uguali.



Ricostruzione ideale della Rocca  di Faenza,
realizzata da G. Calzi (tardo sec. XIX).

     Rimaneva da tracciare un’ultima strada, per collegare il corso con la zona di via Fiera. Il tratto di via Pascoli posto fra via Fiera e via S. Maria dell'Angelo forse esisteva già, essendo incorporato nell’ampliamento urbano realizzato a partire dal 1224, anche perché ha un andamento curvo che non concorderebbe con le precedenti strade, tracciate tutte in maniera rigorosamente rettilinea. Innanzitutto fu tracciato il prolungamento di corso Baccarini, strada che preesisteva all’ampliamento manfrediano ed anzi costituiva il tratto iniziale dell’antica via romana per Ravenna; nel Quattrocento, questa strada conduceva alla chiesa e sobborgo di S. Antonio della Ganga e poi verso la chiesa rurale di S. Silvestro. Una volta eliminata la vecchia cinta degli steccati, tale strada venne proseguita verso monte creando così l’odierna via Cavour, che nelle intenzioni dei Manfredi avrebbe dovuto assumere una qualche importanza, avendo una larghezza maggiore rispetto alle precedenti. Su questa strada si affaccia infatti la quattrocentesca casa Mengolini, poi un’altra casa a corte successivamente trasformata, ma di dimensioni altrettanto rilevanti.
     Lungo il corso rimaneva così un’area da dividere in due, come nei casi precedenti; presa la distanza fra la sponda del canale dei mulini e l’asse di via Cavour, fu divisa a metà e da qui venne tracciato il proseguimento di via Pascoli. Tale tratto di strada non è perfettamente parallelo a via Ca’ Pirota e vicolo Bucci, ma leggermente più obliquo, forse per congiungersi con il tratto curvo di via Pascoli (come si è detto probabilmente già esistente), oppure ci si è dovuti adattare alla presenza di qualche costruzione che non poteva essere demolita; la deviazione però è appena percepibile sulla mappa, tantomeno sul posto.

     L’urbanizzazione a valle del corso richiedeva la presenza di una strada di servizio sul retro dei nuovi fabbricati che sarebbero sorti lungo la via principale. A prima vista si sarebbe potuto semplicemente procedere al prolungamento di via XX Settembre, ma per motivi al momento non conosciuti si preferì dare a questa fascia una profondità maggiore. La nuova strada di servizio (via Maioliche) a questo punto non si allineava più con via XX Settembre, per cui la futura strada di raccordo (via Zucchini) ebbe una leggera piegatura. Corso Mazzini e via Maioliche non sono però perfettamente paralleli fra loro, e non sono riuscito a trovare una correlazione geometrica come per le strade precedenti. Anche all’estremità opposta, cioè verso le mura, via Maioliche ebbe un prolungamento, ma forse questo avvenne in un secondo momento e anche stavolta senza badare troppo alla precisione, infatti tra vicolo S. Vitale e via Liverani l’asse stradale devia di almeno tre metri. La vasta area che rimaneva a nord di via Maioliche non fu urbanizzata, essendovi il grande orto di proprietà del convento di S. Domenico, che già aveva sofferto per il tracciamento delle mura a ridosso di esso.
Il nuovo quartiere si riempì gradualmente di edifici nel corso del tempo; logica vuole che le prime case siano sorte lungo il corso principale e a partire dalla vecchia Porta Imolese, procedendo verso la nuova. Incontriamo subito infatti l’Ospedale Casa Dio, meglio noto come Loggia degli Infantini, che sorse verso il 1426 tra le vie Cavour e Pascoli, per cui è chiaro che tali strade allora erano già state tracciate. L’edilizia del corso fino all’altezza di vicolo S. Vitale è caratterizzata da case a corte e palazzi nobiliari anche di vaste dimensioni, mentre nelle vicinanze di Porta Imolese si trovano quasi solamente case a schiera destinate ai ceti più bassi. Ad inizi Ottocento, vicolo Bucci era ancora detto vicolo del Tintore, segno della presenza di attività artigianali. Le zone lontane dalla strada principale rimasero vuote più a lungo, e in gran parte adibite ad orti; vi trovarono posto però alcuni conventi come l’abbazia di S. Perpetua in via Ca’ Pirota (metà sec. XV) e il convento di S. Umiltà in via Pascoli (inizi sec. XVI). L’assetto urbanistico originario fu alterato a metà Settecento in seguito alla demolizione della Rocca e costruzione dell’Ospedale, con l’eliminazione del tratto più occidentale di via Cantoni e il tracciamento del zigzagante vicolo Ospedale, frutto del compromesso tra l’esigenza di ripristinare il collegamento con il corso, e quella di danneggiare il meno possibile le proprietà private dando a tutti un’uscita posteriore di servizio. Anche la seconda Guerra Mondiale e le ricostruzioni postbelliche hanno contribuito a modificare l’assetto della zona: la distruzione dei palazzi Rossi che ha portato all’apertura di piazza Due Giugno, il tracciamento di via Martiri Ungheresi nell’area di S. Domenico e infine l’apertura della breccia muraria di via Morini, dopo la demolizione del mulino del Portello.

Conclusioni.

     In base a quanto sopra esposto, ed alle misure coincidenti in maniera ottimale su una mappa affidabile, ritengo che il quartiere di Porta Imolese, costruito agli inizi del Quattrocento dai Manfredi, abbia senz’altro avuto una qualche forma di progettazione pianificata, seguita da una realizzazione sul terreno che fu possibile eseguire con mezzi molto semplici. Per progettare quelle strade infatti non servirono numeri magici o complesse costruzioni geometriche, mentre sul posto bastarono una groma (lo strumento già usato dagli antichi Romani) o qualcosa di simile per gli allineamenti, alcune paline e delle pertiche per misurare le distanze. In sostanza, furono solo prese delle distanze lungo il corso per poi dividerle a metà, al fine di tracciare qualche strada perpendicolare dove serviva. Tale lottizzazione, semplice ma realizzata con grande precisione, si è dimostrata molto funzionale ed è arrivata quasi intatta fino a noi, e la si può a mio avviso considerare il primo piano urbanistico realizzato nella storia di Faenza dopo la sua fondazione da parte dei Romani.


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