Il Duomo di Faenza nel Manoscritto L di Leonardo da Vinci

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Il Duomo di Faenza nel Manoscritto L di Leonardo da Vinci

di Miro Gamberini



Cesare Borgia  nell’estate del 1502 aveva occupato la Romagna e il Montefeltro, doveva ora dare ai suoi possedimenti una nuova struttura militare fortificando le città conquistate. Il Valentino incarica Leonardo da Vinci suo “Prestante et Dilectissinio Familiare Architecto et Ingegnero Generale” di ispezionare “li Lochi et Fortezze de li Stati Nostri, Ad ciò che secundo la loro exigentia ed suo indicio possiamo provederli, Debiamo dare per tutto passo libero da qualunque publico pagamento per se et li soi Amichevole recepito, et lassarli vedere misurare et bene estimare quanto vorrà”. La lettera patente rilasciata da Cesare Borgia  spedita da Pavia è datata 18 agosto 1502.


La presenza di Leonardo in Romagna è attestata dal codice L,  nei 94 fogli del taccuino di cm 10,9 x 7,2, Leonardo annota idee, riflessioni e schizzi di progetti, nella sua tipica scrittura speculare da destra a sinistra. Il manoscritto Atlantico e il codice L nel 1630 vengono donati dal conte Galeazzo Arconati  alla Biblioteca Ambrosiana di Milano, ma insieme ad altri manoscritti leonardiani  vengono sottratti durante la prima campagna di Napoleone in Italia nel 1796, mentre il manoscritto Atlantico viene restituito nel 1815, il codice L rimase a Parigi alla Bibliothèque de l’Institut de France.

Lorella Grossi (1) descrive con queste parole il codice:

“Gian Battista Venturi, inviato nel 1797 dal duca di Modena a studiare i manoscritti vinciani che si trovano a Parigi, li contrassegnò con le lettere dell’alfabeto. Il manoscritto così chiamato L, comprende sei fascicoli di sedici carte ciascuno. La numerazione delle carte va da 1 a 94, perché la prima carta è incollata all’interno della copertina e un’altra carta risulta mancante. La numerazione delle carte sembra dovuta a Francesco Melzi, allievo prediletto e erede testamentario di Leonardo. La copertina di cartone turchino era originariamente rivestita da una carta oggi logorata. Il taccuino era già utilizzato da Leonardo a Milano prima di partire per la Romagna, ma la maggior parte delle note  e degli appunti ha attinenza al viaggio compiuto al servizio di Cesare Borgia. Si tratta di note e appunti brevi, con studi di balistica, schizzi di mura, fortificazioni, particolari architettonici relativi alle Marche, alla Romagna e a Piombino. Sono invece scarsi gli scritti di geometria, matematica, fisica, ottica e pittura. Le ragioni militari della missione di Leonardo in Romagna e i continui spostamenti, non lasciarono probabilmente spazio alla trattazione degli argomenti che contraddistinguono gran parte dei manoscritti leonardiani. Costituiscono un’eccezione le pagine del taccuino dedicate al volo degli uccelli. La scrittura è quella propria di Leonardo, detta speculare perché può essere letta con l’ausilio di uno specchio. Oltre a scrivere da destra a sinistra Leonardo, prendendo con rapidità appunti e disegnando in modo affrettato schizzi di riferimento, capovolge talvolta il taccuino, riempie le pagine di note diverse, scrive all’interno della copertina. Tuttavia l’ansia di annotare non toglie nulla al fascino del segno grafico di Leonardo”.





Il Manoscritto L. Parigi, Istitut de France.

Leonardo al seguito dell’esercito di Cesare Borgia inizia la sua ispezione alle fortezze il 21 giugno 1502 da Urbino ove disegna le fortificazioni della città marchigiana. Il primo agosto è a Pesaro per giungere a Rimini l’8 di agosto, due giorni dopo Leonardo annota  al foglio 46v, del codice L “…alla fiera di San Lorenzo a Cesena 1502”, ove schizza il rilievo della cinta muraria della città, che nei progetti del Valentino doveva diventare la capitale del  Ducato di Romagna. Il 6 settembre raggiunge Cesenatico ove si interessa del porto canale e del territorio circostante, come attestano una veduta prospettica e un rilievo planimetrico.


Schizzo di Leonardo da Vinci, raffigurante il Duomo di Faenza, vista dal fianco sud.
Sotto il Duomo la Rocca di Cesena con tracciato il percorso per raggiungerla.
Nella scritta speculare si legge Rocca di Cesena.
(Manoscritto L, Parigi Istitut de France).







Particolare del fianco sud del Duomo di Faenza, 
ove si possono notare le anologie con  il disegno di Leonardo.



Nella parte inferiore del foglio 15v del taccuino L, Leonardo con la sua tipica scrittura speculare autografa il disegno sovrastante “rocha de cesena”, e non lascia dubbi sulla sua identità. Raffigura attraverso una planimetria prospettica il tragitto da compiere per entrare  all’interno della Rocca Malatestiana, seguendo un tracciato a tornanti lungo il pendio del colle Garampo. Nel disegno schematizza il percorso per raggiunge la porta della rocca con cinque cancelli interposti alle estremità di ogni direttrice. Nella parte superiore del foglio vi è disegnata una chiesa a croce latina assai somigliante alla cattedrale di Faenza, che Leonardo avrebbe disegnato nei giorni intercorsi tra la partenza da Cesenatico e l’arrivo ad Imola datato 10 settembre.


Il primo ad accostare il disegno di Leonardo con il duomo di Faenza fu secondo Antonio Savioli, “…Geymuller che riferisce il disegno al San Lorenzo di Firenze, attribuzione ripetuta dal Ravaison-Mollien nel facsimile fotocopio del codice. Adolfo Venturi, lo riproduce invertendo l’immagine per raddrizzare l’appunto (rocca de cesena). Nel 1956, per primo Costantino Baroni (storico di arte) pubblica il disegno con la didascalia “Duomo di Faenza” senza dare il motivo dell’identificazione. Del resto, è comprensibile che un osservatore acuto quale era Leonardo, non abbia notato l’edificio nel passaggio da Faenza dove il campo del Valentino sostò lunghi mesi attestato appunto a sud della città e non ne facesse ricordo sui suoi taccuini di viaggio almeno per la singolarità della fabbrica, innovativa per tanti aspetti”.

“Leonardo disegna un edificio basilicale, visto dal lato sud, con alto tiburio che è l’elemento caratterizzante della fabbrica di Giuliano da Maiano. Si notano (scrive il Savioli) tuttavia inequivocabili anomalie rispetto al duomo faentino; l’edificio basilicale è privo di abside poligonale, fatto che consentirebbe di riportare la costruzione dell’abside attuale a non prima del 1502, quindi rielaborazione seguita alla partenza e morte di Giuliano da Maiano…il disegno di Leonardo debba riferirsi alla nostra Cattedrale anche se il dubbio dovuto alle anomalie forse non potrà mai essere totalmente dissipato”.


Note
1) “Il manoscritto L”, di Lorella Grossi, tratto dal libro: “Il lasciapassare di Cesare Borgia a Vario d’Adda e il viaggio di Leonardo in Romagna”, pag.56, Giunti Editore Firenze, 1993.                                                                                  
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

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