Don Antonio Pirazzini al servizio di Dio e della Patria

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
Home
 Personaggi Storici


DON ANTONIO PIRAZZINI AL SERVIZIO
 DI DIO E DELLA PATRIA


ENZO CASADIO


     Tra i caduti nella Prima Guerra mondiale la città di Faenza annovera anche un cappellano militare, il sacerdote don Antonio Pirazzini. Figlio di Giovanni e di Elisabetta Budellazzi, era nato a Faenza l'11 settembre 1871, entrato in seminario, si diplomò come esterno nell'anno scolastico 1890/91 al Liceo Torricelli di Faenza. Fu ordinato sacerdote il 22 dicembre 1894 dal Vescovo di Faenza Mons. Gioacchino Cantagalli. Nel giugno dell'anno seguente si laureò in Belle Lettere presso I'Università di Bologna con una tesi dal titolo: Studio sul poemetto greco Pseudo Phocylide. Nel mese di ottobre don Antonio fu assunto quale insegnante di lettere nel Liceo di Celana in provincia di Bergamo. Era una scuola convitto privata gestita da una istituzione religiosa. Oltre a insegnare, don Antonio prestava anche servizio nella parrocchia di Roncallo vicino a Pontida. Nel 1911 lasciò il convitto di Celana per passare a insegnare nelle scuole pubbliche; insegnò in alcune città, da ultimo presso la Scuola Normale di Oneglia. Don Antonio oltre a scrivere poesie, pubblicò, tra le altre cose, anche alcuni studi sul Parini.
     Quando nel 1915 l'Italia entrò in guerra don Antonio a 44 anni di età, chiese di potersi arruolare come cappellano militare volontario nella Regia Marina. Successivamente fu promosso Cappellano Capo, grado corrispondente a quello di capitano e prestò servizio sulla Regia Nave "Regina Margherita", un poderosa nave da battaglia corazzata e potentemente armata entrata in servizio nel 1904, e che aveva un equipaggio di quasi 800 uomini. II 2 novembre 1915 don Pirazzini celebrò una messa nel porto di Brindisi a ricordo delle vittime dell'esplosione della nave "Benedetto Brin", gemella della "Regina Margherita", alla quale fu accomunata da un tragico destino. La "Benedetto Brin" il 27 settembre del 1915, veniva squarciata dall'esplosione della santabarbara che causò la morte di oltre 450 uomini dell'equipaggio e numerosi feriti.  La causa fu attribuita in un primo tempo a un atto di sabotaggio, mentre secondo I'ipotesi più plausibile, la causa sarebbe stata la deflagrazione di una parte dell'esplosivo reso instabile dal calore che si era formato all'interno della struttura. La nave si adagiò sul fondo, ma una parte continuò a sporgere sopra il pelo dell'acqua, e fu su questa che don Antonio celebrò la messa in suffragio delle vittime.
     Nell'estate del 1916 la "Regina Margherita" era di stanza nel porto di Valona in Albania e vi rimase per alcuni mesi, tanto che don Antonio chiese di potere essere trasferito su di un'altra nave. Ma prima che la domanda venisse accolta fu disposto il trasferimento della nave a Brindisi per lavori di manutenzione. Nella tarda serata dell'11 dicembre 1916 la nave intraprese le manovre per uscire dal porto di Valona che era protetto da sbarramenti e da campi minati per impedire incursione del naviglio austro-ungarico.
     Le condizioni meteorologiche erano pessime e pare che il comandante, il capitano di vascello Giovanni Bozzo Gravina, chiedesse di attendere un miglioramento, ma gli fu confermato I'ordine di partire. La nave iniziò ad avanzare lungo il tortuoso percorso tra gli sbarramenti per uscire dal bacino di Valona, ma forse perché il pilota fu ingannato dalle cattive condizioni di visibilità, la nave urtò contro una mina e subito dopo contro un'altra. L'affondamento della nave fu rapidissimo, in circa sei o sette minuti si inabisso senza lasciare il tempo di attivare le procedure di emergenza, causando la morte di 671 uomini, in parte membri dell'equipaggio, in parte militari dell'esercito che ritornavano in Italia. Tra di essi vi era il generale Oreste Bandini, nativo di Borgo San Lorenzo, che era stato per alcuni mesi comandante della truppe italiane in Albania. Molti militari che si erano tuffati in acqua, a causa del mare in tempesta, del buio e della bassa temperatura delle acque non ebbero scampo. Secondo le testimonianze raccolte dalla commissione che valutò il comportamento dell'equipaggio della "Regina Margherita", pare che don Antonio anziché abbandonare la nave aiutasse i militari a cingere le cinture di salvataggio e cercasse di rincuorarli.

Don Antonio Pirazzini in uniforme da
Cappellano Capo della Regia Marina.



La Regia nave "Regina Margherita".
20 settembre 1917. Cerimonia di consegna delle medaglie al
 Valore Militare davanti alla stazione ferroviaria di Faenza.


Ritratto in ceramica di don Antonio Pirazzini, donato dalla sorella Teresa alla Scuola.

La versione ufficiale dell'affondamento della nave causato dall'urto accidentale contro le mine dello sbarramento è contraddetta dalle fonti austro ungariche che ascrivono il merito dell'affondamento all'opera del sommergibile UC 14 del comandante Caesar Bauer, che avrebbe posato delle mine lungo il percorso di uscita dalla baia di Valona.
     La salma di don Antonio venne recuperata il giorno successive e trasportata a Valona dove fu tumulata nel cimitero cattolico della città. Don Antonio lasciava gli anziani genitori e la sorella Teresa, infermiera volontaria della Croce Rossa, che risiedevano al numero 3 di corso Garibaldi. Il 10 gennaio 1917 nella chiesa del Pio Suffragio si tenne una funzione funebre in memoria del Caduto. Per il suo comportamento gli fu concessa la medaglia d'argento al valore militare alla memoria con la seguente motivazione: "Mentre la nave su cui era imbarcato stava per affondare, noncurante del pericolo, fermatosi a poppa aiutava la gente a cingere la cintura di salvataggio, rincuorandola al grido di Viva il Re. Gettatosi in mare, nobilissima vittima del dovere vi trovava la morte. Basso Adriatico, 11 dicembre 1916." Le decorazione fu consegnata ai familiari il 20 settembre 1917 durante una cerimonia nel piazzale antistante la stazione ferroviaria. Nel gennaio del 1926 la salma fu riportata in patria e nel 1930, quando I'antica chiesetta romanica di San Bartolomeo fu adattata a Tempio della Vittoria in ricordo dei caduti di guerra, vi fu collocata unitamente ai resti di altri 34 caduti faentini. Teresa Pirazzini, attivissima presidente della locale Associazione Nazionale Famiglie dei Caduti di Guerra, si adoperò affinché la memoria del fratello fosse tenuta viva.
    

Busto dello scultore Adimero Ossani e lapide commemorativa.
     Nel 1941, in occasione del venticinquesimo anniversario dalla morte, fu stabilito che le scuole elementari del 3° Circolo di via Marini venissero intestate alla memoria del cappellano militare caduto. La cerimonia che vide la partecipazione delle principali autorità locali si svolse il 15 maggio, iniziò nella chiesa dei Caduti con la celebrazione della messa durante la quale fu benedetto il gagliardetto della scuola donate dai maestri Emma e Pirro Bedeschi.
Successivamente nell'ingresso della scuola furono scoperti un busto opera dello scultore Adimero Ossani e una lapide con la seguente iscrizione: "II nome del sacerdote Dott. Antonio Pirazzini - eroicamente scomparso nelle acque di Valona - ai fanciulli di questa scuola - ricordi una vita di fede e di studio - consacrata alla gloria - di una patria più grande. 1871 - 1916". Gli alunni, schierati in cortile, cantarono l’Inno della scuola composta da Mons. Giuseppe Fabbri e musicato da don Antonio Contarini.
     II discorso commemorativo fu tenuto da Mons G. Battista Merisio che era stato allievo di Pirazzini al liceo di Celana. Segui un brano musicale composto appositamente dal maestro Caffarelli e una lirica composta dal prof. Giovanni Chiapparini. Anche la famiglia Pirazzini volle dare un contribute alla scuola donando un ritratto in ceramica del congiunto. Nell'anno 2010 gli alunni di alcune classi della scuola, coadiuvati dai loro insegnati, hanno svolto delle ricerche sulla storia dell'edificio, su quella della scuola e su don Antonio Pirazzini, realizzando anche un opuscolo che contiene i risultati del loro lavoro.



Home
 Personaggi Storici