Il Cardinale Rivarola e i suoi "matrimoni" faentini

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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l Cardinale Rivarola e i suoi "matrimoni" faentini

di Salvatore Banzola


Ritratto del Cardinale Agostino Rivarola (Genova 1758 - Roma 1842)


Ancorché l'avvenimento che intendo trattare sia più che noto agli addetti ai lavori, soprattutto per una ricerca ricca, completa e rigorosa, effettuata dal prof. Leonida Costa ("In difesa di Agostino Card. Rivarola"), mi sembra opportuno riportarlo ad una parziale conoscenza dei non addetti e dei giovani, così come ci è stato illustrato da un altro storico e studioso faentino: Piero Zama - pur inserendo, in antitesi, alcune opposte convinzioni del Costa. Il Cardinale Rivarola, per mettere ordine in questa nostra Romagna insanguinata da delitti, morti ammazzati e delazioni prezzolate, prese alcuni drastici provvedimenti. Per pacificare Faenza (Sanfedisti) col suo Borgo (Papaloni) emise alcuni editti e proclami: fu disposto che sei faentine sposassero sei borghigiani (sanfedisti), e sei borghigiane sposassero sei giovanotti della città (eretica). Il Cardinale subì un attentato in gioventù. Il cronista faentino Saverio Tomba, più, o molto meno, obbiettivo e sereno, nel suo resoconto dell'avvenimento dichiara, con pura malignità, che gli sposi erano "della più fecciosa plebe". Dalla sua cronaca, fortemente negativa nei confronti degli sposi e soprattutto del Cardinale, hanno attinto a piene mani i detrattori del Rivarola. La solenne cerimonia avvenne l'8 settembre del 1824: le dodici donzelle ed i dodici giovanotti, fra due ali di popolo incuriosito, salirono la bella gradinata del duomo, vestiti di "buone vestimenta" gli sposi, e particolarmente piacenti le sposine, per la funzione religiosa officiata sollenemente dal Vescovo. Dopo la cerimonia seguì il "rinfresco" nel vicino palazzo vescovile; quindi si formò un corteo con carrozze, offerte dalle famiglie nobili della città, e poi via  per raggiungere e percorrere lo Stradone; il lungo viale a quattro fila di platani nato nel periodo napoleonico, fino alla bella "Prospettiva" meglio nota come "e Funtanò".





Ravenna: 23 luglio 1826. Fallito attentato al Cardinale Agostino Rivarola.


Un lussuoso banchetto fu servito agli sposi. Il banchetto era stato predisposto sotto tre padiglioni, allestiti allo scopo, su disegno e regia dell'architetto Pietro Tomba, e furono inservienti d'occasione i cavalieri e le dame faentine. Se non che, proprio al calar del giorno, press'a poco nell'ora del rincasare fra fra quelle coppie lamenti di diverso grado, proteste e strilli e ripulse che reclamavano - lì sul campo di battaglia - il nulla di fatto ed il niente da farsi. E fino a poco tempo fa, a Faenza, volendo spiegare le discordie, gli urli e le spinte o peggio di certi coniugi, si diceva: "Is s'rà maridè in tè Stradon - Si saranno sposati nello Stradone". Evidentemente il Rivarola pensava che, imponendo questi "Matrimoni", combinati in tutta fretta dai parroci, si sarebbe esaurita quella rivalità fra le due fazioni di Faenza. Il risultato fu che, anziché una pacificazione, si aggiunse la ulteriore fonte di discordia fra i novelli improvvisati sposi (!).
Piero Zama, in queste sue considerazioni, fra un poco di ironia e un pizzico di superficialità, si allinea alla condanna pressoché unanime affibbiata al Cardinale da molti storici, fra cui lo stesso Saverio Tomba e il Messeri, e non evidenzia, chiaramente, come altri, il lato positivo, le pagine di buona gestione da lui effettuata, in campo politico, religioso, civile,in opere pubbliche importanti, in assistenza sociale. Pur gradevole è la lettura del suo saggio, sagaci i suoi commenti. Il prof. Leonida Costa, dalle cui ricerche, valutazioni e conclusioni emerge una figura del Cardinale più corretta e focalizzata, sfata in parte le strane leggende sul suo conto con la appropriata documentazione e corrette argomentazioni nella citata ricerca "In difesa di Agostino Card. Rivarola". Il quadro lasciatoci invece da molti storici o presunti tali, dipinge a tinte forti e fosche un Rivarola perfido e assolutista; su di Lui sono stati coniati i più perfidi e volgari epiteti, lo si costringe sotto il peso di un giudizio fortemente negativo, che ha influenzato ed è stato assorbito facilmente dal pensiero di molti.




Gli sposini dello Stradone disegno di Eda Savini,
tratto dal libro: La mia Faenza di Rino Savini.


Occorre restaurare un poco questo quadro (già lo ha fatto il prof. Costa), riportare in luce le tinte nascoste più chiare, con considerazioni più giuste, a mio vedere, che, ancorché non assolvano completamente il cardinale, lo collochino comunque in una cornice molto più degna: occorre considerare i tempi dei fatti cui ci riferiamo: non solo patriottismo, ma fatti di sangue, vendette personali, delinquenza della peggiore specie, che in qualche modo il Rivarola tenta di arginare; le leggi allora in vigore erano ben chiare, precise e non imputabili al Cardinale che le fece applicare; la "Sentenza", che suscitò notevole clamore, riguardò 715 sudditi e ne colpì di condanne 514: 7 furono condannati a morte, 6 all'ergastolo, 29 a vent'anni di fortezza, 16 a quindici anni, e 37 a dieci anni, altre pene gradualmente meno gravi; l' "Editto" firmato dal Cardinale nello giorno, autorizzato dal Papa dietro le forti pressioni del Rivarola, con un saggio di umana e cristiana pietà, mitigò tutte le pene inflitte: quindi "é fatta grazia della vita ai rei condannati a morte, e permuta la loro condanna in 25 anni di reclusione; i condannati alla detenzione a vita vengono 'raccomandati alla luminosa clemenza del Nostro Signore' per la loro più o meno sollecita liberazione; infine le condanne più lievi si trasformano in un pio soggiorno in questo o quel convento di frati, quanto basta per compiere i santi spirituali esercizi"; molte le opere da Lui compiute con saggezza, lungimiranza e umanità, da strade provinciali a edifici importanti, a provvedimenti per la salute dei suoi sudditi, a regole chiare per il riordino di una situazione disastrosa. Lo storico faentino Leonida Costa, autore della presente ricerca, bene ha interpretato gli umori di questi Guelfi e Ghibellini Faentini, ha confutato le deduzioni di Piero Zama e della maggior parte degli storici Faentini, ha rivalutato l'opera del Rivarola che tutto sommato ha sempre agito per la pace a Faenza e in provincia, ottenendo risultati apprezzabili.

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