Cesare Battisti a Faenza nella cronaca di Piero Zama

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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CESARE BATTISTI A FAENZA NELLA
CRONACA DI PIERO ZAMA

Gian Paolo Costa

Il 21 novembre 1914 Cesare Battista giunge a Faenza su invito della locale sezione della «Dante Alighieri» per una conferenza. Cesare Battisti in quei mesi girava l’Italia per promuovere quell’entrata in guerra dell’Italia che a lui, profugo e deputato trentino, stava particolarmente a cuore. Tra i testimoni di quella memorabile serata Piero Zama il quale il 26 marzo 1975, sessant’anni dopo e nella medesima sala comunale, in occasione del centenario della nascita di Cesare Battisti (impiccato a Trento il 12 luglio 1916 dagli austriaci in abiti civili in quanto disertore ) commemora il patriota, il deputato, il profugo e l’interventista, parlando dei rapporti del martire trentino con la nostra città. Il Comitato di Faenza della Società Nazionale «Dante Alighieri» in occasione di quest’incontro celebrativo pubblica un opuscolo dal titolo “Cesare Battisti a Faenza”, oggi pressoché introvabile sul mercato librario: per questo pensiamo di far cosa gradita ai nostri lettori riproponendolo qui. Torniamo ora a quel giorno del 1914 e vediamo quale accoglienza fu riservata al deputato trentino a Faenza proprio attraverso la testimonianza di Piero Zama, registrata e trascritta nel citato opuscolo. Erano tre mesi che i giornali cittadini informavano la popolazione di un imminente arrivo in città di Cesare Battisti al quale, finalmente, il 21 novembre di quel 1914 – a guerra europea e poi mondiale iniziata -  il Consiglio della «Dante Alighieri» e il senatore Clemente Caldesi fanno gli onori di casa. Accolgono il deputato trentino in una sala comunale gremita di faentini accorsi per ascoltarlo sul tema: “L’Italia nel momento presente”.

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"Favorevole è l’impressione, dei faentini,
scrive Piero Zama,  alta ed eretta la figura, un fare distinto, un volto austero e sereno, un nomo forte non ancora quarantenne, che per vigoria appariva anche più giovane. E poi lo precedeva la fama di parlatore suadente, di profonda e sincera fede, di sofferte persecuzioni e condanne, di coraggioso difensore della sua terra, lembo italiano sotto il giogo straniero”. "Faenza, continua Zama, era una tappa della sua peregrinante predicazione, prima tappa nella Romagna, ed anche di questa noi eravamo gioiosi, perché ci sembrava un grande privilegio. C'era molta gente nella grande sala, molta gente di ogni età e colore, molti, chiamiamoli pure, avversari. Spiccavano per animazione gli studenti universitari e quelli di scuole superiori".

Cesare Battista, in una ricostruzione grafica, sullo sfondo il Palazzo Comunale. Annuncio pubblicitario di presentazione della conferenza. Articolo de "Il Lamone" del 29 novenbre 1914.


“Il finale del discorso, conclude Zama, fu tutto risorgimentale l’oratore citò l’«obbedisco» famoso di Garibaldi, ed invitò il popolo a ripetere quell’«obbedisco» quando sarebbe giunta l’ora. Nella sala, e poi lungo lo scalone, e poi sotto il loggiato e nella grande piazza echeggiavano grida di «abbasso l'Austria - viva Trento - Viva Trieste». E non furono soltanto le grida, ma anche discussioni, e litigi e scontri di mano”.
L’oratore con la sua dialettica ha conquista i faentini, che sono accorsi numerosi; al termine lo applaudono al grido di “Viva Trento e Trieste, Abbasso l’Austria. Tutta Faenza ne è coinvolta. Nessuno vuole abbandonare la piazza, per non dare l’impressione della fuga. 
Piero Zama conclude la sua commemorazione su “Cesare Battisti a Faenza” descrivendo le critiche e gli elogi che la stampa locale ha riversato al deputato trentino. È una relazione che dimostra quanto fosse divisa, in quel momento, l’opinione pubblica tra interventisti e neutralisti.
“Il «Piccolo», scrive Zama, concesse poco spazio all'avvenimento, relegandolo nella cronaca comune. Parole freddine, intenzionalmente oneste, tendenti a minimizzare più che a informare. Anche «Il Socialista» diede rifugio nella «cronaca» all'eccezionale evento. Con parole surgelate, in mancanza d'altro riconobbe al Battisti il merito di non essere stato un oratore infuocato. Bisognava evitare, per esempio. che il socialista Battisti fosse seguito da altri socialisti. E - come ho già detto - gli esempi non mancavano, e ripeto che era proprio in quei giorni viva e di notevole peso, la propaganda mussoliniana che commoveva in vario modo l'anima del partito socialista qui a Faenza ed in Romagna. I più cercavano motivi di disprezzo per il reprobo pagato, così si assicurava, dalla borghesia.
Altri invece ammiccavano affettuosamente, confidando in un suo ritorno all’ovile: e questo si leggeva persino nel giornale locale, [riferito al Resto del Carlino] pochi giorni dopo il discorso di Battisti". È solo il settimanale repubblicano «Il Lamone», conclude Zama, che dedica alla serata del 21 novembre un articolo entusiasta, di pieno consenso, e una sintesi scrupolosa e esatta del discorso”.
La conferenza come è stata documentata dai quotidiani locali






Cesare Battisti.


Piero Zama in una foto del 1922.

"Nella sala, e poi lungo lo scalone, e poi sotto il loggiato e nella grande piazza echeggiavano grida di «abbasso l'Austria - viva Trento - Viva Trieste». E non furono soltanto le grida, ma anche discussioni, e litigi e scontri di mano".

Sunto della conferenza di Piero Zama sull'intervento di Cesare Battisti

Egli svolse questo tema: L'Italia nel momento presente: il tema della predicazione che il profugo trentino svolgeva per amore, per la liberazione, per la redenzione della sua terra.
Debbo dire che vivissima era - se la memoria non m'inganna - l'attesa di vario genere da ogni parte; e se io potessi rappresentare in un quadro mediante una figura tale attesa, ornerei quel quadro di una pesante cornice che ha un nome: la discordia: discordia fra quanti attendevano.
Ci sembra doveroso aggiungere che moltissimi, fra questi interventisti, appartenevano a quelle generazioni che nelle scuole erano state educate all’amore di Patria [ … ]. Quelle generazioni preparavano, in quei mesi di fine d'anno 1914 e nei primi mesi 1915, preparavano appunto la quarta guerra del Risorgimento, e la loro fede non crollò nemmeno a Caporetto e li condusse vittoriosi a Vittorio Veneto. Gli interventisti di questa prima osservanza furono veramente l'anima che avvertì in Cesare Battisti l'italiano di Trento, lo sentì grande e oneroso italiano come quel piccolo sardo e quel piccolo lombardo, ossia pronto a sacrificarsi anche lui per la redenzione della sua terra.
Quanto alla seconda osservanza, o, categoria di interventisti, se era molto distinta per la qualità, era, specialmente in Romagna, molto povera per il numero. Erano i nazionalisti, un partito che calcolava sui vantaggi di un intervento anche a fianco della Germania, di una potenza a loro avviso imbattibile in guerra, esempio di disciplina civile nel governarsi, fiera delle sue affermazioni nel campo della cultura e specialmente in quello delle scienze e delle industrie, fidente nel proprio destino e pronta a battersi fino all'estremo. Una nazione che finalmente avrebbe strappato all'Inghilterra il suo assoluto dominio sui mari. I nazionalisti faentini erano pochi. Rispettavano ed erano rispettati. La loro polemica aveva un fondamento dottrinale e culturale. Piuttosto noi dobbiamo ricordare la presenza di qualche altro interventista, di particolare origine, giacché non è da escludere la sua avvenuta partecipazione alla «settimana rossa» del giugno 1914, la quale anche allora, a pochi mesi di distanza, già appariva così lontana.
A questo proposito non si può a meno, e mi scuserete, di ricordare, di nominare il romagnolo che di essa era stato anche a Faenza uno dei più ardenti animatori, cioè Mussolini; il quale allora parlava da ben altro pulpito, e suscitava in Faenza medesima e in tutta la Romagna, coi suoi articoli, consensi sino all'ammirazione. Qualcuno, in quei giorni, passava il suo giornale ad altri, ed anche a me, perché partecipassi ai suoi convincimenti, ed io ed altri sentimmo allora, per la prima volta, l’influenza di questo uomo purtroppo fatale. C'era in verità a Faenza, sul finire del 1914, anche prima dell'arrivo di Battisti, c'era in piena formazione una volontà battagliera, di cui davano prava i repubblicani, e che metteva in particolare allarme i socialisti anche perché le defezioni, o tacite, o palesi, o addirittura proclamate, non mancavano fra gli aggregati.
Oso, oggi, in questa circostanza avvicinare, non ad identificare, a Battisti, un giovane faentino intelligente, ardente, di animo generoso, e cioè il m.o Gualtiero Piccinini che in quei giorni era riuscito a dar vita ad un giornale «La Riscossa», in cui le idealità del socialismo umanitario rimangono ferme come in Battisti, ma l'interventismo di ispirazione mazziniana è il tema centrale. Piccinini sarà poi tra i primissimi a partire per la guerra, combatterà come sottotenente nel 4° Regg. Bersaglieri e poi, per malattia contratta, si spegnerà nell'ospedale civile di Faenza il 6 febbraio 1916. Aveva lasciato la bandiera rossa in disparte, aveva sentito la voce di Mazzini come voce del Risorgimento, era caduto per il tricolore.

"Mortina" di Gualtiero Piccinini.







Per ricordare la storica conferenza  di Cesare Battisti: "L'Italia nel momento presente", il 7 luglio 1935 l'onorevole Manaresi inaugura alle ore 11 nella  Sala del Consiglio Comunale una targa commemorativa.




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