Compagni di scuola al tempo di Napoleone I

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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COMPAGNI DI SCUOLA AL TEMPO DI NAPOLEONE I
(In memoria di Ilaria Dalmonte, 1979-2019, educatrice e psicoterapeuta)

Giuseppe Dalmonte



Quando Napoleone venne a Bologna nel giugno 1805, si pensò di rendergli omaggio anche a Faenza e di onorarlo con un monumento altrettanto degno della sua fama. Nel Consiglio Comunale si discussero varie proposte che vennero esaminate e vagliate attentamente, ma poi gradualmente accantonate; alla fine solo l’Amministrazione dipartimentale del Rubicone, augurandosi una visita imperiale anche in Romagna, deliberò di innalzare un nuovo Arco Trionfale con quadriga, aquile, statue, colonne e capitelli, che imitava – secondo il cronista Saverio Tomba - ‹‹quello che di sasso doveva esservi, e ne copriva la malconcia e abbandonata riedificazione››, riferendosi al secondo arco faentino rimasto incompiuto fuori Porta Imolese. L’opera progettata da Giuseppe Pistocchi, venne affidata per l’esecuzione ai valenti plasticatori Ballanti Graziani che in breve tempo con legno e tele dipinte realizzarono con stoppa e gesso le statue che decoravano l’arco, che doveva essere collocato presso il ponte sul Senio, a ricordo dello  scontro armato del 2 febbraio 1797, tanto celebrato.

                                                                       




A sinistra, prospetto della piazza Maggiore di Giuseppe Pistocchi. A destra la sede del Liceo dipartimentale
del Rubicone ex Colleggio dei Gesuiti.
Sotto, topografia del Dipartimento del Rubicone.

Ovviamente la visita imperiale in Romagna non ebbe luogo e l’effimero Arco trionfale venne smontato e depositato nel vecchio teatro faentino, posto nel Palazzo del Podestà, dove si persero presto le tracce. In quei primi anni del Regno d’Italia, Faenza andava orgogliosamente fiera di una istituzione culturale prestigiosa, che le altre città romagnole non potevano vantare, il Liceo dipartimentale del Rubicone, che dal 2 gennaio 1804 aveva iniziato a svolgere le lezioni prima nei locali del Seminario, poi nelle aule dell’ex Collegio dei Gesuiti, contando su una valida schiera di docenti locali e qualche professore forestiero, come il georgofilo fiorentino Filippo Gallizioli, l’allievo milanese di Alessandro Volta, Antonio Perego, e il letterato pesarese Filippo Ronconi. Tra gli alunni frequentanti le aule fredde e disadorne di quell’antico edificio destinato nel tempo alla formazione delle giovani generazioni, spiccano in quei primi anni alcuni adolescenti di estrazione sociale diversa ma uniti da una comune passione per lo studio dei classici, delle scienze e dell’arte.


PER CHI VUOLE APPROFONDIRE:
LA SCUOLA A FAENZA NELL'ETÀ NAPOLEONICA

Il Filosofo
Il primo per età è Tommaso Torregiani o Torrigiani, nato in una famiglia di agricoltori della parrocchia faentina di Celle il 9 marzo 1786, ma dopo pochi anni si trasferirà nelle campagne di Solarolo, dove il ragazzo compirà i primi studi mettendo in luce le sue capacità e doti non comuni. Trasferitosi a Faenza per proseguire gli studi, Tommaso ha modo di approfondire le conoscenze letterarie sotto la guida di Dionigi Strocchi, le scienze fisiche, matematiche, botaniche e filosofiche con i professori Giovanni Fagnoli, Bernardino Sacchi, Filippo Gallizioli e Alberghi Aldebrando, che erudivano le prime leve liceali faentine di quegli anni. Nello stesso tempo il giovane Tommaso sta già manifestando le proprie scelte vocazionali, cominciando a insegnare, ad appena 21 anni, la filosofia ai seminaristi, per incarico del vicario vescovile.
Ordinato sacerdote nel 1808, don Torregiani viene incaricato pochi anni dopo dell’insegnamento della lingua italiana, della storia, della geografia e dei primi elementi di fisica alle educande del Collegio di S. Chiara, posto nella sede oggi occupata dagli uffici comunali adiacenti le Poste. A dimostrazione delle sue mirabili attitudini nell’ istruire i giovani, il suo primo biografo racconta che il docente aveva composto un dizionarietto dei termini più necessari agli usi domestici, tratti dal vernacolo, per facilitare l’apprendimento della lingua italiana alle fanciulle. Saranno sue allieve anche alcune adolescenti di famiglie distinte, come Ginevra figlia del celebre letterato e Viceprefetto Dionigi Strocchi, le ravennati “trasgressive” Marianna Bacinetti e Teresa Gamba. Di lui non ci restano opere pubblicate, se non l’Elogio al sig. Conte Filippo Severoli, pubblicato nel 1823 da Montanari e Marabini, in occasione dei funerali del tenente maresciallo Severoli, generale delle armate napoleoniche e congiunto del cardinale Gabriele. Eppure il docente Torregiani, nella sua breve vita darà prova di vaste curiosità per le discipline mediche, fisiche-matematiche, letterarie oltre  che filosofiche. Il suo biografo Giuseppe Ignazio Montanari afferma che negli ultimi anni della vita lo studioso ‹‹si pose a scrivere un trattato di zoologia che non giunse a compire, ed a classificare un gran numero di piante raccolte in vari luoghi d’Italia per farne indi una storia botanica, se morte non lo avesse impedito››; infatti, dopo breve malattia, il nuovo parroco di S. Margherita in Bondiolo, don Tommaso, spirò il 16 agosto 1824, precedendo di pochi giorni nella tomba l’anziana madre Giovanna.

Il Giurista
Il secondo compagno di studi nel Liceo faentino è il figlio del dottor Silvestro Padovani, Antonio nato il 23 febbraio 1787 nella via degli Angeli, attuale via XX Settembre, nella casa al n. 38 dove si legge ancora oggi una  epigrafe che indica la brillante carriera del docente universitario di Diritto e Statistica. Dopo gli apprendimenti elementari e ginnasiali con maestri privati, il ragazzo seguì gli studi liceali biennali presso il Liceo dipartimentale faentino sotto la guida dei professori già menzionati, al termine dei corsi, s’iscrisse all’Università di Bologna per approfondire lo studio della lingua e letteratura greca, della numismatica e lapidaria, ma soprattutto delle discipline giuridiche, infatti il 9 giugno 1808 conseguì brillantemente la laurea in legge. Nel biennio successivo frequentò lo studio bolognese dell’avvocato Giovanni Vicini per fare pratica, e coltivò rapporti di stima e amicizia con il celebre latinista ed epigrafista Filippo Schiassi.

La lapide in marmo di via XX Settembre n.38.
Nel 1810 il direttore generale della pubblica istruzione del Regno d’Italia, Giovanni Scopoli sollecitò l’avvocato faentino a concorrere per una cattedra di diritto civile in un regio liceo. L’anno successivo il giovane avvocato è nominato professore d’istituzioni civili a Sondrio, nel liceo dipartimentale dell’Adda, dove nel 1813 sarà nominato Reggente o Preside. In seguito alla soppressione del piccolo liceo di Sondrio, per carenza di alunni, Antonio Padovani verrà trasferito nel liceo di Como nel novembre 1814. Con il ritorno del governo austriaco in Lombardia la carriera professionale del Padovani sembra non subire intralci, comincia  anzi l’ascesa universitaria, con la successione alla cattedra pavese di Statistica, di un altro romagnolo, il cervese Adeodato Ressi, prima come supplente, poi come ordinario; dal 1822 viene trasferito alla cattedra di Procedura giudiziaria e notarile. Infine nel 1828, per la stima e fiducia dei colleghi viene nominato Rettore dell’ateneo pavese. Durante lo svolgimento di questa importante funzione, l’insigne giurista fu colpito da una violenta meningite che in poco tempo lo portò alla tomba, l’11 agosto 1829, alla età di 42 anni.
I compagni di scuola del Padovani sottolinearono concordi l’ingegno prontissimo, il carattere tenace e cordiale, la grande memoria, e la grande predisposizione per le lingue classiche, infatti negli anni trascorsi a Sondrio e a Como il docente compose e pubblicò alcune opere poetiche per nozze, traduzioni o studi di erudizione letteraria, durante l’insegnamento universitario a Pavia si dedicò invece agli studi giuridici, alle scienze economiche e statistiche, come dimostrano i diversi volumi e manoscritti, donati dal figlio Carlo alla Biblioteca Comunale di Faenza.

Il Letterato
Il terzo liceale, compagno di classe dei precedenti, ma soprattutto allievo del celebre Cavaliere Dionigi Strocchi, ‹‹uno di coloro, ai quali già toccò in sorte di ascoltare le dottissime lezioni vostre allora quando ai tempi del Regno Italico foste Professore di Eloquenza nel Liceo Dipartimentale del Rubicone, che era stabilito in questa nostra comune Patria››, come dichiara il conte Ferdinando Pasolini Dall’Onda nella dedica al Maestro della propria copiosa raccolta poetica. Ferdinando nato il 2 gennaio 1788 dal conte Nicola e dalla marchesa di Parma Marianna Amalia Lalatta, fu tenuto al fonte battesimale da Ferdinando I di Parma e dall’Arciduchessa Amalia.

Frontespizio del libro:
"Del museo Pasolini in Faenza" di Luigi Frati.

Dopo i primi insegnamenti ricevuti da istitutori, il giovane frequenta il corso liceale tenuto dai docenti che poi regolarmente e affettuosamente rievocherà nei suoi sonetti composti in varie occasioni: il professore di fisica Bernardino Sacchi, il matematico Giovanni Fagnoli, il professore di disegno e storia dell’arte Giuseppe Zauli, il professore di francese Baldassare Gessi.
Dal 1807 al 1809 frequenterà presso l’Ateneo Bolognese le lezioni di Archeologia, ossia Antiquaria e Numismatica, del professore canonico Filippo Schiassi, quelle di storia naturale del professore Camillo Ranzani, ma poi colpito da una malattia non precisata, ‹‹che gli durò a lungo››, il giovane Ferdinando fu costretto a interrompere suo malgrado gli studi prediletti nel fiore degli anni e a far ritorno a Faenza.
A quell’epoca risale anche l’amicizia con il numismatico Vincenzo Natale Scotti che visita e ammira alcune rarissime monete e medaglie antiche contenute nel copioso Museo del conte Pasolini, lusingato che potessero essere illustrate da un sì valente studioso nell’opera che stava pubblicando a Firenze nel 1809. Nel 1816 il conte sposa Orsola Rondinini, dalla quale avrà una numerosa prole. Nel 1818 il conte Ferdinando affidò ai pittori Felice Giani e a Gaetano Bertolani la decorazione pittorica di alcune sale del suo palazzo di via Severoli, dove il numismatico e appassionato di antichità raccolse una ricca collezione artistica, di maioliche antiche, di avori e bronzi, armi, smalti e marmi, oltre alla cospicua raccolta di monete e medaglie, che in seguito alla morte nel 1850 del letterato, saranno vendute e disperse tra vari collezionisti e musei. A testimonianza del gusto e degli interessi culturali di questo appassionato di archeologia e numismatica, oltre al prezioso Catalogo dei Libri Posseduti dal Conte Benvenuto Pasolini, Faentino, stampato da Pietro Conti all’Apollo,(dove sono elencate ben 1906 opere suddivise tra italiane, latine, francesi e inglesi, con numerose edizioni di pregio, in particolare cinquecentine) oggi non ci resta che la descrizione analitica Del Museo Pasolini in Faenza curata dal noto archeologo e numismatico bolognese Luigi Frati (1815-1902), e infine come prova del suo prolifico estro poetico ci ha lasciato l’abbondante raccolta dei Sonetti del Conte Ferdinando Dall’Onda Pasolini Faentino, Pastore Arcade e Socio di altre Accademie,  pubblicato a Faenza nel 1832.


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