GINO BARBIERI
Cesena, 26 novembre 1885 – Monte Zomo, fronte di guerra, 16/17 novembre 1917
Pittore, incisore e illustratore, si forma a Firenze presso l'Accademia di Belle Arti.
Qui l'artista ha l'occasione di entrare in contatto con intellettuali e
artisti di spicco della Firenze di inizio Novecento tra cui il suo
maestro Adolfo De Carolis, di cui sarà un allievo prediletto.
Fin dai suoi esordi mostra di essere uno xilografo di talento, tanto
che nel 1911 debutta su “L'eroica”, prestigiosa rivista di Ettore
Cozzani e Franco Oliva, per la quale realizza varie copertine e tavole
e nel 1912 viene premiato con la medaglia d’oro alla prima mostra
internazionale di xilografia a Levanto.
L'influenza di De Carolis, artista dal gusto preraffaellita e
personalissimo, emerge notevolmente nelle opere di Barbieri di questi
anni. L'incisore cesenate infatti imposta il suo percorso artistico
xilografico su due vie parallele: da un lato continua a produrre legni
per l'editoria, monocromi di piccole dimensioni molto elaborati, in un
alternarsi di opere dal gusto epico-mitologico con altre permeate di
pungente sarcasmo; dall'altro sviluppa la ricerca sulla xilografia
policroma, quasi esclusivamente rivolta al ritratto sino a diventarne
insuperato maestro.
La sua sincera adesione alla guerra, come volontario, è stata certo di
matrice risorgimentale all’inizio e poi forse più motivata dal pensiero
interventista e nazionalista di D’Annunzio, verso il quale Barbieri ha
dimostrato (ritraendolo anche) più d’un semplice segno d’ammirazione.
Nel settembre del 1915 è inviato a Malamocco, successivamente giunge al
Lido di Venezia per poi essere assegnato al 77° Reg. Fanteria della
Brigata Toscana e raggiunge il fronte dell'Isonzo.
Nelle opere incise dall'arruolamento in poi affronta un percorso nuovo
lasciandosi alle spalle il mondo onirico e ironico delle ultime
xilografie, l'eleganza e la raffinatezza dei ritratti e la xilografia
policroma.
Gino Barbieri muore nel novembre del 1917 al fronte, sull’Altopiano di Asiago.
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GIANNETTO MALMERENDI
Faenza, 3 novembre 1893 – Cesena, 7 agosto 1968
Giannetto Malmerendi nasce a Faenza nel 1893. Si avvicina al mondo
dell'arte molto giovane frequentando i corsi della Scuola di Arte e
Mestieri “Tommaso Minardi” e vive nel clima artistico faentino del
primo Novecento particolarmente vivace.
Successivamente, durante la sua permanenza a Bologna, Malmerendi ha
l’opportunità di conoscere De Carolis, illustratore ufficiale di
D’Annunzio e Pascoli, artista che riunisce attorno a sé un gruppo di
giovani incisori partecipanti all’avventura de “L’Eroica”.
Dal gennaio del 1914, l’artista faentino aderisce al movimento
futurista e collabora con Filippo Tommaso Marinetti e Umberto Boccioni.
Nel gennaio del 1915, dopo una mostra personale futurista inaugurata da
Marinetti, Malmerendi parte militare, assegnato al Genio Telegrafisti
di Firenze.
Nel gennaio del 1916 è trasferito a Verona in zona di guerra, con
l’incarico di disegnare fortificazioni e trincee e ove è tra i
promotori di una mostra d’arte per beneficenza agli invalidi di guerra.
Per i suoi incarichi di rilievi topografici e delle opere di
fortificazione si reca frequentemente nelle prime linee del fronte di
guerra.
Terminata la guerra scrive un testo autobiografico intitolato “Un
caporale dell’Arma del Genio e pittore” che intendeva pubblicare nel
1929 illustrandolo con incisioni come una sorta di libro d’artista. Il
testo è però rimasto inedito ed stato stampato solo nel 2016 dal Museo
di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.
Una riflessione diretta sulla sua esperienza di guerra è pubblicata nel
1934, in occasione di una mostra personale a Cesena. «La guerra – ha
ricordato Malmerendi – ci trovò un po’ tutti pieni di tormento e di
ricerca, carichi di responsabilità per la nazione e non fu lieve il
diventare umili e ubbidienti soldati dei ranghi per la guerra. Essa ci
cambiò, separò un po’ tutti dall’uno all’altro, volle a ciascuno ancora
in questa terra lasciare un’impronta sua a quelli spirati diede glorie
adorabili. Ritornati i vivi, fatti forti di noi stessi e dei nostri
sentimenti abbiamo ripreso le nostre arti, ma non più quelle, o meglio
l’evoluzione di quelle».
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FRANCESCO NONNI
Faenza, 4 novembre 1885 – Faenza, 14 settembre 1976
Iniziò prestissimo, presso l’Ebanisteria Casalini, l’apprendistato
dell’intaglio del legno che restò fondamentale per tutta la vita.
Allievo della Scuola Comunale di Disegno e Plastica, allora diretta da
Antonio Berti, iniziò a produrre raffinate xilografie che espose alle
Biennali veneziane dell’anteguerra inaugurando, contemporaneamente, una
lunga e fortunata carriera di illustratore di libri per l’infanzia. Fu
amico fraterno di Domenico Baccarini e degli altri artisti del gruppo
passato alla storia come Cenacolo Baccariniano, sodalizio che, se pure
di breve durata, agì in profondità nel rinnovamento della vita
artistica di Faenza e della Romagna. Nel 1911 Nonni è tra i primi
collaboratori de “L’Eroica”. Nel 1913 espone alla mostra della
Secessione Romana. Nel 1915 entrò come insegnante di plastica in quella
Scuola di Disegno che aveva frequentato come allievo. Richiamato alle
armi nel 1916 e inviato al fronte, venne fatto prigioniero durante la
rotta di Caporetto e rinchiuso nel campo di concentramento di Celle
fino alla fine del 1918. Al rientro a Faenza riprese l’attività di
insegnante ed artista fino alle soglie della scomparsa. Disegnatore,
xilografo, plasticatore e pittore, Nonni fu artista poliedrico e
protagonista di una lunga stagione creativa tutta svolta all’insegna di
una raffinata ricerca formale.
Resta fondamentale la pubblicazione, dal 1924 al 1926 della rivista
Xilografia, prima mensilmente e poi trimestralmente, sulle cui pagine
apparvero incisioni originali dei più apprezzati xilografi italiani e
stranieri e che ebbe riconoscimenti unanimi in tutta Europa.
La scomparsa avvenne il 14 settembre 1976 nella sua Faenza.
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Presentazione critica dell'artista |
Presentazione critica dell'artista |
Presentazione critica dell'artista |
Gino Barbieri è testimone diretto dell’Italia che mutò tragicamente,
passando da un'epoca di sogni e ideali alla disillusione degli stessi
che si ebbe con la carneficina della Prima Guerra Mondiale. L’artista
cesenate, partito per il fronte come volontario, realizzò un’imponente
serie di xilografie di guerra, una sorta di cronaca di vita militare di
forte impatto emozionale. Il suo lavoro è cresciuto di intensità e
drammaticità di pari passo all'avanzare del conflitto, svelato con un
segno sempre più crudo, nervoso, espressionista.
Nelle prime xilografie della sua vita militare prevale l'aspetto
celebrativo della guerra e delle sue tecnologie. Sul prolungarsi del
conflitto, però, lo stile di Barbieri muta profondamente: il segno
diventa ancora più frenetico, si avverte sempre più l'urgenza nel segno
inciso, molto spesso i solchi sono strappati. Emerge la crudezza e la
veridicità delle scene raffigurate, le quali assumono una straziante
drammaticità avvicinando le ultime opere all'ambito dell'espressionismo
italiano. È lecito supporre che in Barbieri si sia consumata una
profonda crisi.
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Nelle xilografie preparate per la pubblicazione del volume sulla sua
vita militare dal 12 gennaio 1915 al 6 settembre 1919, Giannetto
Malmerendi realizza una sua personale iconografia di guerra.
Confrontando quest’ultima con le iconografie di altri incisori che
prendono parte al conflitto (Lorenzo Viani, Emilio Mantelli o Gino
Barbieri), dove emerge la matrice espressionista frutto dell’orrore e
dell’impotenza per ciò che gli autori stanno vivendo, si nota come
invece quella di Malmerendi appaia come il risultato di un’elaborazione
successiva, misurata e distante.
Ogni soggetto è lo specchio di un’intenzione narrativa, elaborato
pensando più a illustrare un racconto che dettato da un’urgenza
espressiva. Come ha scritto Federico Zanoner, «nel racconto della
guerra di Malmerendi non si ravvisano i toni enfatici di esaltazione
della guerra di matrice futurista ma nemmeno quella di denuncia;
prevale piuttosto uno sguardo oggettivo sugli effetti che essa produce
sulla fisicità delle cose e sull’ambiente e sono rare le espressioni di
un forte coinvolgimento emotivo».
Considerazioni di natura stilistica e stile narrativo fanno pensare
comunque che la serie di guerra realizzata da Malmerendi sia più
prossima al 1929, data annunciata di pubblicazione del libro di
memorie, che agli anni della guerra. Nel racconto costruito a distanza
rimangono però presenti segni di primitivismo ed elementi figurativi
che partono da una matrice futurista per arrivare all’urlo
dell’immagine, tipico della grafica espressionista.
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Nei disegni di Nonni vi è rappresentata la vita quotidiana degli
ufficiali italiani priogionieri nei campi di concentramento tedeschi di
Rastatt e di Celle poi.
La scarna e spettrale geografia delle baracche e dei reticolati è la
cornice entro cui si svolgono le interminabili giornate dei
prigionieri, scandite soprattutto dall’attesa dello scarso cibo.
Ci appare un’umanità ridotta alle più elementari funzioni
dell’esistenza. I disegni sono stati riordinati ed esposti secondo la
schema di racconto proposto da Rolando Anni e Carlo Perucchetti in
“Voci e silenzi di prigionia. Cellelager 1917-1918” (Cangemi editore,
Roma, 2015). I vari capitoli di questo racconto sono rispettivamente:
il viaggio, l’arrivo, il campo di Celle, le baracche, la fame, la
sbobba, il pane, i pacchi, l’igiene, l’appello, il controllo, la
violenza, la morte, la cultura, la poesia, lo svago.
In quel campo, Nonni ebbe come compagni di prigionia alcuni letterati
destinati, nei decenni successivi, a diventare figure di primo piano
della cultura italiana: Ugo Betti, Carlo Emilio Gadda e Bonaventura
Tecchi.
«Il Nonni espone una serie di disegni “scene di prigionia”. Sono
episodi di stenti, di fame, di fatica, di morte, sentiti con
commozione, sincera perché vissuta e profondamente patita. Il dolore,
lo squallore, la disperazione visti con puro occhio d’esteta e resi con
onesta ed efficace evidenza. In questo genere sono opere non comuni.»
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Alcune opere esposte alla mostra
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Gino Barbieri
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Giannetto Malmerendi
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Francesco Nonni
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Avanti per la Patria, 1917, xilografia.
Fanti, 1917, xilografia.
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Reticolati , 1920-25, xilografia.
Reticolati, 1920-25, xilografia.
Sulla strada per Bazzecca o strada minata riattivata, 1920-25, xilografia.
Bagliori aerei, 1920-25, xilografia.
vai alla pagina della Pinacoteca sulla mostra: Una generazione stroncata...
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L'entrata al Campo di Celle.
Una strada del Campo di Celle.
Prigioniero con scodella.
Ufficiali italiani partono da Rastatt per il campo di Celle.
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