Una generazione stroncata

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Una generazione stroncata

Barbieri, Malmerendi e Nonni: tre artisti romagnoli
nella Prima Guerra Mondiale

a cura della Pinacoteca Comunale di Faenza

Varie generazioni di artisti romagnoli hanno partecipato alla Prima Guerra Mondiale. Partiti in molti casi volontari, furono profondamente segnati dagli anni di Guerra. Il faentino Pietro Melandri in una lettera scritta a Francesco Nonni il 22 maggio 1915 invitò l'amico ad avere coraggio ed espresse la speranza "di infilzare tanti tedeschi". Per lui la guerra finì nel campo di prigionia ungherese di Somoria. Anche per Francesco Nonni l'esperienza di guerra finì in un campo di prigionia: fatto prigioniero dopo la rotta di Caporetto fu rinchiuso nel campo di Cellelager in Germania dove rimase dal novembre 1917 al gennaio 1919. Si può dunque comprendere come a cinquanta anni da quella esperienza, esattamente il 4 novembre 1967 in occasione del suo ottantesimo compleanno, Francesco Nonni scrisse di far parte di quella generazione che la guerra 15-18 aveva stroncato inesorabilmente. La mostra in Pinacoteca racconta, con 80 opere di Gino Barbieri, Francesco Nonni e Giovanni Malmenrendi, il dramma della guerra. Il racconto è tutto in bianco e nero.
Particolarmente significativa è la scelta artistica di due di questi artisti, Barbieri e Nonni, che pur utilizzando due tecniche diverse, il disegno e la xilografia, per denunciare la crudeltà e brutalità della Guerra ricorrono entrambi alla forma espressionista. Nonni realizza disegni col duro segno espressionista sulla sua vita di prigionia a Cellelager, mentre in precedenza si era espresso con il Liberty e successivamente realizza veri e propri capolavori Decò. Barbieri prima di incidere nel legno, con grande durezza del segno, la sua vita in trincea si era distinto per l'eleganza classica della sua arte. Diversa è la vicenda di Giovanni Malmerendi che costruisce a distanza un racconto della guerra in cui sono presenti segni di primitivismo ed elementi figurativi che partono da una matrice futurista per arrivare all'urlo dell'immagine, tipico della grafica espressionista.
Ad accompagnare la mostra anche un commento critico delle opere, inserito nell'app e audioguida della pinacoteca.

GINO BARBIERI

Cesena, 26 novembre 1885 – Monte Zomo, fronte di guerra, 16/17 novembre 1917



Pittore, incisore e illustratore, si forma a Firenze presso l'Accademia di Belle Arti.
Qui l'artista ha l'occasione di entrare in contatto con intellettuali e artisti di spicco della Firenze di inizio Novecento tra cui il suo maestro Adolfo De Carolis, di cui sarà un allievo prediletto.
Fin dai suoi esordi mostra di essere uno xilografo di talento, tanto che nel 1911 debutta su “L'eroica”, prestigiosa rivista di Ettore Cozzani e Franco Oliva, per la quale realizza varie copertine e tavole e nel 1912 viene premiato con la medaglia d’oro alla prima mostra internazionale di xilografia a Levanto.
L'influenza di De Carolis, artista dal gusto preraffaellita e personalissimo, emerge notevolmente nelle opere di Barbieri di questi anni. L'incisore cesenate infatti imposta il suo percorso artistico xilografico su due vie parallele: da un lato continua a produrre legni per l'editoria, monocromi di piccole dimensioni molto elaborati, in un alternarsi di opere dal gusto epico-mitologico con altre permeate di pungente sarcasmo; dall'altro sviluppa la ricerca sulla xilografia policroma, quasi esclusivamente rivolta al ritratto sino a diventarne insuperato maestro.
La sua sincera adesione alla guerra, come volontario, è stata certo di matrice risorgimentale all’inizio e poi forse più motivata dal pensiero interventista e nazionalista di D’Annunzio, verso il quale Barbieri ha dimostrato (ritraendolo anche) più d’un semplice segno d’ammirazione.
Nel settembre del 1915 è inviato a Malamocco, successivamente giunge al Lido di Venezia per poi essere assegnato al 77° Reg. Fanteria della Brigata Toscana e raggiunge il fronte dell'Isonzo.
Nelle opere incise dall'arruolamento in poi affronta un percorso nuovo lasciandosi alle spalle il mondo onirico e ironico delle ultime xilografie, l'eleganza e la raffinatezza dei ritratti e la xilografia policroma.
Gino Barbieri muore nel novembre del 1917 al fronte, sull’Altopiano di Asiago.
GIANNETTO MALMERENDI

Faenza, 3 novembre 1893 – Cesena, 7 agosto 1968



Giannetto Malmerendi nasce a Faenza nel 1893. Si avvicina al mondo dell'arte molto giovane frequentando i corsi della Scuola di Arte e Mestieri “Tommaso Minardi” e vive nel clima artistico faentino del primo Novecento particolarmente vivace.

Successivamente, durante la sua permanenza a Bologna, Malmerendi ha l’opportunità di conoscere De Carolis, illustratore ufficiale di D’Annunzio e Pascoli, artista che riunisce attorno a sé un gruppo di giovani incisori partecipanti all’avventura de “L’Eroica”.
Dal gennaio del 1914, l’artista faentino aderisce al movimento futurista e collabora con Filippo Tommaso Marinetti e Umberto Boccioni.
Nel gennaio del 1915, dopo una mostra personale futurista inaugurata da Marinetti, Malmerendi parte militare, assegnato al Genio Telegrafisti di Firenze.
Nel gennaio del 1916 è trasferito a Verona in zona di guerra, con l’incarico di disegnare fortificazioni e trincee e ove è tra i promotori di una mostra d’arte per beneficenza agli invalidi di guerra. Per i suoi incarichi di rilievi topografici e delle opere di fortificazione si reca frequentemente nelle prime linee del fronte di guerra.
Terminata la guerra scrive un testo autobiografico intitolato “Un caporale dell’Arma del Genio e pittore” che intendeva pubblicare nel 1929 illustrandolo con incisioni come una sorta di libro d’artista. Il testo è però rimasto inedito ed stato stampato solo nel 2016 dal Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto.
Una riflessione diretta sulla sua esperienza di guerra è pubblicata nel 1934, in occasione di una mostra personale a Cesena. «La guerra – ha ricordato Malmerendi – ci trovò un po’ tutti pieni di tormento e di ricerca, carichi di responsabilità per la nazione e non fu lieve il diventare umili e ubbidienti soldati dei ranghi per la guerra. Essa ci cambiò, separò un po’ tutti dall’uno all’altro, volle a ciascuno ancora in questa terra lasciare un’impronta sua a quelli spirati diede glorie adorabili. Ritornati i vivi, fatti forti di noi stessi e dei nostri sentimenti abbiamo ripreso le nostre arti, ma non più quelle, o meglio l’evoluzione di quelle».

FRANCESCO NONNI

Faenza, 4 novembre 1885 – Faenza, 14 settembre 1976



Iniziò prestissimo, presso l’Ebanisteria Casalini, l’apprendistato dell’intaglio del legno che restò fondamentale per tutta la vita. Allievo della Scuola Comunale di Disegno e Plastica, allora diretta da Antonio Berti, iniziò a produrre raffinate xilografie che espose alle Biennali veneziane dell’anteguerra inaugurando, contemporaneamente, una lunga e fortunata carriera di illustratore di libri per l’infanzia. Fu amico fraterno di Domenico Baccarini e degli altri artisti del gruppo passato alla storia come Cenacolo Baccariniano, sodalizio che, se pure di breve durata, agì in profondità nel rinnovamento della vita artistica di Faenza e della Romagna. Nel 1911 Nonni è tra i primi collaboratori de “L’Eroica”. Nel 1913 espone alla mostra della Secessione Romana. Nel 1915 entrò come insegnante di plastica in quella Scuola di Disegno che aveva frequentato come allievo. Richiamato alle armi nel 1916 e inviato al fronte, venne fatto prigioniero durante la rotta di Caporetto e rinchiuso nel campo di concentramento di Celle fino alla fine del 1918. Al rientro a Faenza riprese l’attività di insegnante ed artista fino alle soglie della scomparsa. Disegnatore, xilografo, plasticatore e pittore, Nonni fu artista poliedrico e protagonista di una lunga stagione creativa tutta svolta all’insegna di una raffinata ricerca formale.
Resta fondamentale la pubblicazione, dal 1924 al 1926 della rivista Xilografia, prima mensilmente e poi trimestralmente, sulle cui pagine apparvero incisioni originali dei più apprezzati xilografi italiani e stranieri e che ebbe riconoscimenti unanimi in tutta Europa.
La scomparsa avvenne il 14 settembre 1976 nella sua Faenza.

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Presentazione critica dell'artista Presentazione critica dell'artista Presentazione critica dell'artista

Gino Barbieri è testimone diretto dell’Italia che mutò tragicamente, passando da un'epoca di sogni e ideali alla disillusione degli stessi che si ebbe con la carneficina della Prima Guerra Mondiale. L’artista cesenate, partito per il fronte come volontario, realizzò un’imponente serie di xilografie di guerra, una sorta di cronaca di vita militare di forte impatto emozionale. Il suo lavoro è cresciuto di intensità e drammaticità di pari passo all'avanzare del conflitto, svelato con un segno sempre più crudo, nervoso, espressionista.
Nelle prime xilografie della sua vita militare prevale l'aspetto celebrativo della guerra e delle sue tecnologie. Sul prolungarsi del conflitto, però, lo stile di Barbieri muta profondamente: il segno diventa ancora più frenetico, si avverte sempre più l'urgenza nel segno inciso, molto spesso i solchi sono strappati. Emerge la crudezza e la veridicità delle scene raffigurate, le quali assumono una straziante drammaticità avvicinando le ultime opere all'ambito dell'espressionismo italiano. È lecito supporre che in Barbieri si sia consumata una profonda crisi.

Nelle xilografie preparate per la pubblicazione del volume sulla sua vita militare dal 12 gennaio 1915 al 6 settembre 1919, Giannetto Malmerendi realizza una sua personale iconografia di guerra.
Confrontando quest’ultima con le iconografie di altri incisori che prendono parte al conflitto (Lorenzo Viani, Emilio Mantelli o Gino Barbieri), dove emerge la matrice espressionista frutto dell’orrore e dell’impotenza per ciò che gli autori stanno vivendo, si nota come invece quella di Malmerendi appaia come il risultato di un’elaborazione successiva, misurata e distante.
Ogni soggetto è lo specchio di un’intenzione narrativa, elaborato pensando più a illustrare un racconto che dettato da un’urgenza espressiva. Come ha scritto Federico Zanoner, «nel racconto della guerra di Malmerendi non si ravvisano i toni enfatici di esaltazione della guerra di matrice futurista ma nemmeno quella di denuncia; prevale piuttosto uno sguardo oggettivo sugli effetti che essa produce sulla fisicità delle cose e sull’ambiente e sono rare le espressioni di un forte coinvolgimento emotivo».
Considerazioni di natura stilistica e stile narrativo fanno pensare comunque che la serie di guerra realizzata da Malmerendi sia più prossima al 1929, data annunciata di pubblicazione del libro di memorie, che agli anni della guerra. Nel racconto costruito a distanza rimangono però presenti segni di primitivismo ed elementi figurativi che partono da una matrice futurista per arrivare all’urlo dell’immagine, tipico della grafica espressionista.

Nei disegni di Nonni vi è rappresentata la vita quotidiana degli ufficiali italiani priogionieri nei campi di concentramento tedeschi di Rastatt e di Celle poi.
La scarna e spettrale geografia delle baracche e dei reticolati è la cornice entro cui si svolgono le interminabili giornate dei prigionieri, scandite soprattutto dall’attesa dello scarso cibo.
Ci appare un’umanità ridotta alle più elementari funzioni dell’esistenza. I disegni sono stati riordinati ed esposti secondo la schema di racconto proposto da Rolando Anni e Carlo Perucchetti in “Voci e silenzi di prigionia. Cellelager 1917-1918” (Cangemi editore, Roma, 2015). I vari capitoli di questo racconto sono rispettivamente: il viaggio, l’arrivo, il campo di Celle, le baracche, la fame, la sbobba, il pane, i pacchi, l’igiene, l’appello, il controllo, la violenza, la morte, la cultura, la poesia, lo svago.
In quel campo, Nonni ebbe come compagni di prigionia alcuni letterati destinati, nei decenni successivi, a diventare figure di primo piano della cultura italiana: Ugo Betti, Carlo Emilio Gadda e Bonaventura Tecchi.
«Il Nonni espone una serie di disegni “scene di prigionia”. Sono episodi di stenti, di fame, di fatica, di morte, sentiti con commozione, sincera perché vissuta e profondamente patita. Il dolore, lo squallore, la disperazione visti con puro occhio d’esteta e resi con onesta ed efficace evidenza. In questo genere sono opere non comuni.»


Alcune opere esposte alla mostra
Gino Barbieri
Giannetto Malmerendi
Francesco Nonni


Avanti per la Patria, 1917, xilografia.


Fanti, 1917, xilografia.


Reticolati , 1920-25, xilografia.


Reticolati, 1920-25, xilografia.


Sulla strada per Bazzecca o strada minata riattivata, 1920-25, xilografia.


Bagliori aerei, 1920-25, xilografia.




vai alla pagina della Pinacoteca sulla mostra: Una generazione stroncata...



L'entrata al Campo di Celle.


Una strada del Campo di Celle.


Prigioniero con scodella.


Ufficiali italiani partono da Rastatt per il campo di Celle.


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