Il gruzzolo di Faenza storia di una scoperta
di Chiara Guarnieri
Come
tutti i ritrovamenti di tesori anche il gruzzolo di Faenza nasconde una
storia che merita di essere raccontata. II suo rinvenimento, nel 1993,
è stato del tutto casuale. Lasciamo alle parole di Vittorio Gambi, lo
scopritore, la descrizione di che cosa e avvenuto:

Il contenitore con parte del gruzzolo al momento della scoperta.
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"Durante
un piccolo lavoro di ristrutturazione nello scantinato di casa, in un
angolo del muro vicino al pavimento, senza rendermene conto ho colpito
con il martello una ciotola di terracotta che si trovava in una nicchia
creata tra le pietre. La ciotola rotta nella parte superiore vicino al
coperchio di ferro, lasciava cadere per terra delle monete. Una volta
estratta dal muro, ho notato che la parte rimasta intatta della ciotola
conteneva ancora molte monete, sistemate in verticale e incastrate in
modo ordinato tra loro. Con grande stupore e curiosità ho estratto le
monete, erano moltissime e non mi capacitavo di come potessero essere
tutte contenute in quella piccola ciotola".
II
rinvenitore, comprensibilmente piuttosto sorpreso da quanto trovato,
parlò della scoperta con un parente che a sua volta, conoscendo
l'ispettore onorario della Soprintendenza per i Beni Archeologici, li
mise in contatto. Nell'incontro che seguì, lo scopritore espresse la
volontà di rendere pubblico il rinvenimento, avendo la consapevolezza
di avere trovato qualcosa di importante per la storia della propria
città. Non appena avvenuta la consegna delle monete alla Soprintendenza
tutto il gruzzolo fu studiato ed ebbe una pubblicazione, diffusa
solamente tra gli specialisti numismatici.(1) Questo studio ha avuto il
merito di rendere nota alla comunità scientifica l'importante scoperta
che però rimaneva del tutto sconosciuta ai cittadini faentini ed al
grande pubblico.
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La riproduzione del contenitore con le monete pulite.
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L'occasione si è materializzata nel momento in cui la
Banca di Credito Cooperativo ravennate e imolese, dando forma alla
volontà del rinvenitore, ha espresso l'intenzione di esporre al
pubblico il gruzzolo, corredandolo di una pubblicazione che
documentasse in modo esaustivo il rinvenimento. Quale
luogo migliore di una banca per esporre questo piccolo tesoro? E forse
sarebbe stato contento anche chi, alla fine del XVIII secolo, aveva
voluto nascondere e quindi proteggere questo bel gruzzolo di monete. Quali
furono le circostanze che portarono al suo occultamento? Il
rinvenimento di un gruzzolo di monete è un indicatore di una fase di
instabilità politica ed economica: in tempi difficili si tende a
risparmiare e, se sopravvengono ulteriori difficoltà, anche a
nascondere quanto si è riusciti a mettere da parte, in attesa di
recuperalo quando le condizioni fossero migliorate. Ciò non è stato
evidentemente possibile a chi aveva nascosto le monete, che sono
rimaste la dove furono lasciate per circa duecento anni, fino al
momento in cui, del tutto casualmente, furono ritrovate. II gruzzolo è
composto da 1175 (2) monete — la maggior pane delle quali appartenenti
allo Stato della Chiesa, di cui Faenza faceva parte. Le monete sono
databili dalla seconda metà del XVII secolo al 1796, anno di coniazione
di quella più recente e terminus post quern della formazione di questo
gruzzolo. Maggiormente rappresentate sono le emissioni dei papi
Clemente XI (1700-1721), Clemente XII (1730-1740), Benedetto XIV
(1740-1758) e Pio VI (1775-1799); a queste si aggiunge un piccolo
nucleo di monete appartenenti ad altri Stati. Non deve stupire questa
presenza visto che per ovviare alla mancanza di monete in argento ed
oro, lo Stato Pontificio consentiva all'intemo del suo territorio la
libera circolazione dei grandi nominali appartenenti a stati esteri.
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L'analisi delle monete e del loro stato di conservazione ha permesso a
Michele Chimienti, a cui è stato affidato lo studio del complesso, di
proporre un'ipotesi riguardo la formazione di questo tesoretto: si
tratta con ogni probabilità del frutto di risparmi prolungati nel tempo
ed occultati in tutta fretta per scongiurare il pericolo che questo
gruzzolo di denaro venisse requisito dalle armate di Napoleone, II
ricordo di quei giorni è stato vivacemente tratteggiato dal faentino
monsignor Francesco Lanzoni (1862-1929) in un lavoro intitolato A
Faenza negli ultimi cinque anni del secolo scorso (1796-1800),
pubblicato nel 1900 in trentadue puntate nel periodico cattolico
faentino Il Piccolo e nuovamente edito da Giuseppe Dalmonte nel
2001.(3)

La battaglia di Faenza del 2 febbraio 1797.
I papalini prima della battaglia.
Disegno di Luigi Emiliani da una
caricatura di Felice Giani.
(Faenza, Museo del Risorgimento
e dell'età contemporanea) (Lanzoni 2001).
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Dal
Lanzoni apprendiamo che già nel primi giorni del maggio 1796 era giunta
a Faenza la notizia che le truppe francesi, al comando di Napoleone
Bonaparte, erano arrivate in Piemonte, notizia che aveva gettato i
faentini nello sconforto e aveva dato seguito ad una serie di
invocazioni religiose a protezione della città; ma il terrore raggiunse
l'apice il 19 giugno quando si seppe che i francesi erano entrati in
Bologna e poco dopo a Imola. II 23 giugno 1796 fu inviata una
delegazione di faentini da Napoleone per ottenere rassicurazioni in
merito al trattamento della città ma in nottata i francesi avevano
marciato verso Faenza, puntandole contro sei cannoni che avevano
razziato agli artiglieri pontifici di Imola; nella mattina del 24 i
Francesi con ottocento uomini entrarono in città. Il primo atto fu
quello di confiscare tutte le munizioni, per passare poi al Pubblico
Erario, dove furono requisiti 5.000 scudi, ed al Monte di Pietà dal
quale furono prelevati 70.000 scudi, più quattro cassoni d'oro e
d'argento. Non era che l'inizio di altre onerose "contribuzioni" che
tutta la comunità della Romagna dovette versare ai francesi; la sola
Faenza il 26 giugno dovette contribuire con 45.745 scudi. Un Bando
emesso dal Senato bolognese nel novembre 1796 per raccogliere l'argento
preteso dall'armata francese (si veda ultra fig. 16) rende appieno
conto della situazione nella quale ci si trovava e ben motiva
l'occultamento del gruzzolo faentino. La battaglia decisiva che
assicurò i territori romagnoli della Legazione Pontificia ai francesi
avvenne l'anno seguente, il 2 febbraio 1797 sul fiume Senio, a breve
distanza da Faenza; vinta la debole resistenza delle milizie pontificie
la divisione Victor assieme ad alcune compagnie della legione
cispadana, occuparono Faenza ed in seguito Forli, Ravenna e Rimini.(4)

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Sopra, doppio giallo da venti baiocchi,
Benedetto XIV, ritratto del Pontefice.
A lato la copertina del libro da cui è tratto l'articolo qui pubblicato.
M. Chimienti, C. Guarnieri
IL GRUZZOLO DI FAENZA
Bononia University Press
Bologna 2013
Per informazioni
Bononia University Press
Via Farini 37
40124 Bologna
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La battaglia di Faenza del 2 febbraio 1797.
I papalini all'arrivo dei franco-lombardi.
Disegno di Luigi Emiliani da una
caricatura di Felice Giani.
(Faenza, Museo del Risorgimento
e dell'età contemporanea) (Lanzoni 2001).
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Note
1) CHIMIENTI 2000.
2) Due monete, di cui una in rame, non risultano leggibili.
3) LANZONI 2001.
4) LANZONI 2001, pp. 71-86.
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Bibliografia
MICHELE
CHIMIENTI, Ripostiglio monetale della fine delXVIII secolo ritrovato a
Faenza e monetazione pontificia contemporanea, RASMI 2000, fasc.
LXV-LXVI, pp. 87-182 (tavv. XXXIII-XXXVII).
FRANCESCO
LANZONI, L'età napoleonica a Faenza. Il periodo rivoluzionario(
1796-1800), a cura di G. Dalmonte, Faenza: S. Casanova 2001.
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Articolo correlato: Il gruzzolo di monete d'oro medioevali ritrovate a Faenza nel 1972
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