Cimeli Garibaldini e Mazziniani

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Cimeli Garibaldini e Mazziniani conservati nel Museo del Risorgimento




Il Museo del Risorgimento conserva alcuni reperti di garibaldini faentini. La giubba, il berretto e il fucile di Luigi Piazza, unitamente al suo foglio di licenza straordinaria. Sono esposti poi un medagliere appartenuto al garibaldino Gaspare Golfieri, e, in basso, un olio su tela di Francesco Rava (1860-1902?), firmato e datato 1886, che ritrae il garibaldino Antonio Ravaioli.
Le ultime due opere di questa stanza sono dedicate a Giuseppe Mazzini,
patriota, politico e filosofo italiano, considerato uno del padri della patria.
Sulla paternità della Giovine ltalia, associazione politica fondata nel 1831
con I'obiettivo di lottare per la rinascita del paese, per I'indipendenza,
 per I'unità e per la costituzione di una repubblica democratica. (continua)



   
                   




A sinistra, berretto e
divisa da Garibaldino
,
bastone da passeggio
appartenuto a Giuseppe Mazzini.

A destra fucile usato
durante la
Prima Guerra
 d'Indipendenza.
Sotto, una sala del Museo, la galleria di Amore e Psiche.






Bandiera tricolore.
Giuseppe Garibaldi, dopo la fine della seconda guerra d'Indipendenza nel 1859 giunge in Romagna ove tiene comizi nelle varie città per raccogliere adesioni e volontari per proseguire il suo progetto di riunificazione dell'Italia. Nel pomeriggio dell'8 ottobre arriva a Faenza "...con alcuni ufficiali garibaldini - scrive un cronista - poi dietro carrozze, soldati, un nuvolo di  gente:  mi pare che avesse un giubboncino turchino, tutto abbottonato, un mantello bigio aperto, ed un  cappello con delle  piume, come da  bersagliere;  poi  c'erano  delle  camicie  rosse". Più dettagliata la descrizione di Alfredo Comandini nelle sue "Memorie Giovanili",  Faenza, F.lli Lega, 1959, descrive con occhio attento e critico il passaggio di Garibaldi a Faenza:


Lapide in due pezzi di marmo bianco, posta nel palazzo Comunale,
in ricordo del passaggio di Giuseppe Garibaldi.

Sotto, divisa da garibaldino,appartenuta a Lodovico Caldesi.
"Siccome questi passaggi di personaggi avvenivano lungo la via Emilia che da porta Imolese a porta del Ponte attraversa Faenza da ponente a levante, cosi dalle mie finestre nulla avrei potuto vedere; ma siccome il sempre galoppante don Fossa correva di casa in casa a dare il preavviso agli amici, io andava prontamente a casa Tramontani sotto le cui finestre codesti cortei di transito passavano inevitabilmente. Ma al primo passaggio di Garibaldi assistetti dalle finestre del dottor Balelli - grande amico di mio padre - ed il cui figlio Marco, di grande simpatia e di bellissimo ingegno, era mio carisssimo compagno, e che abitava al principio del corso all'angolo della loggia dei signori sopra la abituale fermata della posta a cavalli. Sbaglierò forse, ma mi rimase la impressione che Garibaldi sotto il mantello grigio avesse la camicia rossa e in testa un cappello alia bersagliera con penne svolazzanti e salutava levandoselo e agitandolo.
La seconda volta che passo fui dai Tramontani; ed anche a vedere Lionetto Cipriani la cui carrozza era scoperta e del quale non ricordo che il tappetino a fieri sul quale egli poggiava i piedi. Sono curiose le impressioni dei ragazzi: alla mia mente Lionetto Cipriani rappresentava niente, e la mia attenzione non si fermò che su un oggetto secondario; la figura immaginosa di Garibaldi era gia fissata nella mia mente ed io lo guardai e osservai quanto più attentamente mi fu possibile, e quella faccia rosea vivace, quella barba bionda e quei capelli lunghi non li dimenticai mai più".

Vai alla: Giubba di Lodovico Caldesi
Il Museo del Risorgimento conserva alcuni reperti di garibaldini faentini. La giubba, il berretto e il fucile di Luigi Piazza, unitamente al suo foglio di licenza straordinaria. Sono esposti poi un medagliere appartenuto al garibaldino Gaspare Golfieri, e, in basso, un olio su tela di Francesco Rava (1860-1902?), firmato e datato 1886, che ritrae il garibaldino Antonio Ravaioli.
Le ultime due opere di questa stanza sono dedicate a Giuseppe Mazzini, patriota, politico e filosofo italiano, considerato uno del padri della patria. Sulla paternità della Giovine ltalia, associazione politica fondata nel 1831 con I'obiettivo di lottare per la rinascita del paese, per I'indipendenza, per I'unità e per la costituzione di una repubblica democratica. Lo vediamo ritratto nel bellissimo busto in terracotta, firmato e datato 1900, realizzato dall'artista faentino Domenico Baccarini (1882-1906). Entro una teca, disposta e donata da Angelo ed Estella Lama, sono esposte alcune fotografie di Mazzini da lui stesso autografate e, al centra, il ritratto del faentino Domenico Lama, "fotografo ufficiale" di Giuseppe Mazzini a Londra.




Domenico Baccarini. Busto di Giuseppe Mazzini terracotta.
Giuseppe Mazzini, fotografia di Domenico Lama.
Cimeli vari di G. Garibaldi e G. Mazzini, con foto di D. Lama al centro.

Insieme alle fotografie, nella teca è esposta anche la sciarpa di Giuseppe Garibaldi, da lui donata a Domenico Lama, durante il Comizio tenuto nel Palazzo di Cristallo a Londra nel 1860. La teca fu esposta alla Mostra Garibaldina tenutasi al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 1832 per il Cinquantesimo Anniversario della morte.






A sinistra, Stendardo celebrativo realizzato
da Riccardo Gatti e Serafino Pasi.
Al centro, medaglia appartenuta
al garibaldino faentino Gaspare Golfieri.
A destra, Giuseppe Garibaldi in un ritratto
del pittore Antonio Berti,
 olio su tela, secolo XIX seconda metà.
Sotto fucile usato durante la
Prima Guerra d'Indipendenza.




LAMA Domenico (Faenza  21.9.1823 – Faenza  26.10.1890)

Nato a Faenza nel 1823 da Giuseppe e Marianna Conti. Ebanista, poi fotografo. Iscrittosi alla Giovane Italia, nel 1845 partecipa al moto insurrezionale delle Balze di Modigliana. Caporale nel Battaglione Faentino nel 1848, combatte a Monte Berico e conquista i gradi di sottufficiale. L’anno dopo si arruola con i garibaldini ed accorre in difesa della Repubblica romana. Dopo la sua caduta cerca scampo nell’esilio raggiungendo Parigi. Nella capitale francese riprende il suo lavoro di ebanista ma dopo la fallita insurrezione contro il colpo di Stato di Luigi Napoleone III del 2 dicembre 1851 deve fuggire nuovamente. Da Londra ritorna però nuovamente sotto falso nome a Parigi nel 1853. Arrestato dopo l’attentato di Giovanni Pianori contro Napoleone dell’aprile 1855, trascorre sei mesi nella fortezza di Mazas prima di essere bandito dalla Francia. Alla sua liberazione ritorna ancora a Londra, ove incontro i fratelli faentini Vincenzo e Leonida Caldesi e il romano Mattia Montecchi anche loro esuli e mazziniani. Su consiglio dei Caldesi titolari fin dal 1852 di un rinomato Studo di Fotografia, inizia la professione di fotografo che lo renderà celebre come il fotografo di Mazzini. Tra i due si instaurò un rapporto di fiducia e stima reciproca, confermato dal bastone da passeggio donato da Mazzini a Lama. L'appartenenza del bastone è confermata anche da una dichiarazione d'autenticità firmata da Aurelio Saffi e conservata presso il Museo. Accanto a questa attività, quella politica lo vede tra i fondatori e presidente dell’Association of Mutual Progress: l’organizzazione degli operai italiani residenti a Londra, influenzata da Giuseppe Mazzini. In tale veste partecipa alla riunione del 28 settembre 1864 alla S. Martin Hall in cui viene fondata l’Ail ed entra a far parte del suo Consiglio Generale (1864-1865). Ormai vedovo dell’inglese Elisabetta Garret e con due figli, nel 1888 ritorna a Faenza dove ottiene la vicepresidenza della Società dei Reduci e l’inserimento nel comitato esecutivo dell’Associazione repubblicana.

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Domenico Lama.


Il bastone da passeggio di
 G. Mazzini donato a Domenico Lama.


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