Walker Rangi.
Il reparto di Walker Rangi.
Distintivo del 28° Battaglione Maori.
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Walker Rangi, numero di matricola 805749, era nato nel 1920 a Rahotu,
regione di Taranaki nella North Island, e si era imbarcato a Wellington
il 1° aprile 1944, per essere destinato ai teatri di guerra europei
insieme al suo battaglione. L’azione militare che portò alla morte di
Rangi avvenne il 4 gennaio 1945, proprio in quella zona della pianura a
Nord di Faenza, nelle immediate vicinanze della località “La Palazza”
in parrocchia di San Pier Laguna e più precisamente nell’area di “Casa
la Riva”, comprendente quel tratto di argine destro del fiume Senio
ancora in mano ai tedeschi. Rangi venne colpito durante uno scontro a
fuoco a cavallo di quel preciso segmento di argine. Ferito gravemente, egli venne raccolto in fin di vita dai compagni e
portato al riparo dietro la linea di fuoco, sotto un immenso platano,
proprio di fronte a “Casa la Riva”. Da sotto a quel platano, il soldato
fu in seguito caricato su di un automezzo per essere trasferito in
retrovia all’ospedale di Forlì, dove purtroppo avvenne il decesso. Da
allora il soldato maori Walker Rangi riposa nel British Empire Cemetery
di Forlì.
Nell’estate del 2003 arriva a Faenza Christopher Gladstone, figlio del
soldato neozelandese Arthur e della faentina Antonietta Dalmonte.
Christopher, oltre che a visitare i luoghi nei quali visse sua madre fino
al matrimonio con Arthur, volle raggiungere la località “La Palazza”
ove sapeva essere avvenuta la fine di Rangi Walker. L’intenzione di
Christopher era quella di rendere omaggio al caduto, di fissare
sull’antico platano di “Casa la Riva” un ciottolo verde sul quale era
stato disegnato un Koru e inoltre di versare, proprio dove era stato
adagiato Rangi morente, il contenuto di una boccetta con l’acqua
captata dal ruscello che scorre nel luogo di origine della sua tribù.
Va precisato che in Nuova Zelanda il Koru viene ottenuto lavorando un
pezzo di giada verde (greenstone) fino a fargli raggiungere la forma di
una spirale, la quale vuole rappresentare, stilizzato, un germoglio di
felce argentata.
Nella tradizionale ed antichissima simbologia maori, il germoglio di
felce argentata sta a significare nuova vita, nuovi inizi, speranza,
rinascita, rinnovamento, perfezione, pace, legame con la natura. Quella
giornata era serena e l’aria era ferma, ciò nonostante, fissato il Koru
all’albero e versata l’acqua al suo piede, improvvisamente ed
inspiegabilmente si levò una violentissima folata di vento, come un
vortice. All’episodio erano presenti gli storici e ricercatori Enzo
Casadio e Massimo Valli i quali rimasero emotivamente assai
impressionati dal quel fenomenale e misterioso evento e ancora oggi
testimoniano di aver addirittura visto il grosso platano oscillare per
qualche istante.
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Al centro Christopher Gladstone
mentre fissa sull'antico platano
di "Casa la Riva" il Koru.
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British Empire Cemetery, Forlì.
La sepoltura di Walker Rangi.
La commozione di Kare Murray.
Kare Murray e Antony Gladstone ai piedi della tomba di Rangi Walker, al Britsh Empire Cemetery di Forlì.
Leggi la notizia del Corriere di Romagna:
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Il platano di "Casa la Riva".
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Antony Gladstone e Kare Murray, in raccoglimento.
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Ma veniamo ai giorni nostri.
Nell’ultima settimana di giugno 2018 arriva per la prima volta in
Italia Kare Murray, nipote di Rangi Walker perché figlio della sorella.
Kare, che non ha mai conosciuto lo zio, vuole visitarne la tomba e i
luoghi dove egli visse gli ultimi istanti di vita. La mattina del 26
giugno, insieme al proprio compagno di vita Chris e con Enzo Casadio,
Tony Gladstone, fratello di Christopher e primogenito dei già citati
Arthur e Antonietta, e con Nicky, moglie di Tony, Kare si reca al
British Empire Cemetery di Forlì. I presenti raccontano che, come
teleguidato da una forza misteriosa, il nipote di Rangi si dirige
decisamente verso la tomba dello zio, come se fosse già stato in quel
luogo e ne conoscesse l’esatta ubicazione. Kare si è cinto il capo con
una corona realizzata intrecciando un ramo di ulivo e, nell’avvicinarsi
alla tomba, intona una originalissima nenia, secondo un antico rituale
maori, infine, visibilmente commosso, si china e depone la corona ai
piedi della croce lapidea. Terminata la visita, il gruppo si dirige
verso Faenza per poi proseguire per la località “La Palazza” in
parrocchia di San Pier Laguna. Parcheggiata l’auto e cintosi il capo
con una nuova corona di ulivo, Kare imbocca la carraia sterrata che
conduce all’aia di “Casa la Riva” e, nel percorrerla molto lentamente,
intona ancora quella malinconica nenia maori. Ai limiti meridionali
dell’aia, proprio di fronte alla casa colonica, vi è ancora
quell’albero ai piedi del quale venne adagiato Rangi in fin di vita.
L’albero è un gigantesco platano dalla presumibile età di circa 400
anni che in inverno, perse le foglie e per via della particolare
impalcatura delle sue branche principali, prende la forma di una grande
croce greca.Il sottoscritto, mia moglie, Massimo Valli, la signora
Laghi, proprietaria della casa, e sua figlia, entrambe a conoscenza
della storia di Rangi, stiamo attendendo che Kare arrivi sotto al
platano.
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Il momento è molto toccante.
Ancora intonando la nenia maori, Kare si avvicina e, una volta arrivato, si zittisce.
Tutti restiamo fermi ed in silenzio; l’atmosfera è strana, carica di
una tensione emotiva indefinibile, difficile da descrivere, tanto ci si
sente sospesi tra mistero e realtà, tra trascendenza ed umana
materialità. Forse perché in quell’esatto luogo 73 anni prima iniziò ad
andarsene l’anima di Rangi Walker ed ora il nipote la sta rievocando; o
forse perché stiamo assistendo a qualcosa così distante dai nostri
costumi, dalla nostra cultura, dalla nostra mentalità. Sono attimi nei
quali si percepisce qualcosa che non appartiene alla nostra dimensione
terrena; è una vera e propria trance. E’ stato quel canto che ci ha
predisposti a questo complesso stato d’animo. Kare appoggia i palmi
delle mani al platano, lo abbraccia per quanto l’apertura delle sue
braccia può consentire l’atto, pone la corona di ulivo al suo piede e
resta lì per alcuni minuti muovendo ripetutamente il capo e il corpo
verso il tronco. Solo allora ci si accorge che quel Koru, fissato al
platano da Christopher Gladstone 15 anni prima, è sparito e nemmeno gli
abitanti della casa sanno che fine abbia fatto. Poco dopo, imboccando
uno stradello sabbioso, ci incamminiamo tutti verso il fiume Senio e,
salendo per una breve rampa, giungiamo in cima all’argine, dove
verosimilmente Rangi venne colpito dai soldati tedeschi. A quel punto
Kare vuole completare il rito e, sceso fin sulla riva del Senio, con le
mani raccoglie più volte un poco d’acqua per detergersi il viso,
versarsene sul capo e infine spruzzarla nelle quattro direzioni: Nord,
Est, Sud, Ovest. Spiegherà poco dopo che per il popolo maori le anime
dei defunti se ne vanno via con le correnti dei corsi d’acqua e che
quindi l’anima di Rangi se ne era andata via proprio con quel fiume. Si
fa ritorno alla “Casa la Riva”, dove la signora Laghi, molto ospitale e
cortese, ci offre un’ottima piadina romagnola ben calda. Più tardi,
durante il susseguente pranzo e con inimmaginabile sorpresa, veniamo a
sapere che due discendenti di Walker Rangi sono stati chiamati uno
Firenze e l’altro addirittura Faenza. La sosta faentina di Kare Murray
prosegue e si conclude nel pomeriggio visitando il Commonwelth War
Cemetery di Via Santa Lucia, luogo dove riposano altri soldati
neozelandesi caduti tra la fine del 1944 e i primi mesi del 1945.
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Il Koru e la felce d'argento nella simbologia della Nuova Zelanda |
Koru in giada verde.
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Germoglio di felce d'argento.
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Koru è la parola maori che sta per "ansa" o "nodo" e si riferisce ai
nuovi germogli della felce d'argento, una pianta tipica
della Nuova Zelanda; il koru a forma di spirale è derivato da un
dispiegamento della felce argentata. I movimenti circolari verso
l'interno del simbolo si riferiscono all'eterno ritornare
alle origini ancestrali, a un radicamento con le lontane origini
proprie e del mondo, mentre la parte che si dispiega è di per sé un
simbolo che indica nuova vita, la speranza, la perfezione, la
rinascita, i nuovi inizi, il risveglio, la crescita personale, la
purezza, il collegamento con la natura, lo spirito di rinnovamento e la
pace. La felce d'argento è la pianta simbolo di tutta la Nuova Zelanda, che ne ospita moltissime
specie, da quelle minuscole a quelle alte dieci metri. Una curiosità: quando le foglie della felce d´argento (Cyathea
dealbata), o Kaponga, sono adagiate capovolte sul sentiero, al chiarore della luna aiutano a segnalare la via.
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