Il rito Maori in onore di Walker Rangi a San Pier Laguna

"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici.
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Il rito Maori in onore di Walker Rangi a San Pier Laguna

A Faenza in località "la Palazza" si perpetua un legame iniziato 73 anni fa

di Roberto Marocci

   Il forte legame tra Faenza e la Nuova Zelanda trae origine dai fatti di guerra che accaddero tra il 24 novembre 1944 e i primi mesi del 1945. Del capitolo sulla bellissima storia della famiglia Gladstone - Dalmonte abbiamo già scritto ampiamente. Qui ora vogliamo raccontarne un altro ancora, ma prima vale la pena ricapitolare a grandi linee gli episodi salienti della liberazione di Faenza. La città, saldamente in mano alle truppe tedesche, fin dal 2 maggio 1944 era stata oggetto di continui bombardamenti da parte delle aviazioni alleate, tanto che gran parte di essa risultò gravemente lesionata o addirittura rasa al suolo. Nel corso di quei lunghi mesi, costellati da continue incursioni aeree, la popolazione aveva progressivamente abbandonato la città per trovare un qualche scampo nelle campagne, mentre i pochi che erano restati si precipitavano nei rifugi sotterranei non appena la sirena posta sui tetti del Municipio avvisava l’imminenza di un nuovo bombardamento.




Sopra, la cartina illustra le operazioni belliche effettuate dagli alleati
nella zona di San Pier Laguna dal 24 dicembre 1944 al 6 gennaio 1945.
A lato, foto aerea scattata dalla RAF in cui sono evidenziati i luoghi
menzionati nel testo.


   Faenza sarebbe stata definitivamente liberata il 17 dicembre 1944. La strategia alleata prevedeva la liberazione della città con una manovra a tenaglia: i neozelandesi avrebbero agito da Borgo Durbecco e dal territorio faentino orientale, mentre la 43° Brigata autotrasportata Gurkha, sarebbe dovuta scendere dalla parte dei monti. La durissima battaglia di Faenza ebbe inizio il 3 dicembre con l’attraversamento del fiume Lamone in località Quartolo per proseguire verso Pideura e Celle, infine estendersi fino alla pianura, tagliare la via Emilia per impedire la ritirata tedesca da Faenza. La manovra  ebbe i suoi momenti decisivi nei giorni 14, 15 e 16. La tenaglia costrinse i reparti tedeschi della 26° Panzer Division a lasciare la città e a ritirarsi sulla riva sinistra del fiume Senio. Al contrario, nella zona settentrionale delle campagne faentine, i tedeschi della 29° Panzer Granadier Division e la 278° di fanteria riuscirono a mantenere una testa di ponte che si estendeva tra le località di San Silvestro, San Pier Laguna, Felisio, Cassanigo, Sant’Andrea e Granarolo. In questa precisa area i combattimenti si protrassero dagli ultimi giorni di dicembre fino al 6 gennaio, giorno in cui gran parte delle truppe tedesche furono costrette a ritirarsi oltre l’argine sinistro del fiume Senio. Va tenuto presente che la 278° Divisione di fanteria tedesca era riuscita a mantenere un segmento di argine destro, tra San Pier Laguna e Felisio. Il 2 gennaio, sull’argine destro, i reparti di cavalleria neozelandese vennero rilevati dal 28° Battaglione Maori, al quale apparteneva il soldato Walker Rangi.

Walker Rangi.



 Il reparto di Walker Rangi.


Distintivo del 28° Battaglione Maori.
   Walker Rangi, numero di matricola 805749, era nato nel 1920 a Rahotu, regione di Taranaki nella North Island, e si era imbarcato a Wellington il 1° aprile 1944, per essere destinato ai teatri di guerra europei insieme al suo battaglione. L’azione militare che portò alla morte di Rangi avvenne il 4 gennaio 1945, proprio in quella zona della pianura a Nord di Faenza, nelle immediate vicinanze della località “La Palazza” in parrocchia di San Pier Laguna e più precisamente nell’area di “Casa la Riva”, comprendente quel tratto di argine destro del fiume Senio ancora in mano ai tedeschi. Rangi venne colpito durante uno scontro a fuoco a cavallo di quel preciso segmento di argine. Ferito gravemente, egli venne raccolto in fin di vita dai compagni e portato al riparo dietro la linea di fuoco, sotto un immenso platano, proprio di fronte a “Casa la Riva”. Da sotto a quel platano, il soldato fu in seguito caricato su di un automezzo per essere trasferito in retrovia all’ospedale di  Forlì, dove purtroppo avvenne il decesso. Da allora il soldato maori Walker Rangi riposa nel British Empire Cemetery di Forlì.
Nell’estate del  2003 arriva a Faenza Christopher Gladstone, figlio del soldato neozelandese Arthur e della faentina Antonietta Dalmonte. Christopher, oltre che  a visitare i luoghi nei quali visse sua madre fino al matrimonio con Arthur, volle raggiungere la località  “La Palazza” ove sapeva essere avvenuta la fine di Rangi Walker. L’intenzione di Christopher era quella di rendere omaggio al caduto, di fissare sull’antico platano di “Casa la Riva” un ciottolo verde sul quale era stato disegnato un Koru e inoltre di versare, proprio dove era stato adagiato Rangi morente, il contenuto di una boccetta con l’acqua captata dal ruscello che scorre nel luogo di origine della sua tribù. Va precisato che in Nuova Zelanda il Koru viene ottenuto lavorando un pezzo di giada verde (greenstone) fino a fargli raggiungere la forma di una spirale, la quale vuole rappresentare, stilizzato, un germoglio di felce argentata. Nella tradizionale ed antichissima simbologia maori, il germoglio di felce argentata sta a significare nuova vita, nuovi inizi, speranza, rinascita, rinnovamento, perfezione, pace, legame con la natura. Quella giornata era serena e l’aria era ferma, ciò nonostante, fissato il Koru all’albero e versata l’acqua al suo piede, improvvisamente ed inspiegabilmente si levò una violentissima folata di vento, come un vortice. All’episodio erano presenti gli storici e ricercatori Enzo Casadio e Massimo Valli i quali rimasero emotivamente assai impressionati dal quel fenomenale e misterioso evento e ancora oggi testimoniano di aver addirittura visto il grosso platano oscillare per qualche istante.


Al  centro  Christopher Gladstone
 mentre fissa sull'antico platano
 di "Casa la Riva" il Koru.
                

British Empire Cemetery, Forlì.
 La sepoltura di Walker Rangi.



La commozione di Kare Murray.


Kare Murray e Antony Gladstone ai piedi della tomba di Rangi Walker, al Britsh Empire Cemetery di Forlì.

Leggi la notizia del Corriere di Romagna:


Il platano di "Casa la Riva".

Antony Gladstone e Kare Murray, in raccoglimento.

Ma veniamo ai giorni nostri.


   Nell’ultima settimana di giugno 2018 arriva per la prima volta in Italia Kare Murray, nipote di Rangi Walker perché figlio della sorella. Kare, che non ha mai conosciuto lo zio, vuole visitarne la tomba e i luoghi dove egli visse gli ultimi istanti di vita. La mattina del 26 giugno, insieme al proprio compagno di vita Chris e con Enzo Casadio, Tony Gladstone, fratello di Christopher e primogenito dei già citati Arthur e Antonietta, e con Nicky, moglie di Tony, Kare si reca al British Empire Cemetery di Forlì. I presenti raccontano che, come teleguidato da una forza misteriosa, il nipote di Rangi si dirige decisamente verso la tomba dello zio, come se fosse già stato in quel luogo e ne conoscesse l’esatta ubicazione. Kare si è cinto il capo con una corona realizzata intrecciando un ramo di ulivo e, nell’avvicinarsi alla tomba, intona una originalissima nenia, secondo un antico rituale maori, infine, visibilmente commosso, si china e depone la corona ai piedi della croce lapidea. Terminata la visita, il gruppo si dirige verso Faenza per poi proseguire per la località “La Palazza” in parrocchia di San Pier Laguna. Parcheggiata l’auto e cintosi il capo con una nuova corona di ulivo, Kare imbocca la carraia sterrata che conduce all’aia di “Casa la Riva” e, nel percorrerla molto lentamente, intona ancora quella malinconica nenia maori. Ai limiti meridionali dell’aia, proprio di fronte alla casa colonica, vi è ancora quell’albero ai piedi del quale venne adagiato Rangi in fin di vita. L’albero è un gigantesco platano dalla presumibile età di circa 400 anni che in inverno, perse le foglie e per via della particolare impalcatura delle sue branche principali, prende la forma di una grande croce greca.Il sottoscritto, mia moglie, Massimo Valli, la signora Laghi, proprietaria della casa, e sua figlia, entrambe a conoscenza della storia di Rangi,  stiamo attendendo che Kare arrivi sotto al platano.

Il momento è molto toccante.

   Ancora intonando la nenia maori, Kare si avvicina e, una volta arrivato, si zittisce.
Tutti restiamo fermi ed in silenzio; l’atmosfera è strana, carica di una tensione emotiva indefinibile, difficile da descrivere, tanto ci si sente sospesi tra mistero e realtà, tra trascendenza ed umana materialità. Forse perché in quell’esatto luogo 73 anni prima iniziò ad andarsene l’anima di Rangi Walker ed ora il nipote la sta rievocando; o forse perché stiamo assistendo a qualcosa così distante dai nostri costumi, dalla nostra cultura, dalla nostra mentalità. Sono attimi nei quali si percepisce qualcosa che non appartiene alla nostra dimensione terrena; è una vera e propria trance. E’ stato quel canto che ci ha predisposti a questo complesso stato d’animo. Kare appoggia i palmi delle mani al platano, lo abbraccia per quanto l’apertura delle sue braccia può consentire l’atto, pone la corona di ulivo al suo piede e resta lì per alcuni minuti muovendo ripetutamente il capo e il corpo verso il tronco. Solo allora ci si accorge che quel Koru, fissato al platano da Christopher Gladstone 15 anni prima, è sparito e nemmeno gli abitanti della casa sanno che fine abbia fatto. Poco dopo, imboccando uno stradello sabbioso, ci incamminiamo tutti verso il fiume Senio e, salendo per una breve rampa, giungiamo in cima all’argine, dove verosimilmente Rangi venne colpito dai soldati tedeschi. A quel punto Kare vuole completare il rito e, sceso fin sulla riva del Senio, con le mani raccoglie più volte un poco d’acqua per detergersi il viso, versarsene sul capo e infine spruzzarla nelle quattro direzioni: Nord, Est, Sud, Ovest. Spiegherà poco dopo che per il popolo maori le anime dei defunti se ne vanno via con le correnti dei corsi d’acqua e che quindi l’anima di Rangi se ne era andata via proprio con quel fiume. Si fa ritorno alla “Casa la Riva”, dove la signora Laghi, molto ospitale e cortese, ci offre un’ottima piadina romagnola ben calda. Più tardi, durante il susseguente pranzo e con inimmaginabile sorpresa, veniamo a sapere che due discendenti di Walker Rangi sono stati chiamati uno Firenze e l’altro addirittura Faenza. La sosta faentina di Kare Murray prosegue e si conclude nel pomeriggio visitando il Commonwelth War Cemetery di Via Santa Lucia, luogo dove riposano altri soldati neozelandesi caduti tra la fine del 1944 e i primi mesi del 1945.


Il Koru e la felce d'argento nella simbologia della Nuova Zelanda


Koru in giada verde.


Germoglio di felce d'argento.
Koru è la parola maori che sta per "ansa" o "nodo" e si riferisce ai nuovi germogli della felce d'argento, una pianta tipica della Nuova Zelanda; il koru a forma di spirale è derivato da un dispiegamento della felce argentata. I movimenti circolari verso l'interno del simbolo si riferiscono all'eterno  ritornare alle origini ancestrali, a un radicamento con le lontane origini proprie e del mondo, mentre la parte che si dispiega è di per sé un simbolo che indica nuova vita, la speranza, la perfezione, la rinascita, i nuovi inizi, il risveglio, la crescita personale, la purezza, il collegamento con la natura, lo spirito di rinnovamento e la pace. La felce d'argento è la pianta simbolo di  tutta la Nuova Zelanda, che ne ospita moltissime specie, da quelle minuscole a quelle alte dieci metri. Una curiosità: quando le foglie della felce d´argento (Cyathea dealbata), o Kaponga, sono adagiate capovolte sul sentiero, al chiarore della luna aiutano a segnalare la via.


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Faenza,  dicembre 1944.
Soldati del 28° Battaglione Maori
  si
 preparano a  raggiungere la prima linea.




  

Le truppe neozelandesi entrano
 a Faenza dal Borgo Durbecco.

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