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"Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita" - Dino Campana, Canti Orfici. |
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La sirena di allarme
di Enzo Casadio - Massimo Valli Il 13 giugno del
1940, pochi giorni dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia a
Francia e Inghilterra, la sirena dell’allarme antiaereo suonò per la
prima volta nella nostra città. Le tensioni fra
gli stati europei, evidenziatesi alla fine degli anni ’30, facevano
presagire la possibilità di un conflitto, così iniziarono i preparativi
per la difesa contro le incursioni aeree delle città. Nel 1936, venne
costituita a livello nazionale l’Unpa (Unione Nazionale Protezione
Antiaerea) che aveva il compito di emanare le disposizioni per la
protezione delle città e di gestire i soccorsi. Doveva anche
sorvegliare che venissero applicate le severe norme che regolamentavano
l’oscuramento, per evitare che le città fossero visibili dall’alto
durante eventuali incursioni aeree notturne. Faenza era stata
divisa in dieci settori a capo di ognuno dei quali c’era un
responsabile che disponeva di una squadra di uomini da impiegare per
prestare i soccorsi. Il primo intervento dopo le incursioni era
affidato ai Vigili del Fuoco e all’Unpa, mentre lo sgombero delle
macerie e la messa in sicurezza degli edifici erano stati demandati
alla Sacles (Società Anonima Cooperativa Lavori Edili e Stradali) che
aveva la sede in via Tolosano. Agli operai della Sacles dovevano unirsi
delle squadre di contadini, precedentemente organizzate. In città non
vennero costruiti dei rifugi per la popolazione, ma furono individuati
126 sotterranei di palazzi idonei ad essere attrezzati come rifugi e ai
proprietari degli immobili venne imposto l’obbligo di tenerli
disponibili e sgombri da materiale. L’organizzazione prevedeva anche
che in ogni edificio vi fosse un capo fabbricato che aveva il compito
di verificare che i rifugi fossero in perfetta efficienza e che venisse
rispettato l’oscuramento.I rifugi erano
contrassegnati da una coccarda tricolore disegnata sul muro e da frecce
per facilitarne l’individuazione. Una grande lettera ”I” identificava
la presenza di una presa d’acqua.
Per avvertire la
popolazione di una incursione aerea, era previsto che suonassero le
campane della torre civica. Nel luglio del 1937 il Comune decise di
dotarsi di una sirena per l’allarme antiaereo. Venne accettata la
proposta della ditta SIIS (Società Italiana Impianti di Segnalazioni)
di Milano, per la fornitura di una sirena modello Ultravox con
accessori vari e l’incastellatura in ferro per il montaggio, per un
costo totale di 8.500 lire. In un primo tempo si pensava di
installarla sulla torre, poi si optò per il Palazzo Comunale. La
sirena Ultravox era a funzionamento elettromagnetico e quindi, non
avendo parti che ruotavano, non necessitava di manutenzione.
Per segnalare l’allarme la sirena suonava per quindici secondi, cui seguivano quindici secondi di silenzio, il tutto ripetuto per sei volte. Il cessato allarme veniva segnalato dal suono continuo per due minuti. Ogni domenica mattina alle ore 10 veniva provata l’efficienza dell’apparecchiatura facendola suonare per dieci secondi. Dal 10 ottobre 1939 fu stabilito che il segnale del mezzogiorno fosse dato dal suono della sirena per cinque secondi. Nel settembre del 1939, quando la guerra in Europa era già scoppiata, fu stabilita la procedura per attivare l’allarme antiaereo. Quando arrivava al centro comunale la segnalazione di allarme, l’operatore chiamava al telefono il centralino dei Vigili del Fuoco dove era installato un pulsante per azionare la sirena. Per evitare falsi allarmi o scherzi telefonici di cattivo gusto, fu stabilito che l’operatore del centro comunale in caso di allarme avrebbe chiamato il centralinista dei Vigili del Fuoco chiedendo la parola d’ordine, che era “terra”, l’operatore avrebbe poi detto l’altra parola d’ordine che era “cielo”, comunicando eventuali altre notizie. A quel punto dal centralino veniva azionata la sirena.
Dal 4 giugno del
1940, pochi giorni prima della entrata in guerra dell’Italia, fu
stabilito che la sirena non suonasse più a mezzogiorno. La sirena
avrebbe suonato solo in caso di allarme aereo. Rimaneva comunque la
prova di dieci secondi alle ore 10 della domenica mattina. Ci furono delle
lamentele per il fatto che il suono non fosse percepito bene in tutta
la città, di conseguenza fu disposto che oltre alla sirena comunale
suonasse anche quella dell’Ebanisteria Casalini e suonassero a martello
le campane maggiori delle chiese di San Domenico, San Savino,
Sant’Agostino, San Francesco e della Commenda. Il servizio di
avvistamento e segnalazione degli aerei in arrivo era gestito dalla
Milizia Artiglieria Controaerei, una specialità della Milizia
Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Nel territorio faentino operava
un Centro Raccolta Notizie che faceva capo alla 12ª Legione Milizia
Artiglieria Controaerei di Bologna. Per
l’individuazione tempestiva degli aerei in avvicinamento, oltre
all’osservazione diretta, venivano usati gli aerofoni, apparecchi con
degli ampi padiglioni che convogliavano il suono negli auricolari di un
operatore, che riusciva a stabilire la direzione di arrivo degli aerei
e dava l’allarme. Tra gli operatori addetti a questo servizio vi erano
anche membri dell’Unione Italiana Ciechi, particolarmente apprezzati
per la maggiore sensibilità dell’udito. Le informazioni raccolte dai
vari punti di ascolto venivano convogliate a dei centri che diramavano
l’allarme alle zone interessate.
Con il passare
dei mesi aumentò in numero degli stormi di bombardieri alleati che
dalle basi dell’Italia meridionale andavano a bombardare le città del
nord, di conseguenza la sirena di allarme suonava anche più volte al
giorno. Come è comprensibile, questo portò ad una assuefazione della
popolazione al lugubre suono della sirena, tanto che, quando il 2
maggio 1944 suonò per l’ennesima volta, si pensava fosse il solito
falso allarme, cui sarebbe seguito poco dopo il solito cessato
allarme. Fu così che molti non raggiunsero i rifugi e furono coinvolti
nell’incursione. Pochi giorni dopo, il 13 maggio, Faenza subì un nuovo
bombardamento, più pesante del precedente e questo indusse gran parte
dei cittadini a sfollare verso la campagna. Nel novembre del
1944 e fino all’arrivo degli alleati in città, le incursioni dei
bombardieri medi e dei cacciabombardieri erano continue, tanto che non
veniva più dato il segnale di allarme, la popolazione viveva nei rifugi
aspettando il passaggio del fronte.
Dopo settant’anni dalla fine della guerra, la sirena di allarme antiaereo è ancora al suo posto sul Palazzo comunale a ricordo di uno dei periodi più drammatici della storia recente della nostra città.
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