IL «PONTE NUOVO» RICOSTRUITO IN TRE MESI
Enzo Casadio - Massimo Valli
II passaggio del fronte nella nostra città, oltre alle vittime, ha
provocato anche la distruzione di numerosi edifici ed infrastrutture.
In particolare sono stati abbattuti i ponti sul Lamone, le porte, ad
eccezione di quella delle Chiavi, la torre civica ed alcuni campanili,
tra i quali quello della chiesa dei Servi, che non è più stato
ricostruito. A parziale compensazione di tutte queste distruzioni, si
può considerare la ricostruzione del Ponte Nuovo sull'attuale via
Fratelli Rosselli che avvenne nei primi mesi del 1945, per agevolare il
transito della grande quantità di mezzi e materiale di cui l'esercito
alleato disponeva e che dovevano essere impiegati nell'offensiva del 10
aprile. Il Ponte Nuovo è sicuramente la prima opera pubblica
ricostruita dopo la fine dei combattimenti a Faenza. Il ponte fu
costruito a tempo di record vicino a quello preesistente da una
compagnia di genieri palestinesi, che per il loro impegno ottennero il
permesso di porre sull'arcata centrale del ponte una lapide con la
Stella di Davide ed il numero del loro reparto. Dopo 50 anni il ponte
continua ad esercitare la propria funzione e la lapide e ancora ben
visibile al suo posto. Per chiarire il mistero della lapide con la
Stella di Davide e del numero che vi compare, alcuni anni fa abbiamo
contattato l'associazione dei veterani di Israele a Tel Aviv per
chiedere chiarimenti. In risposta abbiamo ricevuto una lettera,
accompagnata da alcune fotografie, scritta dall'allora tenente Robert
Bannet che era l'ufficiale comandante la 738ª Compagnia Genieri
Palestinesi indipendente. Robert Bannet, di professione architetto,
dopo la guerra era ritornato alcune volte in Italia, anche perché aveva
una figlia sposata con un italiano che risiedeva a Milano, ma non era
mai tornato a Faenza. Purtroppo, pochi mesi dopo aver ricevuto la
lettera, fummo informati dalla figlia che il padre era morto I'1
novembre 1987, Robert Bannet non ha avuto la possibilità di rivedere il
ponte che aveva ricostruito.
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Due immagini di Robert Bannet, a sinistra è ritratto nel Viale dello Stradone a Faenza,
sopra una sua foto degli anni ottanta.
Tenente Robert Bannet (Architetto) Ebreo austriaco emigrò con la
famiglia in Palestina nel 1936, sposò una ragazza ebrea dalla quale
ebbe due figlie, una prima della guerra Ofra abitante a Milano, il
marito era direttore della Standa, la seconda nata dopo la guerra si
chiama Warda e abita in Israele. |
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Proverò a rispondere alle domande del sig. Massimo riguardanti il ponte
di Faenza. II numero 5369 sulla lapide di marmo sopra la Stella di
Davide è il numero di identificazione della 738ª Army Troops Company
nei registri del ministero della guerra. Questa compagnia fu la prima
compagnia palestinese del genio, formata da volontari ebrei provenienti
dall'esercito britannico. Era una delle tante compagnie ebraiche
indipendenti addette ai servizi, e non fece mai parte della Brigata
Ebraica, che fu formata solo successivamente come unità combattente da
tre reggimenti di fanteria ebraici. Il ponte: nei primi giorni del
gennaio 1945 alla 738ª compagnia fu assegnato il compito di erigere un
ponte permanente sopra il Lamone che rimpiazzasse il precedente ponte
in muratura a 3 archi, distrutto dall'esercito tedesco in ritirata. Il
ponte doveva essere eretto al fianco del ponte Bailey provvisorio, che
data la vicinanza alle linee nemiche era stato minato per poterlo fare
saltare in caso di contrattacco tedesco. Il nuovo ponte in muratura era
necessario in preparazione della grande offensiva di primavera, per
permettere i movimenti e i rifornimenti su vasta scala. Le istruzioni
erano: il nuovo ponte doveva essere fatto con tre arcate di
calcestruzzo, simili nella forma al ponte originale. Le fondamenta
preesistenti dovevano essere utilizzate se ciò era possibile dal punto
di vista ingegneristico. II letto del fiume doveva essere liberato
dalla grande quantità di macerie del ponte saltato in aria. Per fare
ciò, in mancanza di apparecchiature che ne permettessero il
sollevamento, si dovevano usare i martelli pneumatici.
L’esplosivo non si poteva usare, per non mettere in pericolo il ponte
Bailey minato, che era I'unica via per il fronte. Il lavoro doveva
essere pronto per entrare in servizio il 10.4.45. lo ricevetti l’ordine
di fare un sopralluogo sul posto e di presentare un rapporto al
comandante del genio dell'Ottava Armata con una richiesta dettagliata
di personate militare, lavoratori civili specializzati e non,
equipaggiamenti e materiale.
Sminatori indiane bonificano le sponde del fiume Lamone,
per la costruzione del ponte.
Si preparano le armature in legno.
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Si prepara per la colata del cemento nei piloni.
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Preparati i piloni, si predispone l'armatura in legno per la costruzione delle arcate.
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Dopo aver ricevuto il mio rapporto le istruzioni furono:
1) il lavoro civile sarebbe stato eseguito da una ditta italiana. di costruzioni di Forlì;
2) il cemento sarebbe stato prelevato dai depositi del genio;
3) tutto I'altro materiale necessario alla costruzione come casseforme,
impalcature ecc. sarebbe stato reperito in luogo tramite acquisti
o requisizioni.
La mia sezione ed io fummo incaricati della direzione e supervisione
dei lavori. Le principali difficoltà che ci trovammo davanti furono due:
la prima, come liberare il letto del fiume da 40.000 metri cubi di
macerie, senza idonee apparecchiature di sollevamento. Provare a farlo
con i due martelli pneumatici a nostra disposizione era impensabile. La
seconda difficoltà era la scarsità di cemento. La quantità a nostra
disposizione non era sufficiente ad erigere un ponte in cemento armato.
Dopo consultazioni con il direttore della impresa di costruzioni
italiana, il Dr. Ing. Enzo Guglielmini Ceresa, che mi informò che nei
pressi c'era una fornace che poteva essere rimessa in funzione, decisi
che il ponte sarebbe stato costruito per la maggior parte con mattoni.
I piloni e le spalle avrebbero avuto un rivestimento esterno in
mattoni, all'interno del quale sarebbe stato versato il calcestruzzo.
Le arcate del ponte sarebbero state costruite interamente in mattoni.
Per ripulire il letto del fiume, decisi di aggirare il divieto di usare
gli esplosivi, frantumando i grossi blocchi di calcestruzzo con delle
piccole cariche di dinamite sistemate in fori praticati negli stessi. I
piccoli frammenti ottenuti furono mescolati al cemento ed usati per
riempire i piloni. Questo metodo ci fece risparmiare molto materiale,
di cui avevamo scarsità, ma soprattutto ci fece risparmiare tempo.
Superate le difficolta, il lavoro procedette velocemente ed
agevolmente. I muratori, i carpentieri ed i manovali italiani, sotto la
guida del sig. Biondini, che io ricordo con ammirazione ed affetto,
lavorarono con grande zelo e diligenza, nonostante i numerosi
bombardamenti tedeschi. Non meno impegnati furono gli uomini della
nostra compagnia che erano responsabili della pulizia del letto del
fiume e della supervisione dei lavori. Il 10 aprile 1945 il ponte era
completato. Lo stesso giorno il comandante del genio dell'Ottava
Armata, Brigadiere Generale Davis, che aveva seguito la costruzione con
frequenti visite, arrivò al ponte. Si congratulò con noi per avere
terminate i lavori. Egli mi disse che aveva avuto dei dubbi che saremmo
stati capaci di farlo in tempo, con tutte le difficoltà incontrate nel
reperimento dei materiali. Fu molto importante che finissimo il nostro
lavoro entro la data stabilita, perché la mattina successiva, l’11
Aprile 1945 doveva essere lanciata la grande offensiva di primavera ed
il ponte doveva facilitare il movimento degli uomini e dei mezzi. In
riconoscimento del nostro impegno egli mi autorizzo ad ordinare a spese
dell'esercito una lapide di marmo per la chiave di volta dell'arco
centrale, che portasse il numero della nostra unità, ed essendo noi una
compagnia ebraica, la stella di Davide. Questa è la storia della lapide e del ponte.
E per me di grande soddisfazione sapere dalla lettera del sig. Massimo
che questo ponte sulla vecchia via Emilia ricostruito sotto il fuoco
nemico, da uno sforzo congiunto italiano ed ebraico, serva ancora al
proprio scopo.
Robert Bannet (da «Radio 2001 Romagna» n. 45, dicembre 1987)
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Lavori di sistemazione per le fondamenta di una spalla del ponte.
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Una spalla del ponte durante l'allestimento
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Lettera dell'associazione dei veterani di Israele a Tel Aviv.
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Soldati indiani preparano il materiale per il riempimento delle spalle del ponte.
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La lapide di marmo posta sull'arcata centrale a ricordo del lavoro svolto dai genieri palestinesi.
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La lettera di Michele Scardi che comunica
la scomparsa dello suocero Robert Bannet.
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10 aprile 1945 - Robert Bannet a colloquio col Brigadiere Generale Davis, comandante del genio dell'Ottava
Armata Inglese.
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