I SIKH A FAENZA
Enzo Casadio - Massimo Valli
L'Ottava Armata britannica comprendeva reparti che
provenivano da tutti i continenti, c'erano: inglesi, canadesi,
sudafricani, neozelandesi, australiani e indiani, solo per citare le
principali nazionalità. Alle operazioni militari in Italia tra il 1943
e il 1945 presero parte tre divisioni indiane, la Quarta, l'Ottava e la
Decima. A quei: tempi l’India era ancora un dominion
Inglese che comprendeva oltre all'India attuale, anche il Pakistan e il
Bangladesh. All'interno del paese convivevano popolazioni di etnie e
religioni diverse, spesso in contrasto tra di loro. Uno dei principali
gruppi era composto dalla comunità dei Sikh, che vivevamo nel Punjab,
una regione dell'India settentrionale ai confini col Pakistan. Erano
uniti dalla comune fede nella religione Sikh, una religione monoteista
affermatasi sul finire del XV secolo, che non prevedeva la distinzione
in caste. I Sikh erano considerati degli ottimi combattenti, e anche
durante la Seconda Guerra Mondiale dimostrarono di essere una delle
colonne portanti dell'esercito indiano. In Romagna operarono l'Ottava e
la Decima divisione poiché la Quarta nel novembre 1944, dopo avere
passato uno dei suoi battaglioni Sikh alla Decima, era stata trasferita
in Grecia per collaborare con l'esercito inglese nel sedare la guerra
civile che era scoppiata tra le due fazioni della resistenza locale.
Una pattuglia di Sikh riceve le istruzioni prima di uscire in ricognizione (foto IWM).
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Reparti misti di Indù e Sikh (foto IVM).
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La Decima divisione nell'autunno del 1944 fu coinvolta
nelle operazioni per la liberazione di Faenza. A fine novembre una
brigata Indiana prese il posto di una inglese nell'area a valle della
via Emilia, nei pressi di Albereto combattendo fino a raggiungere il
fiume Lamone. Nei giorni successivi finse dei preparativi per un
attacco oltre il Lamone per distogliere l'attenzione dei tedeschi dal
punto dove sarebbe stato effettivamente attraversato il fiume, cioè
nella zona di Quartolo. L'attraversamento iniziò il 3 dicembre, da
parte della 46ª divisione inglese, che dopo pochi giorni fu rilevata
dalla Decima indiana, alla quale fu affidato il difficile compito di
salire sulle colline in direzione di Pideura per poi dirigersi verso il
fiume Senio per tagliare la ritirata alla 26ª divisione corazzata
tedesca che si trovava ancora a Faenza. Il comando tedesco si rese
subito conto delle intenzioni degli alleati, cercò quindi di impedire
con tutti i mezzi possibili la manovra. Le alture che vanno da Pideura
fino a Celle furono difese strenuamente, in quanto, se fossero state
perdute, gli alleati avrebbero avuto via libera nella pianura, e
avrebbero potuto controllare dall'alto tutti i movimenti dei tedeschi.
Il comando germanico per cercare di arginare l'avanzata, richiamò in
linea la 90ª divisione granatieri che si trovava a riposo nell'area di
Bologna. II contrattacco, iniziato la mattina dell'8 dicembre nella
zona di Celle, ebbe un successo limitato, i tedeschi riuscirono a
riconquistare solo poche centinaia di metri di terreno bloccando per
alcuni giorni l'avanzata dei neozelandesi e degli indiani. Si combattè
aspramente casa per casa, con grande perdite di vite umane da entrambe
le parti e coinvolgendo negli scontri anche quei pochi civili che
non avevano voluto abbandonare le proprie case. La natura collinosa del
terreno rendeva molto difficile l'impiego dei mezzi corazzati,
lasciando il peso dei combattimenti alla fanteria. Negli scontri si
misero in evidenza i reparti Sikh e i Gurkha che erano addestrati per
il combattimento in terreno montagnoso. Alcuni soldati Sikh si
distinsero per il coraggio, in particolare il caporale Sohan
Sing; del 3° battaglione del 1° reggimento Punjab, che aveva ricevuto
il compito di catturare con il suo plotone Casa Pozzo nei pressi di
Pergola, nella notte tra l'8 e il 9 dicembre. I Sikh si avvicinarono,
confidando nell'effetto sorpresa, ma dalla casa, presidiata dalla
fanteria tedesca, partì un intenso fuoco di mitragliatrici e fucileria.
Il caporale decise quindi di attaccare frontalmente, portando i suoi
uomini all'assalto sul terreno fangoso, incurante del fuoco nemico.
L'azione ebbe successo e Sohan Sing, nonostante fosse stato ferito,
riuscì a consolidare in breve tempo la posizione, riuscendo così a
respingere un contrattacco tedesco. Per questa azione fu decorate con
la Military Medal, una delle massime decorazioni inglesi al valore
militare.
II battaglione a cui apparteneva Sohan Sing perse,
nell'area di Pgola-Pideura, in sole 48 ore, 88 uomini tra morti e
feriti. I successi degli alleati sulle colline sopra Faenza obbligarono
i tedeschi ad abbandonare la città ripiegando oltre la linea del Senio,
dove il fronte rimase fermo per tutto l'inverno e le operazioni
militari si limitarono ad azioni di pattuglie. La Decima divisione
Indiana rimase in posizione sul Senio fino a metà febbraio del '45,
quando venne rilevata dal II Corpo polacco. Durante i turni di riposo
molti militari indiani venivano a Faenza, e alloggiavano nelle case
abbandonate. I pochi civili che vivevano ancora in città erano
impressionati sia dal loro aspetto che da alcune loro abitudini, come
il pettinarsi i lunghi capelli che non tagliavano mai e che
raccoglievano sotto il turbante, o fare il bagno all'aperto anche se la
temperatura era sotto lo zero. In quel periodo a Faenza funzionò anche
una tipografia dove si stampava il giornale della divisione "The
Diagonal". Successivamente la divisione fu sdoppiata: una parte fu
dislocata nella zona di Monte Grande sopra Castel San Pietro, l'altra
sul Senio a valle di Faenza, e prese parte all'offensiva finale del 9
aprile 1945. Dopo molti anni dalla fine della guerra, c'è stata una
emigrazione di Sikh verso il nostro paese, essi sono presenti in
particolare in alcune zone dell'Emilia dove si occupano principalmente
dell'allevamento dei bovini. Nel corso del processo di integrazione nel
nostro paese, i Sikh stanno riscoprendo la storia dei loro antenati che
settant'anni fa sono venuti a combattere per la libertà dell'Italia.
Molti dei caduti durante i combattimenti in Romagna sono sepolti nel
cimitero militare indiano di Forlì, che si trova di fronte al cimitero
comunale che contiene le tombe di 493 caduti e un crematorio con le
ceneri di circa 800 soldati Indù e Sikh. Nell'area prospiciente
l'ingresso del cimitero alcuni anni fa è stato realizzato, da parte
della comunità Sikh, un monumento in bronzo a ricordo dei caduti.
IN PERPETUA MEMORIA DEI SOLDATI SIKH
DEL REGGIMENTO PUNJAB DELLA DECIMA
DIVISIONE INDIANA CHE COMBATTERONO E
MORIRONO PER LA LIBERAZIONE DI FAENZA
DALL'8 AL 17 DICEMBRE 1944.
ASSOCIAZIONE IN MEMORIA DEI CADUTI SIKH
NEL MONDO COMITATO DI FAENZA
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La lapide commemorativa di Faenza
Dal sito: Pietre della Memoria
Nelle
manifestazioni del settantesimo anniversario della Liberazione di
Faenza venne eretta in via Cavour ai soldati indiani Sikh del
reggimento Punjab caduti per la liberazione di Faenza, una lapide
commemorativa. Oltre alla lapide, finanziata interamente dalla comunità
Sikh, posizionata dove il battaglione Punjab aveva stabilito il proprio
accampamento in città, incrocio via Cavour viale Stradone, è stato
piantato nel parco Tassinari un ginkgo biloba donato dalla città
gemellata di Schwäbisch Gmünd, albero capace di resistere alla potenza
della bomba atomica lanciata su Hiroshima e per questo scelto come
simbolo di pace fra i popoli.
Fonti:
Gaspare Mirandola (a cura di), Topografia della memoria. Comprensorio faentino, Bacchilega Editore, Faenza 2011
La memoria della resistenza nelle iscrizioni dei cippi, lapidi e monumenti della provincia di Ravenna, (a cura di Gianfranco Casadio), vol. II, Provincia di Ravenna, Longo Editore, Ravenna 1995
C. Moschini, Lapidi e iscrizioni del Comune di Faenza, Casanova Editore, Faenza 1998
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13
dicembre 2014, il sindaco di Faenza Giovanni Malpezzi e alcuni
rappresentanti della comunità Sikh innaugurazione la Lapide
commemorativa in memoria dei Sikh caduti per la libertà di Faenza.
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Il Monumento ai caduti Sikh a Forlì
Il monumento è composto da tre statue in bronzo realizzate dall’artista
di origine bulgara Stephan Popdimitrov, e rappresenta una scena di
battaglia. I tre combattenti raffigurati indossano tutti il turbante,
segno che appartengono alla cultura indiana. Quello dritto in piedi
porta un drappello e un fucile nella mano destra, mentre gli altri due
sono momentaneamente abbassati perché uno soccorre l’altro che è stato
ferito. Il basamento è fatto in marmo e il tutto è circondato da un
cancello in acciaio, con le porte verniciate color oro. Sia da una
parte che dall’altra del monumento è presente una targa dorata: una è
scritta in italiano, l’altra in inglese.
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