MONTE FORTINO, NOVEMBRE 1944
(da: Radio 2001 Romagna)
Enzo Casadio
“Chi volesse rapidamente rendersi conto dell’orrore di una grande
battaglia dovrebbe visitare Monte Fortino. Sul campo del grande scontro
si mantiene a lungo, soprattutto, l’atmosfera terribile pregna degli
odori caratteristici di una guerra, come il lezzo dei corpi in
putrefazione, la puzza di bruciato e il soffio che sa d’acciaio e di
zolfo dei proiettili che scoppiano.” Con queste parole Jan Bielatowicz,
combattente del II Corpo d’Armata polacco, giornalista, romanziere e
critico letterario descrive come si presentava il campo di battaglia di
Monte Fortino nel novembre 1944. Monte Fortino è un piccolo colle alto
237 metri situato nel comune di Brisighella sulla riva destra del
torrente Samoggia, dove si incontrano i comuni di Castrocaro, Faenza e
Forlì. Al tempo c’era una chiesa parrocchiale di origini antichissime
dedicata a San Martino, la reggeva l’arciprete Don Giuseppe Rotondi.
Alla fine di agosto del 1944 l’VIII Armata britannica, dopo avere
liberato Rimini, iniziò ad avanzare in terra di Romagna per raggiungere
Bologna e successivamente il fiume Po nella speranza di respingere i
tedeschi oltre le Alpi entro la fine dell’anno. Le condizioni
meteorologiche dell’autunno 1944 non erano favorevoli agli Alleati, le
continue piogge avevano reso difficilmente praticabili le piccole
strade sulle nostre colline, che non erano adatte a portare il peso dei
mezzi corazzati e dei grossi autocarri di cui gli Alleati disponevano.
Il terreno era reso molto scivoloso dal fango e per portare i
rifornimenti alle truppe di prima linea spesso si dovevano usare i muli
e nei tratti più difficili erano gli stessi soldati che trasportavano a
braccia il materiale. Il maltempo ostacolava anche l’azione dei
cacciabombardieri alleati che, quando il tempo era favorevole,
effettuavano continuamente delle incursioni sulle posizioni nemiche.
Alle difficili condizioni meteorologiche si aggiungeva il fatto che i
tedeschi, dopo oltre un anno di operazioni sul territorio italiano,
avevano affinato le loro tecniche per la guerra difensiva e quindi
l’avanzata degli Alleati fu molto più lunga e difficile di quanto
previsto.

Fanteria polacca protetta da un carro armato, nella zona di Monte Fortino.
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Un carrista polacco mostra a un
corrispondente di guerra il carro armato esploso e scivolato giù dalla
strada, sullo sfondo si vede quello che resta della chiesa di Monte
Fortino.
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L’VIII Armata avanzava lungo la direttrice della via Emilia con il V
Corpo che aveva alla sua destra il I canadese, e alla sua sinistra il X
britannico, mentre sulle colline operava il II Corpo polacco. I
polacchi reduci dalla vittoriosa battaglia di Montecassino e dal ciclo
operativo nell’estate 1944 che aveva portato alla liberazione della
regione Marche, dopo un breve periodo di riposo rientrarono in linea a
metà ottobre 1944 nella zona di San Piero in Bagno avendo come
obiettivo di scendere lungo le valli del forlivese per poi dirigersi
verso Faenza. Il 17 ottobre i fanti della 5ª Divisione Kresowa
entrarono a Santa Sofia per poi proseguire lungo la valle del Bidente e
raggiungere Galeata e Civitella per poi spostarsi lungo il fiume Rabbi
e arrivare a Predappio, Rocca delle Caminate e Castrocaro, poi fino a
Converselle. La fase successiva fu portata avanti dalla 3ª Divisione
Fucilieri dei Carpazi. Mancava ancora un ultimo sforzo per espugnare le colline che si
affacciavano sulla pianura tra Faenza e Forlì e dalle quali i tedeschi
tenevano sotto controllo la via Emilia. Uno dei punti più strategici
era il colle di Monte Fortino, dalla cui sommità si possono vedere le
città di Faenza e Forlì e la pianura fino alla costa adriatica. I
tedeschi avevano schierato nel settore che andava dalla via Emilia fino
a Monte Fortino la 26ª Divisione corazzata, che, nonostante la scarsità
di mezzi e in particolare di carburante, aveva ancora una buona
capacità operativa. Monte Fortino e le zone circostanti erano considerati punti
fondamentali nella linea di difesa tedesca, e dovevano essere tenuti a
tutti i costi. Nella notte del 16 novembre due compagnie di polacchi
partendo dai pressi della chiesa di Converselle attaccarono e
occuparono sia Monte Fortino che la casa denominata Fattoria. I
tedeschi, colti di sorpresa, abbandonarono la zona e la sottoposero a
un intenso fuoco delle loro artiglierie che si trovavano oltre il
torrente Samoggia. Nel tardo pomeriggio gli uomini del II Battaglione
del 9° Reggimento Granatieri corazzati della 26ª Divisione
contrattaccarono e i polacchi dovettero abbandonare sia la chiesa, sia
Fattoria. Nei giorni successivi l’artiglieria e i cacciabombardieri
alleati colpirono incessantemente la zone circostanti Monte Fortino.
La situazione fu resa ancora più drammatica dalla presenza nella
canonica di un gruppo di civili, in gran parte faentini, che speravano
che rifugiarsi in una piccola chiesa di collina fosse più sicuro che
restare a Faenza o nei pressi della via Emilia, dove si pensava che il
pericolo potesse essere maggiore. I civili, alcuni dei quali erano
feriti, furono testimoni dall’arrivo dei militari polacchi e del
contrattacco tedesco, poi furono allontanati e vagarono sul campo di
battaglia, tra gli scoppi delle granate e il pericolo delle mine, alla
ricerca di un posto più sicuro ove rifugiarsi. Intanto il comando polacco predispose il piano per riprendere le
posizioni perdute e per raggiungere la sommità delle colline. Il
compito fu affidato ai tre battaglioni della 2ª Brigata Fucilieri dei
Carpazi: il 4° doveva attaccare Fattoria, Monte Fortino e Ca’ de Fucci,
il 5° Casa Collina, Monte Piano e San Biagio, il 6° Ca’ de Gatti, San
Mamante e Oriolo. Le operazioni erano dirette dal comando della brigata
posto a casa Domiziano. Nella notte sul 21 novembre, in preparazione
dell’attacco, ci fu un incessante bombardamento di artiglieria sulle
posizioni dei tedeschi. La 3ª Compagnia del 4° Battaglione partita dalla zona di Converselle
raggiunse la casa denominata Fattoria, ci furono violenti scontri con i
difensori, che, non riuscendo a mantenere la posizione, si ritirarono
verso Monte Fortino. La 1ª Compagnia che doveva raggiungere la chiesa
fu sottoposta ad un intenso fuoco di artiglieria che ne rallentò
l’avanzata, i tedeschi sul terreno opposero una forte resistenza, ci
furono scontri ravvicinati con lanci di bombe a mano da ambedue la
parti, ma nonostante questo i polacchi riuscirono a raggiungere la
chiesa, ormai ridotta ad un cumulo di macerie. I tedeschi difendevano
ostinatamente la posizione, e tenevano ancora una parte dell’edificio.
Mentre infuriava il combattimento lungo la strada che veniva da
Converselle arrivarono tre carri armati Sherman del 4° Reggimento
corazzato polacco, che procedevano con difficoltà a causa del pessimo
stato della strada, che era stretta e resa scivolosa dal fango. I tre
carri erano seguiti da alcune cingolette cariche di militari e da
cinque cacciacarri M10. Quando furono in vista della chiesa il secondo
carro fu colpito da un razzo anticarro, morì il militare in torretta,
gli altri uomini dell’equipaggio riuscirono ad abbandonare il mezzo
poco prima che scoppiasse e scivolasse lentamente fuori dalla strada.
Gli altri carri armati non poterono fare fuoco su quello che rimaneva
della chiesa, perché in una parte vi erano i loro commilitoni. Furono
usate anche bombe incendiarie per indurre i tedeschi alla resa, alla
fine della battaglia i prigionieri tedeschi furono una quarantina.

Una casa semi distrutta dai combattimenti.
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Il carro armato del capitano Drelicharz, sul
lato sinistro, sulla piastra di rinforzo della corazzatura si nota il
foro provocato dal razzo anticarro tedesco.
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Un altro plotone di carri polacchi avanzò passando oltre la chiesa
diretto verso Ca de’ Fucci, dove anche lì la fanteria stava incontrando
una forte resistenza, si trovarono allo scoperto e furono bersagliati
dall’artiglieria tedesca. Il carro del comandante, capitano Drelicharz
fu colpito da un razzo anticarro lanciato dai tedeschi che perforò la
corazza e causò l’esplosione delle munizioni. Drelicharz e l’operatore
radio morirono sul colpo, gli altri due membri dell’equipaggio furono
gravemente ustionati. Il capitano Władysław Drelicharz era molto
popolare, si era comportato eroicamente a Montecassino e ad Ancona, ed
era stato decorato più volte al valore militare. I polacchi proseguirono poi raggiungendo Monte Piano, Oriolo e
dirigendosi verso Monte Ricci e Santa Lucia. La 26ª Divisione tedesca,
non avendo riserve a disposizione per un eventuale contrattacco, fu
costretta a ripiegare lentamente verso Faenza, mantenendosi tra la via
Emilia e il corso del torrente Marzeno. I tedeschi allestirono due
teste di ponte sul Marzeno per proteggere i punti di attraversamento
del fiume e il 24 novembre fecero saltare tutti i ponti sul Lamone. Il
giorno successivo i primi reparti inglesi e neozelandesi entravano in
Borgo. Per alcuni giorni, il fronte rimase relativamente calmo, mentre
il comando alleato preparava la manovra che avrebbe portato alla
liberazione di Faenza aggirandola da monte. Dopo la guerra non fu possibile restaurare la chiesa di Monte Fortino
che era stata completamente distrutta, quindi nel 1949 si iniziò a
costruirne una nuova, a valle, sulla strada provinciale, anche questa
dedicata a San Martino. Dopo qualche decennio la chiesa non più
utilizzata venne sconsacrata.
Oggi, passando da Monte Fortino o nelle zone circostanti, fa piacere
vedere che alcune di quelle case che 75 anni fa erano state devastate
da feroci combattimenti e dal fuoco delle artiglierie, siano diventate
sedi di aziende agrituristiche o di cantine che producono vini di alta
qualità, e si siano trasformate in centri di ospitalità per turisti
italiani e stranieri.
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